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“Una vera festa dello sci”

Un'immagine di Roland Collombin ai tempi d'oro. www.lauberhorn.ch

Alla viglia della 72esima edizione della discesa libera del Lauberhorn, abbiamo incontrato Roland Collombin, una leggenda dello sci elvetico. Chiacchierata e amarcord.

Cinque giorni di spettacolo, nello scenario idilliaco dell’Eiger, Mönch e della Jungfrau, fra allenamenti, slalom, discese, combinata, foto con i propri beniamini, cerimonie di premiazione e appuntamenti musicali: un vero appuntamento da non mancare per tutti gli appassionati di sci.

Wengen e il Lauberhorn, assieme alla Streif di Kitzbühl, è l’ultima discesa leggendaria del Circo Bianco: oltre quattro chilometri mozzafiato, con salti a velocità folle e tratti in cui la pendenza sembra non finire mai. Il salto dell’Hundschopf, il passaggio sotto il ponte ferroviario oppure l’impressionante zona d’arrivo sono i tratti del Lauberhorn più conosciuti.

In una sorta di amarcord siamo andati a sentire un grande dello sci elvetico: quel Roland Collombin, vallesano purosangue, che vinse la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici di Sapporo nel 1972 e che dominò le due stagioni seguenti (otto vittorie complessive in Coppa del Mondo), imponendosi sia a Kitzbühl (doppietta 73-74) sia a Wengen nel 1974.

Il 17 febbraio prossimo compirà 51 anni ma il suo spirito è quello di un ragazzino: monello e originale, genio e sregolatezza, doti d’altronde indispensabili per gettarsi a capo chino in una discesa libera.

Sabato si corre la mitica discesa del Lauberhorn, quella che tu hai vinto quasi trent’anni fa: in questo lasso di tempo la “valanga” rossocrociata in discesa si è un tantino dissolta…

“È in atto un ricambio generazionale eppoi forse non è un male: almeno anche i mass-media tornano a parlare di Russi, Collombin e gli altri svizzeri che hanno segnato la storia della discesa. Wengen tuttavia è una pista ricca di fascino anche per tutto quanto ruota attorno al paesino dell’Oberland bernese. La gente festeggia l’evento in piazza e quindi si tratta di una vera e propria festa dello sci”.

Un atleta di punta era senza dubbio Silvano Beltrametti: il destino ha però deciso diversamente a Val d’Isère. Cosa hai provato quando hai visto la spaventosa caduta di Silvano? Ti è tornato in mente il tuo incidente nella stessa località francese?

“Quello che è successo allo sfortunato Beltrametti è inammissibile: la rete di protezione non ha saputo attenuare l’impatto e si è spaccata in due come una vela squarciata dal vento. Era un incidente che poteva succedere quando correvano Klammer ed io: ma almeno in quegli anni le protezioni erano costituite da paglia che non finirò mai di ringraziare. Io sono stato fortunato, Silvano no”.

Sul banco degli imputati sono stati messi gli sci: i nuovi carving sarebbero, secondo gli esperti, all’origine di certi incidenti. Condividi?

“Bisogna sgomberare il campo da spiacevoli dubbi: il carving è uno sci che ti permette di curvare meglio ad alta velocità. Non è vero che il carving sia uno sci più veloce di quelli che usavamo noi: semplicemente non ti permette errori. Ai nostri tempi vi erano le cosiddette “derapate” (o correzioni di curva) che ci permettevano di correggere la traiettoria: ora non è più possibile perchè i carving sembranno piccoli binari. Troppo veloci in curva e si…deraglia”.

L’Austria, malgrado l’avvicinarsi di talenti provenienti dalla scuola dell’Est europeo, riesce a mantenersi in testa all’élite mondiale dello sci maschile. La Svizzera invece fa fatica in discesa e tra i paletti stretti: come mai?

“Non sarei così tragico perchè se è vero che in slalom fatichiamo a trovare atleti di punta (a parte i soliti noti von Grünigen e Cuche), in discesa ci sono giovani molto interessanti come Casanova, von Weissenflüh, eccetera”.

Da Sapporo 1972 a Salt Lake City 2002: trent’anni dopo come vivrai l’esperienza olimpica? Quante medaglie potrà conquistare lo sci elvetico?

“Penso che la Svizzera abbia buone chanches di medaglia, soprattutto nel campo femminile. Ma non dimentichiamo che in gigante possediamo uomini forti e temprati alle emozioni. Sapporo? Non dimenticherò mai l’esperienza dei Giochi: a 21 anni per la prima volta un viaggio intercontinentale davvero lunghissimo. Eppoi i giapponesi che si inchinavano ogni 10 secondi: figuratevi dopo che sono riuscito a conquistare la medaglia”.

Da quando hai appeso gli sci al chiodo ti occupi di bibite: a Verbier gestisci una piccola azienda che consegna a domicilio: riesci ancora a rivedere vecchi amici quali Klammer e soci?

“Ogni tanto organizziamo dei ritrovi sulle nevi con gara inclusa e scommesse aperte: con Klammer è sempre una bella sfida anche perchè l’austriaco è un personaggio davvero esemplare. Franz è un vero amico: uno che si farebbe in quattro per aiutare una persona in difficoltà”.

Il suo cellulare continua a squillare: il tempo a nostra disposizione è scaduto. Roland Collombin si infila gli sci e scende a Verbier: bisogna consegnare dell’ottimo Fendant in Ticino. “Santé et à bientôt!”.

Filippo Frizzi

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