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Lezioni di democrazia dal Senegal

Macky Sall ha vinto l'elezione presidenziale in Senegal, sconfiggendo l'uscente Abdoulaye Wade AFP

Mentre il Mali è nel caos a seguito di un colpo di stato militare, il Senegal ancora una volta riesce una transizione democratica del potere, con l'elezione del presidente Macky Sall. Un successo esemplare, secondo il consulente Gilles Olakounlé Yabi.

“In un momento di incertezza e di violenze legate alle elezioni in altre parti dell’Africa occidentale, è rincuorante vedere che il popolo senegalese, i membri di partiti politici, la società civile hanno confermato la tradizione pacifica del Senegal della trasmissione democratica del potere”.

Con queste parole, l’alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay questa settimana si è congratulata con il Senegal, dove lo svolgimento corretto del secondo turno delle elezioni presidenziali ha consentito una transizione di potere pacifica da Abdoulaye Wade al suo rivale Macky Sall, eletto con oltre il 65% dei voti.

Navi Pillay è invece preoccupata per la situazione in altri due paesi dell’Africa occidentale. Secondo l’alta commissaria, il colpo di stato in Mali la settimana scorsa ha sollevato dubbi sulle elezioni previste per la fine di aprile.

In Guinea Bissau, il primo turno delle elezioni presidenziali il 18 marzo era teso. “È essenziale che il secondo turno sia anche libero, trasparente e senza violenza”, ha sottolineato l’alta commissaria, prima di esortare i candidati e i loro sostenitori ad “astenersi dal fare dichiarazioni provocatorie e aggressive” e le forze di sicurezza ad “agire nel rispetto delle leggi”.

Consulente, analista politico e ricercatore indipendente, Gilles Olakounlé Yabi, originario del Benin, spiega le ragioni del successo del Senegal in confronto con altri paesi della regione.

swissinfo.ch: La conclusione pacifica del secondo turno l’ha sorpresa?

Gilles Olakounlé Yabi: Quel che mi ha sorpreso è la velocità di reazione del presidente uscente Abdoulaye Wade. Riconoscendo la sua sconfitta e chiamando Maki Sall sin dalla sera del secondo turno, Wade ha certamente voluto impedire alla sua cerchia di contestare il risultato. L’entità della sua sconfitta era tale che lasciava ben poco spazio a possibilità di manipolazione.

swissinfo.ch: Sono le pressioni esterne o quelle interne ad essere state determinanti?

G. O. Y.: Non era per niente ovvio che questa elezione si concludesse così pacificamente. È stata accompagnata da molte tensioni, ancora prima del primo turno.

Il tentativo di cambiare la costituzione in modo che il presidente uscente potesse essere candidato a un terzo mandato ha provocato una forte mobilitazione e la formazione di un ampio fronte anti-Wade.

Ciò ha riunito la società civile senegalese, movimenti giovanili e una vasta opposizione politica.

swissinfo.ch: La mobilitazione può avere effetti duraturi?

G. O. Y.: Sì, sicuramente. Quel che c’è stato quest’anno in Senegal è il consolidamento dell’apprendistato democratico e dell’alternanza.

La mobilitazione degli attori sociali e politici non ha potuto impedire la candidatura del presidente uscente, approvato dal Consiglio costituzionale. Questa infelice decisione è stata accettata e Abdoulaye Wade è stato sanzionato attraverso le urne. È un fattore di consolidamento della democrazia e di fiducia per i cittadini che vedono così che il loro voto conta.

swissinfo.ch: Ma si tratta ancora di un’alternanza generazionale, non politica.

G. O. Y.: Infatti. Sul piano politico, rimango molto cauto. Il nuovo presidente è un ex collaboratore di Wade. In termini di governance, non vi è ancora la garanzia che rispetti i propri impegni. Ma la mobilitazione dei cittadini che ha permesso la sua vittoria può fungere da paletto.

swissinfo.ch: Che impatto può avere questo scrutinio sulla regione?

G. O. Y.: Per valutare questo, occorre sottolineare l’importanza dei fattori strutturali a lungo termine che contribuiscono al risultato positivo della crisi causata dalla candidatura di Wade per un terzo mandato.

Se si esaminano i processi elettorali altrove sul continente, vi sono manipolazioni dei risultati flagranti, perché il presidente in carica ha al suo seguito lo Stato, l’amministrazione e soprattutto le forze di sicurezza e l’esercito.

Per capire gli sviluppi politici in un paese, ci si deve immergere nella sua storia. Ogni percorso è diverso da un paese all’altro. In Senegal non c’è mai stato un colpo di stato.

Detto questo, l’esito delle elezioni senegalesi alimenterà i dibattiti in altri paesi, come il Burkina Faso, che è passato al multipartitismo negli anni ’90, ma che non ha avuto alcuna alternanza. Ai paesi vicini, il Senegal dimostra che la democrazia può funzionare.

Al di là dei risultati elettorali, i cittadini fanno sempre più il legame tra il modo in cui le élite utilizzano le risorse statali e la loro vita quotidiana. È anche questo aspetto che ha contribuito alla sconfitta di Abdoulaye Wade.

“L’anno scorso, la Svizzera ha avviato con il Senegal un dialogo bilaterale sui diritti umani, condotto principalmente dall’ambasciata svizzera a Dakar con esperti e rappresentanti del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Si tratta di portare competenze in un settore non coperto da altri paesi, vale a dire la giustizia per l’infanzia.

Le consultazioni bilaterali permesso di attuare un programma di formazione di 2 anni diviso in 5 moduli (30 persone per modulo). L’obiettivo è di riunire l’intera filiera in contatto con i bambini, siano essi giudici, educatori specializzati o poliziotti, in modo che imparino a lavorare insieme e che ogni partecipante trasmetta le proprie conoscenze nella suo campo”.

Dichiarazioni di Muriel Berset-Kohen, ambasciatrice svizzera in Senegal a swissinfo.ch

L’impegno della Svizzera nell’Africa occidentale e centrale si basa su una strategia elaborata nel 2009. Questa prevede di sostenere dei processi di pace tramite le competenze e il finanziamento di progetti di partner locali e di sviluppare capacità africane, in particolare francofone, per la gestione dei conflitti e il consolidamento della pace.

In Mali e in Niger, la Svizzera sostiene iniziative per la promozione del dialogo tra le comunità, le regioni e le autorità nazionali, che mirano anche a rafforzare lo Stato di diritto e regole democratiche.

In Ciad, la Svizzera sostiene anche gli sforzi di dialogo politico, in particolare nell’attuazione del capitolo 4 dell’Accordo del 13 agosto 2007 tra la maggioranza presidenziale e l’opposizione.

Nella Repubblica democratica del Congo, la Svizzera lavora nel campo della prevenzione della violenza elettorale.

Dal 2006, la Svizzera si è impegnata a sostenere la prevenzione della violenza armata e la soluzione pacifica dei conflitti nella regione dei Grandi Laghi. Promuove il dialogo, sostenendo nel contempo lo sviluppo dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, in particolare in Burundi.

Fonte: DFAE

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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