Il tasso di disoccupazione relativamente basso della zona euro cela in realtà delle differenze importanti tra paesi e perfino tra regioni. Riepilogo in grafici della situazione sul mercato del lavoro in Europa.
Negli ultimi dieci anni, oltre un milione di persone sono uscite dalla disoccupazione nell’eurozona. A fine febbraio 2017, il tasso dei senza lavoro è sceso al 9,5%, il livello più basso dal maggio 2009. All’apice della crisi finanziaria, aveva raggiunto un picco del 12,1%.
La disoccupazione è generalmente considerata come un indicatore della buona o della cattiva salute dell’economia di un paese. Questo segnale di speranza va però relativizzato, se si prendono in considerazioni le enormi disparità tra i singoli paesi e perfino tra le regioni, illustrate nella mappa sottostante. In Italia, ad esempio, nel 2016 il tasso di disoccupazione superava il 20% al sud, mentre al nord oscillava tra il 7 e il 10%.
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La recessione che ha segnato la zona euro dal 2008 al 2013 ha portato a un forte aumento della disoccupazione. Se il mercato del lavoro svizzero ha superato quasi indenne la crisi, nei paesi dell’Europa del sud - Italia, Spagna, Grecia e Portogallo – l’economia ha subito un forte contraccolpo, di cui i giovani sono stati le prime vittime. La crisi del debito pubblico e le misure di austerità adottate in questi paesi hanno peggiorato ulteriormente la situazione.
Ci sono anche altri fattori che possono spiegare la carenza di impieghi nell’Europa del sud: l'immigrazine, la mancanza di programmi di formazione professionale, il nepotismo, una certa rigidità delle leggi sul lavoro e/o la rigidezza legata alla moneta unica.
Il calo del numero di senza lavoro nella zona euro è in linea con le previsioni degli analisti per il 2017. Nel mese di febbraio, il tasso di disoccupazione registrato in Germania era del 3,9%, il livello più basso dalla riunificazione del paese nel 1990.
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Traduzione dall'inglese, Stefania Summermatter
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