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«È in atto una tendenza alla radicalizzazione, soprattutto a destra»

A 72 anni, Adolf Ogi fa ancora sentire la sua voce. Thomas Kern/swissinfo.ch

A 15 anni dal suo ritiro dal governo svizzero, Adolf Ogi è più che mai convinto delle virtù della democrazia consensuale. Ascoltare e cercare assieme delle soluzioni per il bene del paese è il suo credo politico.

Un credo che però negli ultimi anni non sembra più fare l’unanimità tra la classe politica e all’interno del suo partito, l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice). Adolf Ogi constata una «tendenza alla radicalizzazione», negativa per il bene comune. L’ex consigliere federale lancia un appello affinché la volontà di trovare compromessi primeggi su meri calcoli elettorali.  

swissinfo.ch: Suo padre è stato per anni sindaco di Kandersteg, villaggio nell’Oberland bernese ai piedi delle Alpi. Qual è stata la sua prima percezione della democrazia diretta?

Adolf Ogi: Mio padre è stato al servizio del comune dapprima come membro della commissione scolastica, poi come presidente. Inoltre era anche cassiere del comune. Le finanze di Kandersteg si trovavano nel nostro salotto. In seguito è stato presidente del consiglio comunale e sindaco.

Adolf Ogi nasce il 18 luglio 1942 a Kandersteg (cantone di Berna). Dopo la scuola dell’obbligo, ottiene il diploma commerciale all’«Ecole supérieure de commerce» a La Neuveville, prima di frequentare la «Swiss Mercantile School» di Londra.

Dal 1963 al 1964 Adolf Ogi dirige l’Ufficio turistico di Meiringen-Haslital (Berna). Nel 1964 passa all’Associazione svizzera di sci, divenendone direttore dal 1975 al 1981. Dal 1971 al 1983 è vicepresidente del Comitato mondiale ed europeo della Federazione internazionale di sci (FIS). Nel 1981 Adolf Ogi diventa direttore generale e membro del consiglio d’amministrazione della Intersport Schweiz Holding AG.

Iscritto al partito dell’Unione democratica di centro dal 1978, Adolf Ogi ne assume la presidenza dal 1984 al 1987. Eletto in Consiglio nazionale (Camera bassa del Parlamento federale) nel 1979, il 9 dicembre 1987 entra in Consiglio federale (esecutivo).

Dal 1° gennaio 1988, Ogi ha diretto il Dipartimento federale dei trasporti, delle comunicazioni e dell’energia. Dal 1° novembre 1995 al 31 dicembre 2000, è stato capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport. Nel 1993 e nel 2000 ha ricoperto la carica di presidente della Confederazione.

Al termine del periodo in governo, Ogi ha lavorato per l’ONU in qualità di consigliere speciale per lo sport al servizio dello sviluppo e della pace; il mandato si è concluso a fine 2007.

Da ragazzo vedevo come preparava da casa le riunioni del comune. Mi rendevo conto che dirigeva l’assemblea comunale e che questa istanza sovrana decideva se accettare o meno le proposte del municipio e del sindaco.

L’indomani, quando eravamo seduti a tavola per fare colazione, mio padre raccontava di queste riunioni.

swissinfo.ch: Nell’immagine che lei ha di sé come politico, vi è qualcosa di strettamente legato alle sue origini montanare ?

A.O.: Posso raccontare un aneddoto. Nel 2000, quando sono stato per la seconda volta presidente della Confederazione, il Consiglio federale ha deciso di proporre la candidatura della regione Jungfrau/Aletsch al Patrimonio mondiale dell’Unesco. Quando lo stesso anno a New York ho presentato la candidatura all’allora direttore generale, un giapponese, mi sono ritrovato a parlare con un muro. Ho quindi deciso di cambiare tattica e gli ho proposto di sorvolare questa magnifica regione per un giorno intero a bordo di un elicottero dell’esercito. All’epoca ero ministro della difesa. I suoi occhi hanno iniziato a brillare.

Dopo il volo, era così entusiasta, che era ormai solo una questione di tempo affinché ricevessimo il «Premio Nobel del monumento naturale» per questa regione.

Il successo è stato possibile grazie al metodo «Chumm und lueg», come si dice in svizzero tedesco, «vieni e guarda da te».

Mi sono ispirato a mio padre, quando mi mostrava le opere che aveva fatto costruire sopra il villaggio per preservarlo dai pericoli naturali. Sono esperienze vissute, che mi hanno formato.

swissinfo.ch: Nel suo villaggio natale vi sono ancora abbastanza persone che si mettono a disposizione per degli incarichi pubblici?

A.O.: L’evoluzione non va nel buon senso. All’ultima assemblea comunale, un membro del municipio si è dimesso e non è stato ancora possibile trovare un sostituto. I partiti e i gruppi devono mettersi d’accordo su una persona competente, affinché il municipio possa al più presto tornare al completo.

Negli anni ’50, quando ero ragazzo e quando ho iniziato a prendere coscienza di quanto accadeva a livello politico, era diverso. All’epoca a Kandersteg non vi erano partiti. Era però un dovere politico mettersi a disposizione della comunità e della gente.

swissinfo.ch: Fino a una ventina di anni fa, consenso e concordanza erano ancora delle massime della politica svizzera. Come funzionava questa politica di concordanza?

A.O.: Ai miei tempi a Berna governare era facile. Ciò valeva anche per la direzione dell’Unione democratica di centro, di cui ero presidente. Si cercava il consenso e si trovavano compromessi. In parlamento incontravamo regolarmente i presidenti di partito per cercare assieme delle soluzioni nell’interesse del paese. Ciò era possibile perché ascoltavamo l’opinione dell’altro e ponevamo in secondo piano gli interessi del partito.

swissinfo.ch: Le iniziative popolari sono sempre più spesso utilizzate anche a fini elettorali. I diritti popolari vanno riformati?

A.O.: In politica vi sono finestre temporali che si aprono e si chiudono. A mio avviso, attualmente la finestra temporale per dare un giro di vite al diritto d’iniziativa è chiusa. Abbiamo altre priorità. Dopo il 9 febbraio è necessario trovare una soluzione con l’UE.

swissinfo.ch: Ritiene che i meccanismi di poteri e contropoteri, tra governo, parlamento, partiti, economia, associazioni e tribunali, andrebbero rafforzati per favorire un maggior livellamento, più stabilità e più continuità nei processi decisionali?

A.O.: Constato che è in atto una tendenza alla radicalizzazione. A sinistra, ma soprattutto a destra.  Sono assolutamente contrario a qualsiasi radicalizzazione. Il bene comune, la cooperazione, la volontà di cercare soluzioni sono aspetti un po’ dimenticati in questo momento. Alla testa dei partiti e dei gruppi ci vogliono personalità che si iscrivano di nuovo in questo solco.

Il 9 febbraio 2014, il popolo ha accettato l’iniziativa «contro l’immigrazione di massa». In novembre, quando si è votato sull’iniziativa Ecopop, ero sicuro che dalle urne sarebbe uscito un ‘no’.

Il popolo sa essere ragionevole e non gioca con il fuoco quando in ballo vi sono conquiste del paese. Il ‘no’ del 30 novembre è un ‘no’ alle soluzioni radicali e un ritorno della ragione e della saggezza.

swissinfo.ch: I ripetuti sì degli elettori a iniziative popolari che polarizzano e che sono difficilmente attuabili, traducono una diffidenza nei confronti dell’establishment politico. Come fare per riconquistare questa fiducia?

A.O.: A questa domanda non si può rispondere. Si può solo sperare che ciò accada.

Vi è però urgenza, soprattutto pensando ai negoziati a venire con l’Unione Europea. Se non si troverà un accordo su una posizione comune, sarà molto difficile.

Le elezioni federali dell’autunno 2015 gettano però delle ombre. La battaglia elettorale è entrata in parlamento e tocca anche il Consiglio federale.

Al governo resta così solo un anno per negoziare con Bruxelles i termini dell’applicazione dell’iniziativa del 9 febbraio. Sono tempi molto, molto brevi.

swissinfo.ch: In questi momenti difficili, il Consiglio federale deve sapere mantenere i nervi saldi. In politica quanto è importante il fattore ‘tranquillità’, soprattutto dopo una decisione come quella del 9 febbraio?

A.O.: La tranquillità – si potrebbe anche parlare di lentezza – ci ha sempre permesso di trovare buone soluzioni. La fretta non è una buona cosa in una democrazia diretta. Chi parte in quarta, non fa sempre delle buone esperienze.

Per quanto concerne la nostra posizione nei confronti dell’Europa, la lentezza può addirittura essere considerata positiva. Non facciamo parte dell’UE e della zona Euro e siamo riusciti a sormontare bene le crisi degli anni passati. Il nostro benessere e i progressi compiuti dal 1848 sono stati in gran parte possibili grazie alla lentezza della democrazia diretta.

Il nostro paese è composto di quattro culture, quattro lingue, 26 cantoni, circa 3’000 comuni, un popolo, che dal 1848 vive in pace e nella libertà. È un record mondiale, una prestazione incredibile, che fa del nostro paese un modello per l’Europa.

swissinfo.ch: In che senso?

A.O.: Nel 2000 ho partecipato in qualità di presidente della Confederazione al vertice di Nizza, al quale la Svizzera era stata invitata.

L’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi disse che la Svizzera era interessata sempre e solo ai vantaggi e alle eccezioni. La sua osservazione mi fece arrabbiare e misi da parte il foglio col discorso che avevo preparato. Spiegai a Prodi e agli altri partecipanti la Svizzera e la sua democrazia diretta.

Alla fine qualcuno disse: ‘Adesso sappiamo cosa dobbiamo fare, dobbiamo aderire alla Svizzera’. E un altro uomo di Stato importante aggiunse: ‘La Svizzera ha fatto nel 1848 quello che noi tentiamo di fare oggi a fatica. La Svizzera è il nostro modello!’

Ero contento di essere riuscito a far capire il nostro messaggio. Questa comprensione è sicuramente uno dei motivi per i quali la Svizzera ha avuto fino ad oggi buoni rapporti con Bruxelles.

Antagonista di Blocher

Paladino della concordanza, Adolf Ogi incarna l’ala moderata dell’Unione democratica di centro, che dominava il partito prima dell’avvento di Christoph Blocher.

Presidente della sezione zurighese dell’UDC dal 1977 al 2003, Blocher ha spinto il partito su posizioni più a destra e più conservatrici, facendo della lotta all’UE uno dei capisaldi del partito.

Uno degli ultimi passi in tal senso è il lancio di un’iniziativa per la supremazia del diritto nazionale su quello internazionale. In un’intervista pubblicata in agosto, Adolf Ogi si è detto indignato per un tale progetto, chiedendo ai membri dell’UDC «ragionevoli» di fermare Christoph Blocher.

Ogi ha poi nuovamente criticato Blocher prima della votazione sull’iniziativa Ecopop il 30 novembre 2014. Alcune sezioni cantonali dell’UDC si erano espresse a favore dell’iniziativa, senza che ciò suscitasse reazioni in seno al partito nazionale, contrario all’iniziativa.

«Blocher sembra un cocchiere che non riesce più a controllare i cavalli», ovvero la base e le sezioni cantonali, aveva dichiarato Ogi.

(traduzione di Daniele Mariani)

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