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Duecento anni fa nasceva Carlo Cattaneo, liberale e visionario

Il 15 giugno 1801, nasceva a Milano Carlo Cattaneo, pensatore e uomo politico lombardo, morto il 5 febbraio 1869 a Castagnola (Lugano), dove aveva vissuto quasi ininterrottamente a partire dal 1848. Numerose manifestazioni ricordano attualmente la figura del filosofo lombardo che, anche a duecento anni dalla nascita, sorprende ancora per la chiarezza di pensiero.

Cattaneo aveva abbandonato Milano dopo il fallimento dell’insurrezione antiaustriaca della quale era stato uno dei capi. Si tenne in seguito lontano dalla politica attiva: eletto deputato alla Camera italiana nel 1860 e nel 1867 non partecipò mai alle sedute, anche per non dover prestare giuramento alla corona.

Cattaneo è stato uno dei protagonisti più originali, ma anche più isolati del Risorgimento italiano, interprete di una linea federalistica e decisamente antisabauda. La salvaguardia delle libertà democratiche e delle autonomie locali gli sembrava più importante dell’unità nazionale ottenuta a colpi di annessioni e di uniformizzazione amministrativa.

Rimproverava allo Stato nazionale monarchico il soffocamento delle potenzialità regionali e l’insorgere della questione meridionale in Italia. Ma il federalismo di Cattaneo non era mero criterio di organizzazione politica e men che meno uno strumento per attuare disegni secessionisti o difendere interessi campanilistici.

Era una visione del mondo, il principio che doveva permettere un’elevazione materiale e morale dei popoli, garantire unità nella molteplicità e fondere le tradizioni storiche con gli imperativi di progresso. Le rivoluzioni, questo in sostanza il pensiero di Cattaneo, non si ordiscono ma avvengono.

In questo senso la sua filosofia politica, di ispirazione liberale e democratica, restava essenzialmente elitaria e socialmente piuttosto conservatrice. Egli era infatti fiducioso nel progresso economico e scientifico, ma avverso alle teorie socialrivoluzionarie.

Compito del pensatore e dell’uomo politico era di favorire e assecondare il progresso della civiltà promuovendo grandi realizzazioni tecnico-scientifiche ed effettuando opportune riforme in senso liberale e illuministico. Una posizione che spiega la battaglia di Cattaneo in favore della linea ferroviaria del San Gottardo quale asse di collegamento tra il Sud e il Nord dell’Europa.

Da qui anche la sua attività di studioso e di propugnatore di riforme atte a potenziare gli studi superiori. In Ticino, dove insegnò filosofia dal 1852 al 1865 presso il neocostituito liceo cantonale, funse inoltre da consulente dei dirigenti liberali radicali, con i quali però non mancarono divergenze e conflitti.

L’ammirazione del grande lombardo per la Svizzera e per il Ticino deve essere vista dell’ambito della sua visione del mondo. In una Svizzera idealizzata Carlo Cattaneo ritrovava quei presupposti – il federalismo, la libertà, il repubblicanesimo e non da ultimo un esercito di cittadini soldati – che gli servivano da pietra di paragone e da antitesi con quanto stava avvenendo in Italia, dove l’unità nazionale nasceva come egemonia di una monarchia centralistica.

Della Svizzera ammirava, oltre al federalismo politico, la sua appartenenza apparentemente armonica a realtà culturali e a zone economiche diverse. Il bicentenario di Cattaneo viene ricordato in Italia e nella Svizzera italiana con numerose iniziative: mostre, convegni, pubblicazione di opere e di carteggi.

Marco Marcacci

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