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Attenzione alla “materia grigia”

I ricercatori del CERN di Ginevra: anche la collaborazione a progetti internazionali fa parte dei programmi federali Keystone Archive

La Svizzera deve molto alle capacità intellettuali. Per questo, formazione superiore e ricerca chiedono più fondi e migliore coordinazione.

Le dichiarazioni d’intenti, riproposte giovedì in una tavola rotonda a Berna, confermano l’importanza della materia grigia elvetica. Il benessere del paese è direttamente legato al plusvalore generato dai servizi di qualità.

Dalla conoscenza dei mercati alla tecnologia genetica, passando per lo sviluppo tecnologico, il futuro è legato alle capacità intellettuali. Dunque, la disponibilità di personale altamente qualificato e la capacità di generare nuove risorse dalla ricerca è fondamentale.

Per questo le università e le scuole tecniche superiori hanno bisogno di un’attenzione particolare. Sul come concretizzare l’intento, però, le opinioni divergono. Unici denominatori comuni sono: una maggiore coordinazione a livello nazionale, una pianificazione che contempli gli standard internazionali e soprattutto più soldi.

Un cantiere federale

La capa del Dipartimento degli interni e ministra dell’istruzione, Ruth Dreifuss, ha aperto la discussione parlando di “lavori in corso” nel settore. La ricerca, la tecnologia e la formazione sono, secondo la Dreifuss, paragonabili ad un cantiere dove c’è molto da fare, ma dove c’è anche disordine.

Un disordine creativo, dato dalla frammentazione del sistema universitario federale, come dall’iniziativa individuale che definisce le priorità. Ma gli esperti convocati hanno ormai riconosciuto la necessità di porre freno alla frammentazione, per ridare slancio ad un fattore di produzione fondamentale per l’economia nazionale.

Anche sul piano finanziario, il terreno perso è notevole. Negli ultimi dieci anni, i crediti alle università sono stagnati. Il Fondo nazionale di ricerca, quale primo motore per i progetti di punta, ha approfittato di un 20 per cento in più di mezzi; poco più del rincaro. In Giappone o negli Stati Uniti la crescita del contributo pubblico è stata del 70 per cento circa.

Un indicatore chiaro per i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni che rivalutano il contributo delle istituzioni. Oltre che per la ricerca fondamentale, i contributi pubblici vanno ormai ovunque anche alle scienze applicate. Anche in questo ambito infatti non bastano più i contributi dell’economia privata. Anzi già dal 1992 la maggior parte dei finanziamenti svizzeri alla ricerca universitaria sono andati ad atenei all’estero.

Buon livello

Malgrado la migrazione dei fondi privati, per il momento il buon nome della ricerca svizzera svetta ancora in alto nel contesto internazionale. Il numero di brevetti per milione d’abitanti è ancora doppio alla media degli altri paesi. Dunque in Svizzera si riesce ancora a realizzare prodotti nuovi da immettere sul mercato.

Inoltre uno studio comparato ha dimostrato come le pubblicazioni di ricercatori svizzeri, oltre che numerose, sono anche lette e citate in tutto il mondo, dimostrando la validità del lavoro prestato.

E difficoltà

Più difficile invece la promozione delle carriere femminili. Mentre le studentesse raggiungono in molti campi la metà del corpo studentesco, nell’organico dei professori non si supera l’otto per cento. Un divario a cui le università elvetiche vogliono rispondere con la consulenza e la promozione di asili nido interni alle strutture universitarie.

Anche gli studi umanistici e sociali che normalmente richiedono il 30 per cento delle risorse di un’università generalista, ma attirano il 70 per cento degli studenti, otterranno più attenzione. I rettori stessi tengono a questo aspetto, contro un appiattimento sugli ambiti tecnici e scientifici.

Passi concreti

La Confederazione propone adesso due strumenti per rispondere alle nuove necessità del mondo della ricerca di punta. In primo luogo c’è l’adeguamento del sistema normativo. Un articolo costituzionale sulle università, dopo il vaglio del popolo, darà finalmente una legittimazione federale alle istituzioni cantonali.

Già adesso, la nuova legge sulle scuole universitarie professionali permette l’accesso agli studi specialistici a chi non ha conseguito la maturità. La creazione di questi cicli di studio ha permesso di evitare l’assedio delle università, dividendo i compiti.

E se la concorrenza contribuisce alla varietà e al risultato, porta anche a costosi doppioni. La collaborazione fra gli atenei acquista quindi vieppiù importanza e le nuove regole quadro porteranno, a medio termine, ad un assestamento negli indirizzi specifici.

In secondo luogo la Confederazione ha stanziato fondi supplementari; dal 2004 al 2007, grazie alla migliorata situazione finanziaria delle casse pubbliche, gli stanziamenti cresceranno del 6,5 per cento all’anno.

Attualmente la Confederazione versa 14 miliardi alla ricerca, una cifra notevole rispetto al bilancio complessivo. Ma con un calcolo globale che integra i budget cantonali, la Svizzera rimane sotto la concorrenza internazionale.

Daniele Papacella

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