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I postumi di uno scudo

I metodi utilizzati dall'Italia, come i fiscovelox, hanno scatenato la polemica Keystone

Lo scudo fiscale approvato dalla Camera il 2 ottobre scorso è giunto a scadenza martedì. Per l’erario italiano l’operazione è stata coronata da successo. Le relazioni tra Svizzera e Italia sono invece state messe a dura prova.

Per le cifre ufficiali bisognerà aspettare, poiché molte persone hanno atteso gli ultimi giorni per procedere al rimpatrio dei loro beni.

Tuttavia una cosa è certa: lo scudo fiscale si è rivelato un successo. Stando ad un primo bilancio ufficioso, tra 100 e 110 miliardi di euro di capitali detenuti all’estero illegalmente sarebbero rientrati in Italia, generando un gettito fiscale di oltre cinque miliardi. Dalla Svizzera il deflusso viene stimato a 30-40 miliardi di euro.

Una riapertura dei termini non è esclusa. Entro fine mese, il Consiglio dei ministri potrebbe varare il tradizionale veicolo normativo di fine anno, il cosiddetto ‘mille-proroghe’, che potrebbe consentire di prolungare lo scudo fiscale. Secondo alcuni specialisti, una procrastinazione – forse con un’aliquota più alta rispetto all’attuale 5% – potrebbe riportare in Italia ulteriori 30 miliardi.

Oltre le aspettative

Il risultato supera in ogni caso le aspettative: due settimane fa, il ministro delle finanze Giulio Tremonti aveva indicato di prevedere un gettito di circa 4 miliardi.

Il senatore del Partito democratico Claudio Micheloni, residente in Svizzera ed eletto nelle liste riservate agli italiani nel mondo, conferma: “Se le cifre che ci sono state presentate in Senato saranno confermate, si può effettivamente dire che da un punto di vista fiscale l’obiettivo è stato raggiunto”.

La clemenza del provvedimento (per la regolarizzazione era sufficiente versare il 5% d’imposta sul capitale detenuto) coniugata alle pressioni esercitate dalla Guardia di finanza hanno sicuramente contribuito al successo dello scudo ter. Inoltre la crisi e le difficoltà per ottenere liquidità sul mercato bancario italiano hanno incitato molte persone a rimpatriare i capitali, aggiunge Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese.

Rapporti incrinati

Se l’erario italiano può cominciare a sfregarsi le mani, non altrettanto possono fare invece coloro a cui stanno a cuore le relazioni tra Svizzera e Italia. Questo terzo scudo fiscale e i metodi e le parole usate da Giulio Tremonti hanno infatti avvelenato i rapporti tra Berna e Roma.

Claudio Micheloni, che si era opposto al provvedimento, considerandolo un “regalo fatto agli evasori” servito a “ripulire soldi sporchi”, ritiene che “le responsabilità vadano comunque divise in parti uguali tra i due paesi”.

“Non condivido i tentativi di intimidazione che sono stati utilizzati da parte italiana. Ciò non toglie che uno Stato ha il sacrosanto dovere di lottare contro i suoi evasori”, sottolinea il senatore.

“La Svizzera, però, cercando di indossare i panni del chierichetto non ha agito come avrebbe dovuto”, prosegue Micheloni, secondo cui questo sentimento è condiviso da molti suoi colleghi.

Certa comprensione

Il consigliere agli Stati Filippo Lombardi, presidente della delegazione che cura le relazioni con il parlamento italiano, ritiene dal canto suo che “le reazioni della Svizzera a qualcosa forse sono servite, poiché nelle ultime settimane è sembrato regnare un po’ più di riserbo”.

La sospensione dei negoziati per il nuovo accordo di doppia imposizione, chiesta proprio da Filippo Lombardi, era una misura bene o male inevitabile, che in Italia è stata capita, osserva Claudio Micheloni.

Così come si è capito che molte delle reazioni più dure provenivano dai ranghi più estremisti, in particolare dalla Lega dei Ticinesi, e non erano approvate dalla maggioranza delle forze politiche.

“Tra i miei colleghi la Svizzera gode ancora di una naturale simpatia; questa vicenda ha avvelenato i rapporti sul piano istituzionale, ma non sul piano politico”, aggiunge Micheloni. Un’opinione che Filippo Lombardi in sostanza condivide: “Durante un recente incontro tra la nostra delegazione della commissione della politica estera e quella italiana ho potuto constatare una certa comprensione per la Svizzera. Nessuno mi ha detto di approvare i metodi utilizzati da Tremonti”.

Conseguenze durature?

Lo strappo rischia comunque di avere delle conseguenze, tanto più che all’orizzonte si profilano sfide importanti.

Il nuovo accordo di doppia imposizione dovrebbe presto ritornare sul tavolo delle trattative. Inoltre l’UE è intenzionata a rivedere l’accordo sulla tassazione del risparmio.

“Penso che ora bisognerà prima di tutto intavolare una discussione informale a 360 gradi, che finora è mancata”, sottolinea Filippo Lombardi. “Il dossier relativo all’accordo di doppia imposizione va portato a termine, in un quadro però di correttezza. L’Italia, ad esempio, dovrà togliere le sue riserve in merito alla tassazione cantonale delle società applicata in Svizzera. Bisognerà poi ripartire su una base di correttezza anche per quanto concerne le future discussioni con l’UE sull’accordo della tassazione del risparmio. Discussioni che vanno preparate soprattutto coi nostri vicini, poiché è principalmente con loro che dobbiamo trovare un’intesa”.

Claudio Micheloni, dal canto suo, vede anche un altro scoglio: “Il degrado delle relazioni tra Svizzera e Italia renderà difficile affrontare un problema come quello dei trasporti ferroviari. In Italia ci vorranno anni per far sì che la Nuova ferrovia transalpina non finisca in un imbuto appena superato Chiasso. Dispute come quella avvenuta in questi ultimi mesi rischiano di sfociare in ulteriori ritardi”. Prolungare la lotta, insomma, non gioverà a nessuno.

Daniele Mariani, swissinfo.ch

Da un recente studio dell’agenzia KLRS Network of Business Ethics, svolto su incarico dell’Associazione contribuenti italiani, è emerso che l’Italia detiene il record dell’evasione fiscale in Europa, con un tasso del 51,2% di redditi imponibili non dichiarati.

Le due precedenti amnistie decretate dal governo italiano nel 2001 e nel 2003 avevano permesso di far riemergere circa 25 miliardi di euro depositati in Svizzera.

Gli scudi I e II prevedevano il prelievo di una tassa del 2,5% per i capitali dichiarati. Per questa terza amnistia fiscale, l’imposta era stata fissata al 5%.

I contribuenti ‘pentiti’ avevano la possibilità di regolarizzare i loro attivi, mantenendoli però all’estero, oppure rimpatriarli fisicamente.

La regolarizzazione era possibile solo per quei paesi in cui la normativa è compatibile con quella dell’Unione Europea.

Per l’Italia, tra questi paesi non c’è la Svizzera, che non è più nella lista grigia stilata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ma che non ha ancora un nuovo accordo con l’Italia rispettoso dei parametri OCSE.

Per la Svizzera era però ammesso il cosiddetto rimpatrio giuridico: attraverso un intermediario con sede in Italia si potevano dichiarare capitali al fisco italiano pur mantenendoli materialmente nella Confederazione.

Secondo quanto dichiarato martedì al Sole 24 Ore da Claudio Generali, presidente dell’Associazione bancaria ticinese, “questo scudo ha avuto più impatto degli altri due; però una buona percentuale sarà di rimpatri solo giuridici”.

L’Italia è il terzo partner della Confederazione a livello globale; il secondo in ambito europeo. Nel 2008, la Svizzera ha esportato merci verso l’Italia per 18,7 miliardi di franchi, e importato per 21,6 miliardi.

Gli investimenti svizzeri in Italia danno lavoro a 80 mila persone.

I frontalieri che ogni giorno lasciano l’Italia per lavorare in Svizzera sono circa 45’000.

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