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Perché la Svizzera raccomanda cautela nell’usare i beni russi congelati per aiutare l’Ucraina?

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Le voci che chiedono di usare i fondi congelati della Russia per aiutare l'Ucraina si fanno sempre più forti. Keystone

Le richieste di sbloccare i beni russi congelati per finanziare i costi bellici e di ricostruzione dell’Ucraina vanno moltiplicandosi da entrambe le sponde dell’Atlantico. La Svizzera è sotto pressione per fare di più, ma non è così semplice.

Mentre la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina è ormai arrivata al quarto anno senza che se ne riesca a vedere la fine, l’onere finanziario del conflitto ha portato a una crescente riluttanza della nuova amministrazione statunitense a fornire assistenza a Kiev.

Se da un lato il blocco temporaneo degli aiuti militari da parte degli Stati Uniti, a marzo, ha spinto l’Europa a incrementare il proprio sostegno all’Ucraina, dall’altro alcuni leader europei, insieme a Trump, hanno chiesto di usare i beni statali russi congelati per finanziare lo sforzo bellico di Kiev. L’UE, che detiene circa 200-300 miliardi di euro di liquidità della Banca centrale russa, sta già utilizzando gli interessi così maturati a sostegno dell’Ucraina.

A fine marzo, il ministro degli affari esteri spagnolo ha chiesto all’UE di prendere in considerazione opzioni legali che le consentano di usare i beni sequestrati per difendere l’Ucraina. Albares ha avanzato la sua proposta poco prima del summit del 31 marzo tra i ministri e ministre degli Esteri del G5+, un nuovo gruppo istituito per rispondere alle variazioni della politica statunitense su Ucraina ed Europa che comprende rappresentanti di Germania, Francia, Italia, Polonia, Spagna, Regno Unito e Unione Europea.

La risposta ambigua della Svizzera

La Svizzera, Paese tradizionalmente neutrale, ha risposto in maniera ambigua al conflitto: inizialmente ha esitato a reagire all’invasione russa dell’Ucraina, anche se poi ha adottato diverse delle sanzioni europee. L’anno scorso, però, quando l’UE ha deciso di stanziare 1,5 miliardi di euro di interessi guadagnati sui beni russi congelati per aiutare l’Ucraina, il Paese elvetico ha preferito astenersi. Gli obblighi nazionali e internazionali a cui è vincolato, infatti, ne limitano la capacità di azione. Il capo del Dipartimento federale degli affari esteri Ignazio Cassis ha sostenuto che non esiste una base legale secondo cui un governo può sequestrare in modo permanente i beni russi e che, agendo al di fuori della legge, la Svizzera rischierebbe di perdere la propria credibilità internazionale. La questione ha scatenato un acceso dibattito sulla neutralità del Paese.

All’inizio del 2024, l’UE ha adottato norme che consentono al sistema di deposito accentrato di un singolo Stato membro di chiedere alla propria autorità di vigilanza l’autorizzazione a sbloccare qualsiasi utile netto generato dai beni russi congelati. Un sistema di deposito accentrato è un’istituzione che detiene strumenti finanziari per la liquidazione e compensazione dei titoli e che consente di trasferirne facilmente la proprietà. Nel 2024, per esempio, Euroclear, un sistema di deposito belga che detiene la maggior parte dei beni congelati della Banca centrale russa, ha accettato di trasferire 4 miliardi di euroCollegamento esterno ottenuti da “profitti fortuiti” in un fondo speciale per l’Ucraina.

A luglio, però, il governo elvetico ha dichiarato di non essere in grado di generare “redditi straordinari in relazione ai fondi della Banca centrale russa” e che il problema riguardava specificatamente la Svizzera.

7,45 miliardi di franchi in beni statali russi

In occasione di un briefing tenutosi la scorsa settimana, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha reso noto che i beni statali russi congelati in Svizzera ammontano a 7,45 miliardi di franchi.

In un successivo scambio di email, il portavoce della SECO Fabian Maienfisch ha dichiarato a SWI swissinfo.ch che, a differenza dell’UE, il sistema di deposito accentrato della Segreteria “non detiene fondi della Banca centrale russa, per cui non genera alcun utile straordinario”. Al contrario, i beni in questione sono detenuti come liquidità dalle banche commerciali, per cui non generano profitti fortuiti.

Altri sviluppi

La legislazione svizzera, tuttavia, si è mossa in modo da permettere di utilizzare i beni congelati per sostenere la ricostruzione post-bellica dell’Ucraina. Nel marzo 2024, il Consiglio degli Stati ha approvato misure governative che operano su una base legale internazionale per consentire a qualsiasi bene statale russo congelato confiscato da ora in avanti di essere reindirizzato verso la ricostruzione dell’Ucraina, dopo l’approvazione dell’Assemblea federale. Il voto ha irritato Mosca, che ha convocato l’ambasciatrice svizzera per protestare contro la decisione, minacciando ritorsioni.

Nonostante le crescenti richieste internazionali di utilizzare i beni russi congelati a sostegno dell’Ucraina, dunque, il governo svizzero non si è ancora impegnato pubblicamente. Alla domanda di SWI se il governo stia prendendo in considerazione una simile mossa, un funzionario della SECO si è limitato a dire che stanno “seguendo da vicino il dibattito” sulla questione nell’UE. Inoltre, ha aggiunto che la Svizzera sta attendendo l’esito delle discussioni europee sulla possibilità di attingere somme più elevate dei beni russi congelati prima di decidere quali politiche adottare.

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Una protesta contro la guerra a Zurigo il 6 marzo 2022, due settimane dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Paula Dupraz-Dobias/SWI

I rischi di rilasciare fondi all’Ucraina

Nonostante le numerose richieste europee in questo senso, si teme che usare i beni russi congelati, anziché limitarsi agli utili generati, per aiutare Kiev possa costituire un pericoloso precedente. La Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ha avvertito che si rischierebbe di minare la fiducia nelle valute occidentali e mettere in dubbio la sicurezza delle riserve detenute in euro o dollari, mentre c’è chi teme le potenziali ripercussioni legali e le contromisureCollegamento esterno dirette e indirette del Cremlino.

Al termine del summit del G5+ a Madrid, i ministri e ministre degli Esteri hanno rilasciato una dichiarazione secondo cui i beni dovrebbero rimanere congelati fino alla conclusione della guerra in Ucraina, per poi essere utilizzati a compensazione dei danni causati dagli attacchi russi, ignorando quindi la richiesta della Spagna di usarli come “anticipo sulle indennità di guerra”.

I 200-300 miliardi di euro in beni della Banca centrale russa congelati in Europa supereranno quasi certamente i danni causati, per cui si dovrebbero trovare “mezzi legali” per consentire di sbloccare l’intera somma a sostegno della ricostruzione ucraina, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch Dmytro Marchukov, esperto di controversie transfrontaliere presso lo studio legale Integrites di Kiev.

Se anche venisse dato il via libera al rilascio e all’utilizzo dei beni congelati, comunque, ci vorrebbe del tempo prima che tali somme giungano a destinazione, ha dichiarato Marchukov, che ha partecipato a una recente conferenza sulle frodi, il tracciamento e il recupero dei beni a Ginevra.

“Se me lo aveste chiesto tre anni fa, vi avrei risposto che ci sarebbero voluti alcuni mesi, perché all’epoca la volontà politica era abbastanza forte”, ha detto. “Ora, invece, penso ci vorranno anni”, poiché tale volontà sta scemando.  La Russia non viene più criticata se bombarda quartieri residenziali, perché dà l’impressione di voler raggiungere un accordo. Titoli azionari e dazi sono diventati più rilevanti della pace internazionale. Affinché l’Ucraina possa ricevere i beni congelati bisognerebbe almeno tornare al punto in cui eravamo, invece stiamo andando alla deriva nella direzione opposta”.

Articolo a cura di Nerys Avery/vm

Traduzione di Camilla Pieretti

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