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“Lotta al riciclaggio: bisogna allungare la prescrizione”

Il procuratore federale Pierluigi Pasi, capo della sede distaccata di Lugano del Ministero pubblico della Confederazione. Keystone

In attesa della sentenza del processo alla mafia delle sigarette, che sarà probabilmente resa nota l'8 luglio, la lotta contro il riciclaggio di denaro continua e non conosce sosta in Svizzera. Intervista al procuratore federale Pierluigi Pasi, capo della sede distaccata di Lugano del Ministero pubblico della Confederazione.

Nell’intervista Pierluigi Pasi sottolinea la buona collaborazione con le autorità italiane nella lotta contro il riciclaggio e si pronuncia a favore di un aumento dei termini di prescrizione per i reati di riciclaggio internazionale.

L’esempio dei magistrati italiani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino conta molto per gli inquirenti chiamati a lottare contro mafia, criminalità organizzata e riciclaggio di denaro.

swissinfo: Quali sono le armi per combattere il riciclaggio di denaro?

Pierluigi Pasi: È difficile contrastare e investigare il riciclaggio di denaro senza la collaborazione delle banche e degli intermediari finanziari, nelle cui fittissime pieghe delle loro attività si possono nascondere indizi e prove.

Da questo profilo, senza la legislazione amministrativa parallela – rappresentata dalla normativa federale sul riciclaggio – la norma penale sul riciclaggio avrebbe in sé un limite. Direi che per noi proprio questa legge è un’arma giuridica piuttosto importante.

Ma lo sono altrettanto, in particolare nelle indagini federali, gli accordi internazionali di assistenza giudiziaria. Essi ci aiutano a superare le barriere costitute dalle frontiere fra i vari stati che puntualmente si presentano nelle nostre investigazioni.

swissinfo: L’assistenza giudiziaria, per esempio con l’Italia, è soddisfacente?

P.P.: Posso dire che con l’Italia, paese con il quale noi della Sede distaccata di Lugano collaboriamo maggiormente e con il quale siamo legati da più di un accordo internazionale applicabile anche in materia di riciclaggio di denaro, attualmente la collaborazione non pone di norma alcun problema.

È notorio che le frontiere avvantaggino la criminalità: la collaborazione internazionale, che come ho detto rende possibile il superamento di tali frontiere, è quindi una fra le armi vincenti di cui si dispone per contrastarla efficacemente.

Ma è paradossale: da un lato la criminalità, economica e organizzata, per delinquere e mettere al sicuro il provento della sua attività, può beneficiare indisturbata di tutti i vantaggi che la globalizzazione offre in pressoché ogni settore dell’attività umana ed economica; dall’altro, invece, le autorità penali preposte al loro contrasto, sono spesso confrontate con barriere e burocrazia d’altri tempi.

A volte ne risulta una lotta per certi versi impari. Credo che occorra comunque insistere sulla strada della collaborazione internazionale e, per quanto possibile, anche su quella difficile dell’armonizzazione del diritto penale a livello internazionale.

swissinfo: Le norme del codice penale svizzero hanno portato i frutti sperati?

P.P.: Sostanzialmente sì. La prescrizione rimane però un problema emergente; secondo me i termini di prescrizione sono spesso troppo brevi per il caso del riciclaggio cosiddetto internazionale, cioè quello in cui la Svizzera viene perlopiù utilizzata solo quale piattaforma girevole, prima o dopo il passaggio dei valori in paesi a volte caratterizzati da legislazioni per così dire più “disinvolte”, ed il reato preliminare è stato commesso all’estero.

In questi casi, se non si è in presenza di un’aggravante, la prescrizione è di sette anni: un lasso di tempo talvolta insufficiente per portare a termine in tempo indagini complesse che necessitano di approfondite ed articolate analisi finanziarie e di un’ attività istruttoria condotta attraverso gli strumenti dell’assistenza giudiziaria e con la collaborazione di autorità inquirenti straniere.

Allungando il termine di prescrizione si scoraggerebbe ulteriormente l’utilizzo della nostra piazza finanziaria per queste attività criminali. Il legislatore forse dovrebbe considerare anche questo affrontando il tema dell’allungamento della prescrizione nel quadro della criminalità economica, cui il riciclaggio è comunque intimamente legato.

swissinfo: Quali sono le caratteristiche salienti nelle vostre indagini sul riciclaggio?

P.P.: Per mandato del legislatore ci occupiamo, con la Polizia giudiziaria federale, di riciclaggio di denaro internazionale o intercantonale, che perlopiù è connesso alla grande criminalità economica, al crimine organizzato o alla corruzione.

Si tratta spesso d’indagini più o meno vaste e comunque sempre di una certa complessità, che comportano sempre investigazioni all’estero e, quindi, un’attività più o meno intensa di collaborazione con i colleghi di autorità giudiziarie e inquirenti estere.

È una tipologia d’indagine che assorbe una grande quantità di risorse, anche umane, e che richiede sovente attività d’analisi approfondite da parte di personale specializzato.

swissinfo: E le difficoltà maggiori che incontrano gli inquirenti nelle indagini?

P.P.: Ve ne sono parecchie come, per esempio, le frontiere fra gli Stati, che ostacolano e rallentano le indagini. Vi sono poi quelle legate alle competenze, alle materie specifiche che ogni singolo inquirente tratta.

Per noi, in particolare, vi sono da un lato difficoltà legate alla complessità dei meccanismi con cui opera la piazza finanziaria e agli strumenti che questa utilizza; dall’altro quelle che riguardano la conoscenza della cultura, delle strutture e del funzionamento delle organizzazioni criminali.

Una conoscenza importantissima per poter contrastare efficacemente l’attività di violenza criminale vera e propria, attraverso la quale le organizzazioni si arricchiscono, e la susseguente attività di riciclaggio delle ricchezze conseguite.

swissinfo: Per voi che siete al fronte, quanto conta l’esempio di uomini come Falcone e Borsellino?

P.P.: Enormemente. La forza della legge si esprime anche nel fatto di doverla e poterla davvero applicare a tutti senza distinzione: un principio fondamentale dello stato di diritto. Questo richiede però magistrati, donne e uomini, che fanno della coerenza e dell’intransigenza nell’osservanza e nella promozione di un tale principio il loro modo naturale di agire, sempre ed in ogni circostanza, in rappresentanza della Giustizia.

Ed è purtroppo spesso la tragicità e la gravità degli eventi che si legano ai nomi di questi e di tanti altri Magistrati che in Italia, ma anche altrove, hanno difeso ad oltranza questa loro coerenza e questa loro intransigenza a ricordarci che non possono esservi altri modi di intendere e di fare il nostro lavoro, cioè difendendo ad ogni costo proprio questo principio.

Françoise Gehring, Bellinzona, swissinfo.ch

Pierluigi Pasi si è laureato in diritto all’Università di Friburgo. Ottenuto il brevetto di avvocato nel 1992, nel 1993 ha iniziato ad operare per l’Amministrazione pubblica nelle strutture dei tribunali, poi per la direzione del Dipartimento delle istituzioni.

È stato nominato dal Consiglio federale Procuratore federale presso il Ministero pubblico della Confederazione, funzione che ha assunto dal primo luglio 2003 e che occupa tuttora.

Dal 1998 al 2001 ha assunto, sino alla riunificazione dei due Tribunali, la presidenza del Tribunale delle espropriazioni della giurisdizione sopracenerina. È stato eletto dall’Assemblea federale giudice supplente del Tribunale militare di cassazione, carica che ricopre tuttora.

Come responsabile dei Servizi di sorveglianza delle attività fiduciarie e delle fondazioni, si è occupato di alcuni dossier e progetti particolari, fra cui quelli relativi alla decentralizzazione a Bellinzona del Tribunale penale federale, alla logistica delle autorità giudiziarie cantonali.

In base a numerose notizie apparse sugli organi di informazione in Ticino e in Italia – ma non confermate dal Ministero pubblico della Confederazione – la magistratura svizzera sta passando al setaccio un conto appena scoperto riconducibile alla mafia siciliana e, più in particolare, al capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, il boss di Corleone.

Diversi i conti sequestrati, unitamente ad importi di denaro nell’ordine di qualche centinaio di migliaia di franchi. Un conto cifrato è intestato a due prestanome del capo di Cosa nostra, che negli anni scorsi avrebbero fatto delle operazioni fra Palermo e il Canton Ticino. Ora gli inquirenti lavorano per ricostruire l’intero traffico.

Il nuovo sistema di procedura penale, che verrà introdotto in Svizzera, non propone nulla di particolare per il caso specifico del riciclaggio.

Il procuratore federale Pierluigi Pasi ha spiegato che: “Una novità non prevista dall’attuale procedura federale è quella della cosiddetta sorveglianza delle relazioni bancarie: per gli inquirenti sarà possibile, con l’autorizzazione del giudice, sorvegliare delle relazioni bancarie per osservarne l’operatività e le movimentazioni dei relativi conti”.

“Queste nuove norme – sottolinea Pasi – non sono specificatamente previste per le indagini inerenti al riciclaggio di denaro, ma è chiaro che per tali indagini potranno essere di una certa utilità”.

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