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A New York si continua a scavare nelle macerie, in attesa della rappresaglia americana

Per il segretario di Stato Colin Powell, non ci sono più dubbi: dietro agli attentati c'è Osama bin Laden swissinfo.ch

Mentre gli Stati Uniti vivono una giornata di preghiera e di commemorazione, sotto le macerie dei grattacieli crollati ci sono ancora migliaia di cadaveri e i soccorritori proseguono il loro difficile lavoro. La polizia ha intanto arrestato diversi sospetti negli aeroporti della metropoli. L'Afghanistan, dove ha trovato rifugio il presunto mandante delle stragi Osama bin Laden, teme un attacco americano.

Il sindaco di Nuova York Rudolph Giuliani ha fornito una cifra precisa delle persone disperse, che sarebbero 4.763. I corpi recuperati sono un centinaio. Ancora non si sa quanti svizzeri figurino tra le vittime; ufficialmente, Berna parla finora di due vittime accertate, ma si è senza notizie di 300 persone. Altri paesi hanno già stilato bilanci provvisori molto più alti. Il Foreign Office parla, ad esempio, di 100 vittime britanniche identificate.

Intanto si fa luce anche sulle vittime dell’attacco contro il Pentagono, che potrebbero essere 190, comprese le persone a bordo del velivolo suicida.

Il presidente americano George W. Bush ha proclamato per venerdì 14 settembre una giornata nazionale della preghiera e del ricordo. Il Congresso si appresta a sbloccare una somma di 40 miliardi di dollari per aiutare le famiglie delle vittime.

In tutta l’Europa a mezzogiorno c’è stata una pausa di silenzio di tre minuti in segno di cordoglio per le vittime e di solidarietà con i loro famigliari. «Siamo ancora tutti profondamente scossi e credo che non potremo mai veramente riprenderci», ha detto il presidente della Confederazione Moritz Leuenberger. Il presidente ha però anche invitato ad operare per un mondo scevro da odio e violenza.

Progressi nelle indagini

Sul fronte delle indagini, la polizia ha arrestato una decina di sospetti negli aeroporti di New York, al Kennedy e al La Guardia: documenti da pilota falsi e altri indizi fanno sospettare che stesse per scattare un’altra ondata di attacchi suicidi. Gli inquirenti americani sospettano in base a informazioni dei servizi d’intelligence che siano ancora in circolazione complici dei dirottatori kamikaze di martedì scorso: corrieri di morte che non sono stati né individuati né arrestati.

Negli scali di New York la polizia ha bloccato personaggi inquietanti. Quattro al Kennedy, che cercavano di imbarcarsi su un volo United Airlines diretto a Los Angeles. Secondo la Abc, i quattro avevano con sé documenti di identità multipli, coltelli e certificati di volo. Le Cinque persone fermate al La Guardia sarebbero state in una situazione analoga, sempre secondo la tv.

Entrambe le scatole nere dell’aereo dirottato e schiantatosi contro il Pentagono sono state ritrovate. Lo riferiscono funzionari a Washington. L’Fbi avrebbe identificato i quattro piloti tra gli autori del dirottamento dei due aerei partiti da Boston e usati per gli attentati contro le torri gemelle a New York. Si tratterebbe, a quanto riferisce la Cnn, di sauditi collegati alla rete del terrorista Osama Bin Laden.

Il Pentagono sta intanto considerando la possibilità di mobilitare i riservisti in vista di un’operazione militare di ritorsione per gli attentati. L’ultima volta fu nel gennaio 1991, per la guerra del Golfo. L’esercito americano sembra prepararsi alla rappresaglia contro gli ambienti responsabili degli attentati. Secondo indiscrezioni, diverse opzioni sono attualmente allo studio.

L’Afghanistan quale possibile bersaglio

I Taleban afgani, che si trovano ora nel mirino degli americani, hanno fatto appello, nelle preghiere del venerdì, agli islamici di tutto il mondo ad unirsi contro gli Stati Uniti d’America. «Musulmani di tutto il mondo, dobbiamo unirci se gli Usa ci attaccano», ha detto un religioso ai fedeli in una moschea di Kabul.

Nel frattempo il principale portavoce dei taleban, Abdul Hai Mutamen, ha minacciato una vendetta se gli Stati Uniti attaccano. Washington ha fatto chiaramente sapere, anche attraverso il segretario di stato Colin Powell, che il terrorista miliardario di origini saudite, Osama bin Laden, che vive in Afghanistan come «ospite» dei taleban, è il principale sospetto per gli attacchi terroristici. Washington ha anche promesso di colpire anche i paesi che ospitano o finanziano i responsabili.

La solidarietà della Nato

La via all’applicazione dell’articolo, per la prima volta nella storia dell’Alleanza atlantica, è stata spianata, mercoledì, a Bruxelles. L’articolo V prevede che gli alleati reagiscano militarmente all’aggressione di uno di essi.

Nessun partner degli Usa ha sollevato obiezioni. La decisione è anche una fortissima novità sul piano della dottrina Nato. L’articolo 5 era stato scritto infatti nel pieno della guerra fredda per un possibile attacco militare tradizionale dei «rossi» di allora, contro uno dei paesi membri. Oggi scatta invece per quella che forse è stata la prima manifestazione di una guerra del XXI secolo, un massiccio attacco terroristico contro obiettivi vitali di uno Stato alleato.

Nella giornata di giovedì, le autorità americane hanno autorizzato la ripresa dei voli commerciali interni, ma gli aeroporti di New York sono stati di nuovo chiusi per un allarme. Dopo alcune ore di incertezza, Swissair ha dal canto suo annullato tre voli previsti in un primo tempo verso gli Stati Uniti. Venerdì mattina la Swissair ha indicato che tutti i voli tra Zurigo e gli Stati Uniti continuano ad essere bloccati.

La Borsa di New York riaprirà lunedì. Il direttore del centro nevralgico finanziario mondiale ha preferito attendere ancora per potere saggiare sabato il funzionamento delle infrastrutture.

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