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“L’adesione all’ONU non compromette la neutralità”

Oltre l'ottanta per cento dei parlamentari si impegna nel comitato favorevole all'adesione della Svizzera all'Onu Keystone

Un comitato con ben 190 parlamentari lancia la campagna per l'adesione alle Nazioni Unite. La Svizzera entra nel vivo dei dibattiti per la votazione del 3 marzo prossimo.

Aderendo all’ONU la Svizzera potrà far valere i suoi interessi in una sede dove sono prese decisioni importanti senza che la sua neutralità sia messa in questione: è il parere di un comitato formato da 190 parlamentari di tutti i partiti che si è presentato oggi alla stampa a Berna. Il popolo è chiamato a pronunciarsi sull’iniziativa popolare che vuole l’adesione alle Nazioni Unite il 3 marzo prossimo.

La Svizzera potrà continuare a non prender parte ai conflitti, anche se il popolo accetterà l’adesione, ha detto il consigliere agli Stati bernese Hans Lauri, uno dei pochi membri dell’UDC a far parte del comitato. Le Nazioni Unite – ha ricordato – non possono costringere nessun paese a partecipare ad interventi di imposizione della pace.

Quanto all’obbligo di allinearsi alle sanzioni economiche, non vi è niente di nuovo visto che la Confederazione le applica in maniera autonoma da oltre trent’anni, ha aggiunto Lauri. Austria, Svezia e Finlandia hanno inoltre dimostrato che aderire non significa perdere la propria neutralità.

Il mondo è cambiato

Dal 1986 – anno in cui l’elettorato aveva spazzato via l’oggetto, con il 75,5 per cento di no – il mondo è cambiato molto, ha affermato il «senatore» Bruno Frick (PPD/SZ), allora schierato con la maggioranza degli svizzeri che rifiutarono di entrare nell’ONU. Il Muro di Berlino è caduto, il mondo non è più bipolare ma «multipolare». Le Nazioni Unite hanno oggi uno spazio di manovra più esteso.

Contrariamente agli anni 70 e 80, la Svizzera non può più far valere il suo ruolo di paese neutrale per accogliere conferenze internazionali, ha evidenziato lo svittese. La Conferenza sull’Afghanistan non si è svolta a Ginevra ma a Bonn. In caso di adesione, la posizione internazionale della Città di Calvino sarebbe rafforzata. Un «no» nuocerebbe invece all’immagine della Confederazione.

Un rifiuto sarebbe un grave danno per l’economia ginevrina, ha messo in guardia la consigliera nazionale Barbara Polla (PLS/GE). Il settore internazionale rappresenta il 10 per cento degli impieghi del cantone. Ogni anno, 100 000 persone si recano a Ginevra per delle conferenze, iniettando tre miliardi di franchi nella regione.

Costi e profitti

Con una decina di franchi in più per abitante e per anno, la Svizzera, che ha già aderito a tutte le organizzazioni specializzate dell’ONU, potrebbe finalmente far sentire la sua voce in seno all’Assemblea generale. L’adesione implicherebbe infatti un aumento dei contributi elvetici da 470 a 530 milioni di franchi.

Essere membri a tutti gli effetti non è solo sinonimo di lavori e doveri in più, ma anche di diritti, ha sottolineato la consigliera agli Stati Christine Beerli (PLR/BE). La Svizzera potrà far valere la sua influenza e i suoi interessi dove si prendono decisioni importanti che la riguardano.

La Confederazione potrebbe inoltre dare un contributo migliore alla sicurezza nel mondo, all’azione umanitaria, all’ecologia e alla prosperità. Di fronte alla globalizzazione crescente dei problemi, l’ONU è la sola organizzazione capace di apportare soluzioni di cui abbiamo bisogno, ha riassunto la consigliera agli Stati Christiane Brunner (PS/GE).

swissinfo e agenzie

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