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Il managed care in coma

A cinque settimane dal voto, il managed care come modello di base per l'assicurazione malattie è clinicamente morto. I suoi sostenitori riusciranno a salvarlo in extremis? Keystone

Il progetto del parlamento per far diventare le reti di cure integrate la norma in tutta la Svizzera sembra condannato. Nel primo sondaggio SSR sulla votazione del 17 giugno, i no prevalgono sui sì, con l'incertezza che la fa da padrona.

Adottata dalla maggioranza del parlamento al termine di anni di sofferti dibattiti, la revisione che ancora le reti di cure integrate nella Legge federale sull’assicurazione malattie (LAMal) rischia una bocciatura popolare.

Le reti sono costituite da medici e altri professionisti della sanità che forniscono ai pazienti trattamenti coordinati lungo tutto il percorso terapeutico. La revisione introduce una partecipazione ai costi a carico degli assicurati differenziata: il 10% per un massimo di 500 franchi all’anno oltre la franchigia per coloro che aderiscono al managed care e il 15% per un massimo di 1’000 franchi per gli altri.

Nel sondaggio realizzato dall’istituto gfs.bern e pubblicato l’11 maggio, i fautori sono il 33% contro il 44% di oppositori. Alla luce delle cifre, la situazione potrebbe ancora capovolgersi, poiché coloro che non hanno ancora un’opinione sono il 23%.

Proprio le dimensioni dell’indecisione sono l’elemento più spettacolare. Se tra i sostenitori e gli avversari si considerano soltanto coloro che affermano di essere certi di come voteranno il 17 giugno, gli indecisi sono addirittura in maggioranza: i senza opinione sommati a coloro che ne hanno una solo tendenziale raggiungono il 66%, rilevano i ricercatori.

Una coalizione sgretolata

Se teoricamente un’inversione di rotta sarebbe ancora possibile, analizzando la situazione nei particolari, il responsabile del gfs.bern Claude Longchamp ritiene poco probabile tale scenario. Il sondaggio è stato condotto prima della decisione dell’assemblea dei delegati dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), il 5 maggio, di schierarsi per il no, ha puntualizzato l’esperto nella conferenza stampa di presentazione dei risultati del sondaggio.

Di conseguenza, per il progetto managed care “la situazione è diventata ancora più critica”, osserva Longchamp. In parlamento, infatti, il partito aveva sostenuto la revisione. Con la decisione contraria della base dell’UDC ormai “si è disgregata l’alleanza” che in parlamento ha portato a una soluzione di compromesso sulle reti di cure integrate, spiega il politologo.

Il sondaggio ha anche evidenziato che fra il proprio elettorato nessun partito ha una maggioranza che si dichiara sicuramente a favore. Nemmeno tra i partiti popolare democratico (PPD) e liberale radicale (PLR), che sostengono fermamente la revisione.

Al momento tra gli elettori di tutte le formazioni politiche primeggia l’indecisione. E tra chi si dice già certo di come voterà, i no sono in vantaggio. Tenuto conto anche di coloro che dichiarano un voto tendenziale, soltanto tra l’elettorato PPD il “sì” la spunta, seppur di stretta misura: il 43% contro il 42% di no e il 15% senza opinione.

Da segnalare inoltre che vi sono vari deputati che hanno aderito a comitati per la campagna sul voto del 17 giugno, con posizioni opposte a quella del loro partito.

Tutta questa confusione alla fine dovrebbe portare acqua al mulino degli oppositori alla revisione della LAMal. In base ad anni di esperienza nei sondaggi e nelle analisi dei voti, Claude Longchamp afferma che “di solito chi al momento di votare è ancora indeciso, tende a mettere un no nell’urna”. Il politologo non dà quindi molte chance al managed care. Tanto più che agli intervistati nessun argomento avanzato da fautori e da oppositori appare “veramente convincente”.

Due iniziative senza scampo

Convinti sono invece i ricercatori del gfs.bern che il destino degli altri due oggetti sottoposti al voto federale lo stesso giorno sia già segnato. Per entrambi prevedono una bocciatura.

Il risultato del sondaggio sull’iniziativa che chiede d’introdurre l’obbligo di sottoporre al voto popolare tutti gli accordi internazionali importanti è di assoluta parità: 44% di sì contro 44% di no. Solo il 12% degli intervistati non ha ancora un’opinione.

Ma la campagna degli oppositori non era ancora veramente cominciata e sicuramente inciderà in modo decisivo contro l’iniziativa, rilevano gli specialisti dell’istituto di ricerche demoscopiche.

Solo l’UDC sostiene l’iniziativa lanciata dall’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente. Ciò è insufficiente per far peso nella campagna. Questo soprattutto perché non si tratta di un voto “sugli stranieri, bensì sulla politica estera”, che è diverso dal profilo emozionale, spiega Longchamp. Dal sondaggio emerge che questa iniziativa non ottiene quel sostegno da parte di frange dell’elettorato PLR e PPD che su altri temi in passato ha consentito all’UDC di spuntarla pur essendo sola contro gli altri partiti.

Il terzo oggetto, l’iniziativa “Accesso alla proprietà grazie al risparmio per l’alloggio”, ottiene persino una maggioranza di sì: il 47%, contro il 38% di no e il 15% senza opinione. Ma anche in questo caso i ricercatori del gfs.bern prevedono un rifiuto alle urne.

È lo schema classico delle iniziative popolari, che nel sondaggio prima dell’avvio della campagna gode di un ampio sostegno. Questo però cala a vantaggio degli oppositori man mano che ci si avvicina al voto.

Oltre tutto, rammenta Longchamp, questa iniziativa è molto simile a una appena bocciata nella votazione dello scorso 11 marzo. La grande differenza è che, se accettata, i cantoni avrebbero l’obbligo, e non più solo la possibilità, di applicare gli sgravi fiscali sui risparmi per l’acquisto di un’abitazione previsti dal testo. I cantoni sono perciò più determinati a combatterla. Inoltre tra gli avversari ora c’è anche il PPD, che aveva invece appoggiato quella su cui si è votato in marzo.

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Per l’indagine demoscopica, l’istituto gfs.bern ha intervistato, tra il 30 aprile e il 5 maggio,  un campione rappresentativo di 1’205 persone con diritto di voto, ripartite in tutte le regioni linguistiche della Svizzera.

Per ragioni legate alla protezione dei dati, le autorità non mettono più a disposizione le coordinate degli svizzeri residenti all’estero, che perciò non sono più presi in considerazione nei sondaggi condotti su mandato della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR in vista di votazioni federali.

Il margine di errore è di

±2,9 punti percentuali.

I tre temi in votazione federale il 17 giugno 2012 non sembrano mobilitare l’elettorato elvetico. “Nessuno di essi è una locomotiva trainante”, sottolinea il responsabile del gfs.bern Claude Longchamp.

Soltanto il 36% degli intervistati dall’istituto di ricerche bernese ha dichiarato che voterà di sicuro. Un livello inferiore alla media del 41% registrata negli ultimi anni al primo dei due sondaggi che il gfs.bern effettua in vista di ogni votazione federale.

Solitamente nel corso di una campagna “d’intensità normale” si registra poi un aumento di circa 5 punti percentuali, precisa Longchamp. Attualmente non sembra esserci un tema in grado di dare un grande impulso alla mobilitazione dell’elettorato.

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