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“Tela di ragno” anti-riciclaggio

L'inchiesta avrebbe già condotto al sequestro di 100 milioni di euro, provenienti dal riciclaggio di denaro sporco Keystone

Tocca anche la Svizzera l'inchiesta internazionale sul riciclaggio. L'operazione coordinata dagli inquirenti italiani ha già portato a una cinquantina di arresti in tutta Europa.

La “tela di ragno” si è chiusa su uno dei più pericolosi tentacoli della mafia russa. Secondo gli inquirenti italiani, l’operazione internazionale di polizia che porta questo nome in codice è una delle più importanti degli ultimi tempi, ed ha visto impegnati centinaia di agenti in Italia, Svizzera, Stati Uniti, Principato di Monaco, Canada, Francia e Germania.

Ma il cuore dell’organizzazione mafiosa, dedita al riciclaggio del denaro frutto di attività criminali, era naturalmente in Russia. Ed è giudicata molto significativa la collaborazione fornita dal ministero degli interni moscovita, a riprova della sempre maggiore integrazione del nuovo corso russo nel consesso internazionale.

«Si tratta della prima e più grande indagine che si fa in Italia contro il riciclaggio del denaro della criminalità dell’ex Unione Sovietica», ha detto per esempio il giudice Luigi De Ficchy, della Procura nazionale antimafia.

Indagini partite dall’Italia

Le indagini sono state coordinate dalla magistratura italiana, ed in particolare dalla Procura distrettuale antimafia di Bologna e dalla Procura nazionale antimafia. Centocinquanta sarebbero gli indagati nei vari paesi, e circa cinquanta gli arrestati.

Più di trecento, invece, i provvedimenti di sequestro ancora in corso di esecuzioni presso istituti di credito e società finanziarie di San Gallo, Ticino, Ginevra, New York, Francoforte, Stoccarda, Parigi, Montecarlo. Solo in Italia sarebbero circa 70 i beni posti sotto sequestro, per un totale di tre milioni di euro. Dalla Russia, invece, tra il ’96 e il 2000, sarebbero usciti e rientrati circa due miliardi di franchi svizzeri.

La mafia russa, per “ripulire” il denaro aveva messo in piedi un meccanismo estremamente complesso, ma funzionale. Il denaro partiva da una serie di banche e società finanziarie russe e, attraverso giri viziosi in alcuni “paradisi fiscali” del Pacifico, approdava negli Stati Uniti.

Da qui tornava in Europa, soprattutto in Italia e Francia, dove alcune società provvedevano a farlo ritornare in Russia sotto forma di bonifici bancari oppure di forniture – abbigliamento, mobili, legname, cosmetici, macchinari – per la rete commerciale controllata in loco dalla mafia.

Anche un ticinese tra gli indagati

Tra gli arrestati sembrano avere un ruolo di spicco i russi Igor Berezovsky, Tatiana Pilipenko e Sergej Antoshchenko; nonché l’esportatore Vladimir Vassarenko, che sarebbe stato bloccato a Rimini, nel Grand Hotel reso famoso da un film di Federico Fellini. La direzione dell’albergo, comunque, smentisce che ci sia stato alcun arresto nei suoi locali.

Anche un cittadino ticinese, titolare di una società finanziaria, è finito nella rete degli inquirenti. Il suo ruolo, secondo la polizia italiana che ne ha chiesto l’arresto a quella svizzera, era centrale nel riciclaggio dei soldi. Il capofila italiano delle rete mafiosa sarebbe stato invece l’imprenditore Gaudenzio Bagnolini, 50 anni, titolare di diverse agenzie di viaggi. L’operazione è ancora in corso.

Francesco Dirovio, Roma

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