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La “Tigre dell’Anatolia” si apre alle imprese elvetiche

Bruno Barbey/Magnum

Dall’anno prossimo, la Svizzera sarà rappresentata ad Instanbul con uno Swiss Business Hub. L’antenna dell’Osec sarà incaricata di promuovere le relazioni economiche bilaterali e, in particolare, di aprire il mercato turco alle piccole e medie imprese elvetiche.

I legami tra Svizzera e Turchia si rafforzano dal 2013. A inizio anno entra in vigore la Convenzione per evitare doppie imposizioni fiscali tra i due paesi. In primavera l’Osec (l’ufficio svizzero incaricato di favorire l’espansione commerciale) aprirà la sua ventesima rappresentanza all’estero a Istanbul.

Gli esportatori e gli investitori svizzeri potranno così accedere più facilmente dal 2013 ad un altro mercato di un paese con un’economia emergente. Un’economia caratterizzata però ancora oggi da grandi divari. Mentre Istanbul rappresenta un po’ il centro economico e culturale di una Turchia occidentale piuttosto benestante, le regioni orientali dell’Anatolia rimangono alquanto povere.

Da queste regioni, che dispongono di un potere d’acquisto pari ad un terzo di quello dei territori occidentali, giunge la maggior parte dei lavoratori turchi ospitati in Svizzera e negli altri paesi europei. Questo divario contrasta con la notevole crescita economica registrata dalla Turchia dall’inizio del nuovo millennio.

Immagine da correggere

Questa forte espansione economica non viene quasi percepita nei paesi europei. Secondo Alberto Silini, specialista del mercato turco presso l’Osec, abbiamo ancora oggi “un’immagine completamente falsa della Turchia”. A suo avviso, bisognerebbe correggere questa immagine, dal momento che il paese ha operato negli ultimi tempi rapidi cambiamenti.

Negli anni in cui i turisti giungevano già in massa nelle località balneari al sud della Turchia, gli investitori disertavano ancora il paese. Fino ad una decina d’anni fa erano soprattutto l’iperinflazione e la fuga di capitali dalla Turchia ad attirare l’attenzione della stampa svizzera.

Già da diversi anni, il paese alla periferia dell’Europa vanta però il più alto tasso di crescita economica del Vecchio continente, sottolinea l’Istituto per la cooperazione e il dialogo interculturale (Dialog-Istitut). Nel corso di una conferenza organizzata in ottobre da questo istituto a Zurigo è emerso che la Turchia, poco indebitata, ha già lasciato dietro di sé la crisi finanziaria.

Debito ridotto

Nel 2010 la Turchia ha registrato un’espansione economica dell’8%. Nel 2011 l’aumento è stato addirittura del 9,2%. Solo le economie di Cina e Argentina sono cresciute più rapidamente. Mentre la vicina Grecia è sprofondata negli ultimi anni nella crisi del debito, che ha colpito anche diversi altri paesi europei, in Turchia il debito pubblico è sceso dal 75 al 40% del Prodotto interno lordo.

“Nel 2001, lo Stato turco era finito sull’orlo della bancarotta, dove si trova proprio adesso la Grecia”, ha fatto notare Thomas Fuster, corrispondente in Turchia della Neue Zürcher Zeitung, durante la conferenza tenuta a Zurigo. Da allora, con l’aiuto del Fondo monetario internazionale, il paese è ripartito su nuove basi, “facendo esattamente quello che dovrebbero fare ora i paesi in difficoltà dell’Europa meridionale”.

La piazza economica turca dispone di molti vantaggi. Tra questi, un’età media della popolazione di 29 anni, tra le più basse in Europa. Nel 2050 la Turchia conterà probabilmente oltre 90 milioni di abitanti. Contemporaneamente sta crescendo anche la classe media.

Il paese è inoltre avvantaggiato dalla sua particolare posizione geografica, essendo situato tra l’Europa, il Vicino Oriente e l’Asia centrale. La Turchia gode inoltre di una buona reputazione in diversi paesi arabi: in questi paesi, a detta di Thomas Fuster, molte persone considerano come un modello il modo con il quale i turchi sono riusciti a combinare modernità, Islam, democrazia e crescita.

Disavanzo commerciale

La Turchia evidenzia però anche debolezze economiche, come ad esempio l’elevato disavanzo delle partite correnti, che include tutte le transazioni economiche tra un paese e l’estero (scambi di merci, servizi, flussi di capitale, ecc.). Un deficit, quindi un saldo commerciale negativo, corrisponde a una diminuzione dei capitali disponibili: l’economia turca è quindi dipendente dagli afflussi di fondi dall’estero.

L’industria poggia ancora oggi su gambe traballanti. Non può più approfittare di una manodopera a buon mercato e deve far fronte ad un salario minimo relativamente altro. Secondo Thomas Fuster, una percentuale elevata delle attività economiche è rappresentata dal settore informale – il mercato nero.

Un altro punto debole concerne la struttura delle importazioni: una quota elevata di beni comperati dall’estero è costituita dal petrolio. Una materia di cui il paese non può fare a meno.

Inoltre, il fatto di disporre di una manodopera molto giovane non serve molto dal profilo economico, se questo potenziale di lavoro non viene sfruttato bene – soprattutto per quanto concerne le donne. Solo il 30% delle donne svolge un’attività lavorativa remunerata – in Svizzera questa quota è superiore del doppio.

Altrettanto importante del divario tra uomini e donne è quello che riguarda il grado di formazione all’interno del paese. Nonostante le riforme intraprese dal governo dal 2002, il livello di formazione rimane molto più alto nelle regioni occidentali del paese, rispetto a quelle orientali.

Investimenti e progetti

Secondo Emre Pinarli, rappresentante dell’Agenzia turca per la promozione degli investimenti, il governo intende effettuare grandi investimenti per costruire 10’000 km di linee ferroviarie ad alta velocità e 15’000 km di autostrade. A questi investimenti si aggiungono diversi progetti per realizzare dei porti e dei centri turistici.

Progetti che suscitano anche l’interesse di molte grandi aziende svizzere di ingegneria e alta tecnologia. “Gli investimenti e lo sviluppo delle infrastrutture in Turchia fanno gola anche alle imprese elvetiche”, osserva Alberto Silini.

Con oltre 3 miliardi di franchi, la Svizzera figura tra i maggiori paesi investitori in Turchia.

Questo importo corrisponde attualmente allo 0,3% degli investimenti complessivi effettuati dalla Svizzera. Secondo l’Osec, il potenziale è tuttavia ancora molto grande.

Gli investimenti svizzeri concernono circa 600 aziende, che danno lavoro in Turchia a  15’000 persone.

Previsioni per il 2012

Prodotto interno lordo (PIL): 822 miliardi di dollari

Crescita: 4,0%

PIL pro capite: 10’973

Disoccupazione: 10,4%

Introiti del turismo: 26 miliardi di dollari

Disavanzo delle partite correnti: 65,4%.

Fonte: ministero turco dello sviluppo

1925: trattato di amicizia

1930: primo accordo commerciale

1991: accordo di libero scambio tra la Turchia e l’Associazione europea di libero scambio, di cui fa parte anche la Svizzera

2013: convenzione per evitare una doppia imposizione fiscale.

Traduzione di Armando Mombelli

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