Prospettive svizzere in 10 lingue

A volte discussa, la “formula magica” tiene

Da oltre 40 anni la composizione del Consiglio federale è un baluardo istituzionale di concorde distribuzione del potere fra partiti e regioni.

Se la presenza delle diverse regioni non è contestata, la composizione partitica è spesso nel mirino delle critiche.

La distribuzione dei seggi (4 svizzero tedeschi e 3 latini) corrisponde alle forze linguistiche del paese. L’ultimo censimento federale del 2000 assegna infatti il 63 per cento della popolazione all’area di lingua tedesca. Il 26,6 si trova in una zona di lingua latina, dunque francese, italiana e romancia.

La forza dell’UDC

La distribuzione partitica (2 radicali, 2 socialisti, 2 democristiani, e uno UDC) è più problematica. Al momento della sua creazione nel 1959, la “formula magica” corrispondeva esattamente alla forza dei quattro principali partiti presenti in Parlamento.

All’epoca, i radicali raccoglievano il 23,7 per cento dei suffragi, i socialisti il 26,4, i democristiani il 23,3 Per cento. Il Partito agrario, predecessore dell’attuale UDC, raccoglieva l’11,6 per cento. Questo equilibrio si è mantenuto praticamente immutato fino agli anni Novanta.

Ma da dieci anni si assiste ad un doppio fenomeno: l’erosione costante del Partito popolare democratico da una parte e, dall’altra, la crescita dell’Unione democratica di centro.

In occasione delle ultime elezioni federali, l’UDC si è affermato come primo partito svizzero con il 22,5 dei voti, davanti al PS che ha raccolto il 22,48 dei consensi popolari. I radicali del PRD si sono assestati al 19,93 e il PPD al 15,78 per cento.

Doppia strategia

Matematicamente più forte, l’UDC non si accontenta più di un solo seggio in Consiglio federale. Per ottenere una rappresentanza più adeguata attacca da un lato la debolezza dei democristiani e dall’altra i socialisti, come forza ideologicamente opposta.

Seguendo posizioni di destra, l’ala zurighese dell’UDC intende logicamente sottrarre un posto alla sinistra, spostando il baricentro del Consiglio federale.

L’altra strategia consiste nel sottrarre un seggio all’anello debole del Consiglio federale: il PPD in caduta costante di consensi.

Tuttavia, il PPD riesce a conservare una posizione di forza nei cantoni tradizionalmente legati al cattolicesimo politico.

Il partito dispone di 28 rappresentanti al Consiglio nazionale e di 15 al Consiglio degli Stati. L’UDC ha invece 55 deputati e 8 senatori.

Le pretese dell’UDC potrebbero però mirare anche al seggio di Micheline Calmy-Rey. L’UDC ha chiaramente detto che se Christoph Blocher non verrà eletto il partito “se la prenderà” con la consigliera federale socialista, che sarà l’ultima ad essere riconfermata dal Parlamento.

Il partito radicale ha invece già annunciato che sosterrà l’elezione del tribuno zurighese.

Protesta a sinistra

La messa in causa del sistema in funzione dal 1959 non arriva solo da destra. Anche a sinistra non si lesinano critiche.

Alcuni socialisti – i giovani soprattutto – rilanciano periodicamente la questione, chiedendosi se il partito non faccia meglio a lasciare il governo e agire da pura opposizione. Sarebbe meglio, si riafferma, abbandonare il potere che soffrire sotto la prevalenza numerica borghese.

Se ne è parlato nel 1983, quando il parlamento ha preferito il basilese Otto Stich alla candidata ufficiale socialista Lilian Uchtenhagen.

Un vero smacco per i socialisti che intendevano offrire alla Svizzera la prima consigliera federale donna. In occasione di un congresso straordinario nel febbraio 1984 la partecipazione al governo era stata discussa con toni accesi.

I delegati si erano poi espressi con 773 voti favorevoli e 511 contrari, in favore della permanenza in governo.

Ma lo stesso problema si era riproposto dieci anni più tardi. L’Assemblea federale aveva di nuovo preferito un altro candidato. Al posto della sindacalista ginevrina Cristiane Brunner era stato eletto il neocastellano Francis Matthey.

La crisi, che aveva portato migliaia di dimostranti davanti a Palazzo federale, si era conclusa con la rinuncia da parte di Matthey e l’elezione della sindacalista Ruth Dreifuss.

Oggi il partito respinge la candidatura di Christoph Blocher ma non è ancora in chiaro sul secondo seggio reclamato dall’UDC.

La presidente del PS, Christiane Brunner, ha lasciato intendere che il suo omologo dell’UDC, Ueli Maurer, godrebbe di più favori dello zurighese.

La sinistra e il centro (PPD) detengono 125 seggi in Parlamento: uno più della maggioranza assoluta. Sono quindi in grado di definire la composizione del governo: a patto di votare in blocco.

Insomma, la formula magica è di nuovo oggetto di “mercanteggiamenti”.

Olivier Pauchard, Isabelle Eichenberger, swissinfo
Adattamento italiano: Daniele Papacella, Elena Altenburger

Le lingue in Svizzera nel 2000:
Tedesco: 63,9%
Francese: 19,5%
Italiano: 6,6%
Romancio: 0,5%
Altre lingue: 9,5%

La distribuzione dei voti alle legislative 1999:
Unione democratica di centro: 22,5%
Partito socialista: 22,48%
Partito liberale radicale: 19,93%
Partito popolare democratico: 15,78%

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR