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Aids, una battaglia politica

L'aids ha già fatto almeno 20 milioni di morti e ne potrebbe fare 70 nei prossimi vent'anni swissinfo.ch

Più soldi e meno discriminazione: sono i voti espressi da Bill Clinton e Nelson Mandela alla fine della XIV conferenza mondiale contro l'aids. Positivo il bilancio della delegazione svizzera.

Con l’appello in favore di medicinali meno cari, di maggiori mezzi finanziari per la lotta all’aids e della fine delle discriminazioni a cui sono sottoposti i sieropositivi si è conclusa venerdì a Barcellona la 14esima conferenza mondiale sull’aids.

Nel loro discorso conclusivo, gli ex presidenti di Stati Uniti e Sudafrica, Bill Clinton e Nelson Mandela, hanno rivolto davanti ai circa 7000 partecipanti alla conferenza un appello particolare ai leader politici, perché conducano con decisione la lotta all’epidemia.

Il Fondo per la lotta contro l’aids, la tubercolosi e la malaria richiederebbe per essere efficace 10 miliardi di dollari. Finora è stato possibile raccogliere solo 2,8 miliardi, poiché molti paesi, tra cui la Svizzera, hanno versato solo somme modeste.

Bilancio positivo

Ruth Rutmann, direttrice dell’Aiuto aids svizzero e membro della delegazione svizzera a Barcellona stila un bilancio positivo della 14esima conferenza mondiale sull’aids. Soprattutto perché a Barcellona – a differenza dell’ultima conferenza due anni fa a Durban, in Sudafrica – la dimensione politica del problema ha avuto un ruolo centrale. Ora il tema aids è di nuovo all’ordine del giorno nell’agenda politica, ha detto Rutmann a swissinfo, e vi dovrà restare.

“Ciò significa naturalmente che dobbiamo compiere maggiori sforzi perché le risorse umane e finanziarie per la lotta all’aids siano rese disponibili, perché vi sia un maggiore impegno nella ricerca di vaccini e di nuovi metodi di cura”, ha sottolineato Ruth Rutmann. È ora compito dell’Occidente mettere a disposizione i mezzi finanziari necessari.

Secondo molti osservatori, tocca però ai paesi e governi del sud sedersi al tavolo delle trattative con le imprese farmaceutiche e trovare un accordo per avere accesso ai medicinali. Una posizione condivisa da Ruttmann: “La mia impressione è che le società farmaceutiche siano disponibili a simili accordi. Alcuni negoziati sono già stati conclusi con successo. I paesi caraibici hanno trovato un accordo con otto ditte che producono medicinali. È la via giusta.”

ONG scettiche

Molte ONG esprimono però perplessità sui risultati della conferenza sull’aids, che non rappresenterebbe una svolta nella lotta contro l’epidemia. Barcellona avrebbe solo mostrato con quale velocità il morbo si sta diffondendo.

“Non ci sono buone notizie”, si lamenta la belga Sandra van den Eynde, rappresentante di “Change”, una federazione di ONG europee. I politici dimostrerebbero sempre meno attenzione per il problema aids. Ciò contribuirebbe alla sottovalutazione dei rischi da parte di molte persone in Europa.

Ruth Rutmann non è d’accordo con le critiche delle ONG: “È proprio compito delle ONG vegliare affinché l’aids non scompaia dal dibattito politico.” Nell’ambito dell’aids, le ONG sono organizzazioni influenti, non solo nei paesi occidentali. I successi nella lotta all’aids in Brasile non sarebbero da attribuire solo al governo.

La pressione esercitata dalle ONG è stata fondamentale. Ora in Brasile funziona sia la prevenzione, sia la disponibilità di medicamenti. Un esempio di ciò che i paesi del sud potrebbero e dovrebbero fare.

Medicinali a basso costo

Alla conferenza si è discusso anche di vaccini. “In questo ambito una soluzione è ancora lontana”, ha osservato Ruth Rutmann. A Barcellona l’impresa farmaceutica svizzera Roche ha tuttavia presentato un nuovo medicinale contro il virus HIV, l’inibitore “T-20”.

“Una nuova luce all’orizzonte”, ha osservato la delegata svizzera riferendosi al medicinale. Ma “T-20” potrebbe costare tra i 10’000 e i 12’000 dollari l’anno per persona, troppo per i malati nei paesi in via di sviluppo.

È un’ulteriore conferma per le ONG, che a Barcellona hanno ribadito la necessità di mettere a disposizione medicinali a basso costo per i paesi in via di sviluppo, dove vivono i tre quarti dei circa 40 milioni di sieropositivi censiti in tutto il mondo e dove l’aids ha già ucciso circa 20 milioni di persone.

Joep Lange, nuovo presidente dell’Associazione aids internazionale, ha a questo proposito osservato: “Se siamo in grado di far arrivare coca-cole e birre fresche nelle regioni più isolate dell’Africa, non dovrebbe essere impossibile fare lo stesso con i medicinali.”

E la Svizzera?

La diffusione dell’aids in Svizzera non è paragonabile a quella nei paesi del sud. Tuttavia non bisogna abbassare la guardia, secondo Ruth Ritmann: “Anche da noi il numero di infezioni è in aumento e le persone sono di nuovo più propensi ad assumere comportamenti a rischio.” Inoltre la Svizzera non è un’isola e il diffondersi dell’epidemia in altri paesi la riguarda direttamente.

La Svizzera dovrebbe ora diventare più attiva sul piano politico, ritiene Ruth Rutmann. È necessario perciò esercitare una maggiore pressione sui leader economici e politici del paese. Inoltre la Svizzera deve anche liberare mezzi finanziari per la lotta all’aids. “Un compito a cui non abbiamo ancora adempiuto.”

swissinfo

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