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Più strade non risolvono il problema della mobilità

Ci vogliono più soldi per le strade? Keystone

In Svizzera vengono percorsi sempre più chilometri sulla strada e sulla rotaia. Gli utenti della ferrovia si lamentano per i treni sovraffollati, mentre gli automobilisti per le ore passate in colonna. La lobby dell’automobile chiede più soldi per il potenziamento dell’infrastruttura stradale. L’esperto di trasporti Ueli Haefeli caldeggia dal canto suo un approccio pragmatico per la politica dei trasporti.

Se il 5 giugno il popolo svizzero accetterà l’iniziativa «Per un equo finanziamento dei trasporti», tre miliardi di franchi all’anno dell’imposta sugli oli minerali andranno alla costruzione di strade, il doppio rispetto ad oggi. La cosiddetta iniziativa «della vacca da mungere» è un passo nella giusta direzione per risolvere i problemi di traffico attuali e futuri? Non secondo Ueli Haefeli, professore all’Università di Berna.

swissinfo.ch: Da un punto di vista sociale ed economico, quali sono i più grandi problemi di traffico in Svizzera?

Ueli Haefeli: A mio parere risiedono negli effetti collaterali indesiderati: riscaldamento climatico e uso del suolo. Il sistema di trasporti in sé funziona abbastanza bene. Nella vita di tutti i giorni, la gente si arrabbia però naturalmente per le colonne e i treni sovraffollati.

swissinfo.ch: Il numero di ore passate in colonna cresce. Migliorare l’infrastruttura non è la migliore soluzione per risolvere questo problema?

U.H.: Vi sono molte altre possibilità. Globalmente le strade non sono quasi mai sovraccariche. Pertanto è importante anche distribuire meglio il traffico sull’arco della giornata, per rompere i picchi legati al pendolarismo.

swissinfo.ch: Facile a dirsi, ma come si fa?

U.H.: Con altri modelli lavorativi, con più possibilità di telelavoro. Si potrebbe anche introdurre un sistema di Mobility Pricing, rendendo la mobilità più cara durante le ore di punta e sgravando così l’infrastruttura.

A lungo termine lo strumento più efficace è la pianificazione, il tentativo di utilizzare le risorse del territorio in modo tale da generare il minor traffico possibile. C’è ancora un grande potenziale in questo ambito.

La maggior parte degli ingorghi avviene negli agglomerati. Si potrebbe potenziare l’infrastruttura, ma in queste zone gli ampliamenti sono spesso cari. Ci vogliono infatti opere costose, come gallerie o ponti. Gli utenti della strada sono disposti a pagare?

Se si fa un confronto tra gli Stati Uniti, dove conta praticamente solo l’automobile, e il Giappone, che ha puntato molto sui trasporti pubblici, emerge che per la mobilità una famiglia giapponese spende meno della metà di una famiglia americana.

swissinfo.ch: Con l’iniziativa «Per un equo finanziamento dei trasporti» vi sarebbero mezzi finanziari supplementari…

U.H.: In un primo tempo sì. Presto o tardi, però, gli introiti dell’imposta sugli oli minerali diminuiranno. Inoltre più si promuove un mezzo di trasporto, più l’altro perde d’attrattiva. Se si punta sul traffico individuale, la gente tende ad allontanarsi dai trasporti pubblici. Ciò ha per conseguenza che il fenomeno dei congestionamenti che si vuole combattere, si porrà di nuovo, ma a un livello molto più costoso.

Vi è poi il problema del consumo di territorio. Il traffico stradale ne consuma molto di più di quello pubblico. Bisogna quindi riflettere su soluzioni intelligenti.

swissinfo.ch: Un altro soggetto di irritazione sono i treni sovraffollati…

U.H.: Noi svizzeri siamo viziati. Per tragitti corti, al massimo trenta minuti, è ragionevole non avere posti seduti.

swissinfo.ch: Ciò che in Svizzera avviene però raramente…

U.H.: Sul tratto Lucerna-Zurigo, ad esempio, durante le ore di punta è praticamente impossibile avere un posto seduto. Sulla maggior parte dei treni questo problema però non si pone.

swissinfo.ch: Nei trasporti pubblici vi è una necessità di potenziamento?

U.H:. Sì, perché uno degli obiettivi della svolta energetica è avere dei trasporti che consumano meno energia. E non si può di certo raggiungere questo obiettivo potenziando i trasporti individuali, perché l’automobile non ha bisogno solo di più spazio, ma anche di più energia al chilometro rispetto a un mezzo pubblico ben utilizzato.

Tra chi si occupa di politica dei trasporti in maniera pragmatica e apartitica esiste un consenso, secondo cui per far fronte alla prevista crescita del traffico – in seguito all’immigrazione o al pendolarismo – bisogna puntare principalmente sui mezzi pubblici. I responsabili comunali del territorio devono tenerne conto.

swissinfo.ch: Anche i trasporti pubblici hanno bisogno di energia e il loro potenziamento si traduce raramente in una diminuzione proporzionale del traffico individuale…

U.H.: Perché come detto vi è un aumento e ogni offerta ulteriore produce una nuova domanda. Ciò vale sia per le strade che per i collegamenti ferroviari. Dei treni vuoti consumano pure molta energia pro capite. Non bisogna mettersi il paraocchi e non si deve esitare a sostituire con un autobus un collegamento ferroviario che non è più sostenibile.

Inversamente, anche come automobilista bisogna essere pronti ad utilizzare a volte i trasporti pubblici. In paragone internazionale, la popolazione svizzera si sposta in maniera molto multimodale [usa sia i trasporti pubblici che quelli individuali, ndr], soprattutto i giovani.

swissinfo.ch: Lei afferma che i principali problemi legati al traffico sono gli effetti collaterali, ad esempio il riscaldamento climatico. Non si dovrebbe limitare la mobilità piuttosto che potenziare le infrastrutture?

U.H.: Il numero di tragitti per lavoro e il tempo libero è fra tre e quattro per persona. Negli ultimi cent’anni questa cifra non è cambiata molto. Da questo punto di vista la gente non è diventata più mobile.

swissinfo.ch: Le distanze diventano però sempre più lunghe.

U.H.: Sì ed è questo il nocciolo del problema. Se devo andare a comperare il pane al centro commerciale perché la panetteria all’angolo è stata chiusa, devo fare 10 chilometri in auto invece di 50 metri a piedi. Dovremmo organizzare il nostro mondo in maniera tale da promuovere gli spostamenti corti invece di quelli lunghi.

swissinfo.ch: La nostra mobilità è troppo costosa o troppo a buon mercato?

U.H.: I trasporti pubblici sono fortemente sovvenzionati, ma di fatto anche quelli individuali, i cui costi collaterali non sono conteggiati. Entrambi i sistemi di trasporto sono troppo a buon mercato. Pertanto sarebbe più che mai opportuno parlare sempre dei costi reali.

Nella nostra società la mobilità ha una connotazione molto positiva. Alcuni politici affermano che non bisogna in nessun caso limitare la mobilità, poiché così facendo si danneggerebbe l’economia. Dietro a simili dichiarazioni non vi è però molta sostanza. In sé la mobilità non ha alcun valore intrinseco. Ne ha uno solo se il fatto di spostarsi racchiude un obiettivo, come l’esempio summenzionato del pane.

swissinfo.ch: In politica proponendo aumenti di prezzo non ci si fa molti amici.

U.H.: Nella democrazia diretta vi è il pericolo che sullo sfondo vi sia sempre il proprio portafoglio. Per questo è difficile far passare l’idea dei costi reali causati da un mezzo di trasporto. Si potrebbe perlomeno presentare in modo chiaro quanto costano le alternative. L’iniziativa «della vacca da mungere» è seducente, poiché la gente può avere la sensazione che coi suoi soldi otterrà di più.

Cosa dice la lobby automobilistica?

In merito al riscaldamento climatico e all’utilizzo del suolo causato dal traffico privato, Andreas Burgener, direttore di Auto Svizzera (Associazione degli importatori di automobili), sottolinea che un veicolo in colonna consuma almeno il 30% in più di carburante. «Non prendendo sul serio la necessità di sviluppare le infrastrutture, lo Stato è un produttore ufficiale di CO2, poiché permette che sulle autostrade si formino ogni anno 21’000 ore di colonne».

Burgener non contesta il fatto che il trasporto privato consumi molto più suolo rispetto a quello pubblico, ma rileva che il 75% del traffico di persone e il 60% di quello merci avviene su strada. «Entrambe le modalità di trasporto sono necessarie. L’infrastruttura è importante per l’economia. È nella natura delle cose che vi sia bisogno di spazio».

Il direttore di Auto Svizzera non è d’accordo con l’affermazione secondo cui le strade siano intasate solo all’ora di punta e che il traffico potrebbe quindi essere ripartito meglio durante la giornata. «La gente vuole partire al mattino per andare al lavoro e rientrare a casa la sera velocemente. I principali assi, in particolare l’autostrada A1, sono praticamente sempre intasati dal mattino alle sei fino alla sera alle otto».

Andreas Burgener ammette che costruire infrastrutture nelle agglomerazioni sarà sempre più caro. «Ciò vale però anche per i trasporti pubblici». In definitiva, ciò che conta è la Svizzera in quanto piazza economica: «Vogliamo una crescita economica e abbiamo una popolazione che aumenta. Ciò genera traffico e costa qualcosa».

Per quanto concerne i costi collaterali del traffico motorizzato (incidenti, inquinamento, rumore), che secondo gli esperti costano alla Svizzera da 10 a 40 miliardi di franchi e che sono a carico di tutta la comunità e non solo degli utenti della strada, Burgener afferma: «Il traffico stradale genera circa 9 miliardi di franchi in imposte e tasse varie. La strada riceve però solo 3 miliardi e ha un autofinanziamento del 100%. La ferrovia invece solo del 43%. In altre parole un biglietto ferroviario su due è pagato dalla comunità».

Traduzione di Daniele Mariani

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