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“Noi di Meta crediamo che il 3D possa dare vita a nuove esperienze”

Homem de pé
Rasmus Dahl: "La Svizzera è molto forte nelle tecnologie che stiamo sviluppando a Zurigo". Philipp Jeker Photography

Meta, l’ex Facebook, ha già investito miliardi di dollari nel metaverso, uno spazio virtuale dove le persone possono interagire tramite avatar, rappresentazioni digitali di sé. Il colosso tecnologico ha aperto un ufficio a Zurigo per fare ricerca su questa tecnologia, con l’obiettivo di assumere fino a 300 specialisti e specialiste nel settore. Il direttore della sede ha spiegato a swissinfo.ch che aspetto avrà il futuro in 3D.

Da quando, nell’ottobre del 2021, Mark Zuckerberg ha annunciato che avrebbe cambiato il nome della sua azienda in Meta e illustrato nei dettagli la propria idea di metaverso, una nuova versione del Web che si propone come un’evoluzione di Internet su dispositivi mobili, molti hanno cominciato a chiedersi se gli schermi dei computer verranno soppiantati da visori per la realtà virtuale con cui navigare in mondi 3D.

Meta ha aperto il suo primo ufficio zurighese nel 2016, dopo aver acquisito Zurich Eye, uno spin-off del Politecnico federale di Zurigo (EHT Zürich) che mira a dotare i robot di navigazione visiva, consentendo loro di “vedere”. L’esperienza accumulata dall’azienda elvetica viene ora riversata nello sviluppo dei visori per la realtà virtuale Quest.

SWI swissinfo.ch: Come mai Meta ha deciso di stabilirsi a Zurigo? Che rilevanza ha la Svizzera nelle attività dell’azienda?

Rasmus Dahl: La sede zurighese di Meta ha quasi cinque anni ed è nata dall’acquisizione di un’azienda locale, Zurich Eye, che in origine era uno spin-off del Politecnico. Ancora oggi ci avvaliamo delle competenze dell’ETH in campi come la robotica, la visione artificiale e la localizzazione e mappatura simultanee (o SLAM). Basta guardare un visore Quest per notare le quattro telecamere che ci sono installate sopra e che, in combinazione con altri sensori, servono a tracciare la posizione del dispositivo nello spazio. In sostanza, è una derivazione estesa e approfondita di quello che il team di Zurich Eye era già impegnato a costruire.

L’algoritmo di tracciamento consente di evitare la sensazione di nausea quando si muove la testa all’interno della scena virtuale grazie alle telecamere, che osservano la stanza e registrano come si muove il dispositivo al suo interno per poi riportare questo movimento nella scena virtuale sul visore. Con l’aiuto della tecnologia che stiamo sviluppando qui a Zurigo, possiamo fare in modo che i visori Quest offrano la migliore esperienza possibile ai consumatori e alle consumatrici che si avventurano nell’ambiente virtuale.

Biografia

Rasmus Dahl, 54 anni, ha iniziato la sua carriera alla Nokia, per poi passare a lavorare per una start-up di realtà virtuale che è stata acquisita da Facebook. Negli ultimi due anni è stato responsabile della sede svizzera di Facebook (oggi Meta).

swissinfo.ch: Come si svolge la collaborazione tra Meta e le università e i centri di ricerca svizzeri per lo sviluppo del metaverso?

Stiamo collaborando con università locali come i Politecnici di Zurigo (EHT) e Losanna (EPFL). In più, siamo sempre alla ricerca di nuove collaborazioni, aperti a qualunque proposta. Una delle ragioni per cui Meta continua a investire così tanto nell’area di Zurigo e nella Svizzera in genere è la possibilità di attingere a grandi talenti. Molte delle ricerche svolte dai Politecnici di Zurigo e Losanna sono estremamente importanti nella creazione di funzionalità come quelle per la percezione artificiale. Si va, per esempio, dalla percezione del mondo attorno a sé tramite i dispositivi alla rappresentazione digitale dell’essere umano.

La Svizzera è molto avanti sulle tecnologie che stiamo sviluppando a Zurigo. L’ambiente universitario è estremamente valido e vanta alcuni dei migliori talenti al mondo in questo campo: è anche per questo che abbiamo deciso di investire nella regione, perché per costruire modelli computerizzati così complicati è necessario poter attingere al meglio del meglio.

swissinfo.ch: Che caratteristiche devono avere i professionisti e le professioniste che Meta vorrebbe assumere per i propri uffici di Zurigo?

Stiamo cercando professionisti e professioniste altamente specializzati, in robotica o in navigazione per robot. Quando parlo di robotica mi riferisco a tecnologie come la guida autonoma: lo stesso tipo di tecnologia che usiamo nei nostri dispositivi e che serve a far muovere un robot. Cerchiamo professionisti specializzati in tutti i campi della percezione robotica: visione artificiale, apprendimento automatico, intelligenza artificiale. In pratica, abbiamo bisogno di gente esperta nei campi più adeguati per sviluppare le tecnologie necessarie a costruire il metaverso.

swissinfo.ch: Che compito ha il team di Zurigo?

Il compito del nostro team, a Zurigo, è quello di sviluppare una serie di tecnologie per contribuire all’evoluzione dei dispositivi Quest. Non ci occupiamo della componente hardware vera e propria, quanto della tecnologia che traccia e individua il dispositivo nello spazio. Inoltre, siamo responsabili di una serie di esperienze per lo sviluppo delle tecnologie da inserire all’interno dei visori.

I Quest, in realtà, vengono sviluppati e prodotti altrove. Noi collaboriamo con colleghi e colleghe di ogni parte del mondo per ottenere un’integrazione ottimale tra il software a cui lavoriamo e, per esempio, il sistema di telecamere del dispositivo. Per riuscirci dobbiamo essere sempre in linea sia con gli altri team internazionali che lavorano sui software, sia con i team che si occupano del visore vero e proprio, cosa che richiede innumerevoli riunioni tra la squadra di Zurigo e quella in California.

Dobbiamo specificare dove posizionare di preciso le telecamere, che angolazione dar loro e che obiettivi usare. I vari team devono determinare e concordare moltissimi dettagli per fare in modo che l’utente finale non provi un senso di nausea nell’usare il dispositivo. Tutto parte dall’hardware.

Che cos’è il metaverso?

Il metaverso è un ambiente di realtà virtuale in 3D in cui si può interagire, giocare e fare esperienze simili a quelle del mondo reale sotto forma di avatar. Grazie a tecnologie moderne come la realtà aumentata e la realtà virtuale, ci si può immergere in questo mondo e interagire con oggetti e persone sovrapposti alle immagini proiettate davanti ai propri occhi.

swissinfo.ch: Come procederete con la ricerca per la creazione del metaverso?

Qui a Zurigo puntiamo all’eccellenza in termini di percezione artificiale. Stiamo costruendo quella che può essere interpretata come una piattaforma di percezione in forma di software. La spiegazione è piuttosto tecnica, ma in pratica abbiamo costruito un software che è in grado di percepire il mondo attorno al dispositivo. Il software può ricreare una rappresentazione digitale dell’essere umano.

Dal momento che in un ambiente di realtà virtuale in 3D serve un nuovo modo per interagire con gli oggetti 3D, poi, contiene anche nuove modalità di input, sia a livello di tracciamento delle mani sia di manipolazione degli oggetti digitali in quel mondo.

Come ho già detto, la componente hardware del dispositivo non viene assemblata a Zurigo. Non siamo noi a costruire il metaverso. Non siamo noi a creare l’applicazione Horizon Workrooms, per dirne una. Ma costruiamo parecchi dei “mattoncini” tecnologici che rendono possibili queste esperienze. La piattaforma per la percezione è uno dei principali investimenti dei Reality Labs di Meta. E Zurigo costituisce circa un quarto del totale dell’investimento di Meta nella piattaforma, per cui si parla di un contributo alquanto significativo.

Continuo a ripeterlo ma, per fare un esempio, l’algoritmo di tracciamento viene da Zurigo. È stato ideato qui. È stato sviluppato qui. È stato applicato sia alla prima generazione di Quest sia ai Quest2. Il nostro contributo allo sviluppo dei visori è tale da influire sull’esperienza di ogni singolo utente.

Pessoa trajando um óculos Quest 2
L’autore dell’intervista con indosso gli occhiali 3D “Quest 2” per utilizzare l’app che porta l’utente in una casa a Falludscha, Iraq. La visualizzazione, intitolata “Home after war”, è stata diretta dalla regista Gayatri Parameswaran e portata nel metaverso. In esso, l’internauta incontra un padre che ha perso i suoi figli dopo che una bomba improvvisata è esplosa nella sua casa nel 2017, poco dopo la sconfitta dello Stato Islamico. swissinfo.ch

swissinfo.ch: La missione del nostro media è di fare informazione sul mondo svizzero e illustrarlo a chi ci segue dall’estero. Come potrebbe cambiare il nostro lavoro nel metaverso?

Ah, ottimo esempio! Pur non essendo esperto di comunicazioni e media, penso che il 3D possa dare vita a nuove esperienze. Prendiamo ad esempio la presentazione di celebri attrazioni svizzere come Zermatt o il Cervino: certo, ci si può scrivere su un articolo o pubblicare un video con cui trasmettere tante informazioni. Ma se si potesse teletrasportarsi lì tramite un Quest e fare da guida a un tour?

Sarebbe un’esperienza molto più immersiva. Si riuscirebbe a sentire il suono in 3D. Dando le spalle alle cascate, si potrebbe guardare in su e avere un’idea molto più definita delle dimensioni della natura che ci circonda, di dove andare e cose così. Il 3D e la possibilità di entrare fisicamente nella scena la renderebbero un’esperienza molto più coinvolgente.

swissinfo.ch: Chi sarà responsabile della creazione del metaverso? Sarà tutto in mano a una sola azienda o l’idea è che sia una piattaforma aperta?

Facebook non intende costruire, possedere o gestire il metaverso da sola. Per realizzare questo progetto è necessaria la collaborazione di legislatori e legislatrici, esperti o esperte e partner di settore. Un’impresa del genere ricorda più la nascita di Internet che il lancio di una singola applicazione.

swissinfo.ch: Meta continua a riscontrare diversi problemi sulle proprie piattaforme, tra incitamenti all’odio, bullismo, disinformazione, fake news e frodi informatiche. Nel mondo della ricerca e tra i fan del metaverso, c’è il timore che la novità possa porre nuovi rischi per la privacy. Cosa ha intenzione di fare Meta per tutelare gli utenti da eventuali abusi sulla piattaforma?

Questa sì che è una domanda importante. Prima di tutto, Facebook non intende costruire, possedere o gestire il metaverso da sola. Come sottolineato da Mark Zuckerberg durante la presentazione della nostra visione del metaverso, l’idea è di collaborare in ogni fase, con altre aziende come con sviluppatori e sviluppatrici, esperti o esperte e legislatori o legislatrici. Nella costruzione del metaverso, la rapidità passa in secondo piano rispetto alla capacità di fare le cose in maniera intelligente.

Dal mio punto di vista di sviluppatore, credo ci sia una doppia risposta a questa domanda. Per prima cosa, la privacy è una priorità in tutti i nostri progetti. Ci sono procedure da implementare ogni volta che i nostri team a Zurigo sviluppano nuove funzionalità. C’è una procedura abbastanza rigorosa da seguire in termini di privacy. Abbiamo istituito dei controlli per assicurarci di riflettere bene su come vengono elaborati i dati in entrata e in uscita dalla piattaforma che abilita il metaverso.

*Sotto: Lo studio di SWI swissinfo.ch preparato per condurre l’intervista con Rasmus Dahl, direttore degli uffici Meta a Zurigo.

swissinfo.ch: Uno dei maggiori ostacoli all’uso di tecnologie come la realtà virtuale (VR) o la realtà aumentata (AR) è la chinetosi, o nausea da movimento, data dal fatto che i movimenti fatti nel mondo reale non corrispondono a quelli nel mondo virtuale. Si stima che il malessere colpisca una persona su tre. Come avete intenzione di affrontarlo?

Io soffro di chinetosi e, quando ho provato i primi visori, prima ancora di entrare a far parte di Meta, mi hanno dato la nausea. Il trucco è, di nuovo, il sistema di tracciamento della posizione che abbiamo sviluppato qui a Zurigo. Il sistema di tracciamento che va a ricollegarsi alle telecamere deve essere estremamente preciso. Parliamo di una precisione submillimetrica con latenze quasi inesistenti, inferiori a 20 millisecondi, quindi meno della sensibilità che si ha normalmente.

Il sistema di percezione visiva dell’essere umano è molto diverso dai sistemi percettivi che abbiamo nell’orecchio interno. Se ci sono delle discrepanze tra quello che vedono gli occhi e quello che l’orecchio interno riesce a percepire dai movimenti della testa, se ne ricava un senso di nausea. Esistono dei requisiti che bisogna riuscire a soddisfare in qualunque condizione per evitare di provocare questo malessere in gran parte della popolazione. Personalmente ho provato i primissimi prototipi sviluppati qui e, di settimana in settimana, ho potuto rendermi conto che, più gli algoritmi miglioravano, più il mio malessere diminuiva.

swissinfo.ch: Lei ha lavorato per tanti anni alla Nokia. Oggi, l’azienda è praticamente scomparsa. Alla fine degli anni Duemila, è stata vittima di una serie di scelte manageriali fallimentari e ben presto ha visto calare bruscamente la propria percentuale sul mercato dei telefoni cellulari. Adesso lavora per Meta: ha la sensazione che l’azienda sia sulla strada giusta?

Innanzitutto, direi che stiamo parlando di due epoche e di due aziende ben distinte. Non credo si possa tracciare una corrispondenza diretta tra le ultime fasi della vita di Nokia e le prime fasi dello sviluppo del metaverso. Non penso si possa dire che aggiustare X, Y e Z in Nokia sarebbe servito per quella che è oggi Meta. Siamo in un’epoca molto diversa.

Se proprio devo cercare qualche analogia mi viene da pensare ai primi tempi alla Nokia, che mi ricordano l’approccio adottato oggi con molti di questi dispositivi, dato che facevo parte del team che si è occupato di costruire la maggior parte dei telefoni esistenti allora. Il modo in cui imparavamo dall’esperienza, dai commenti dei clienti e così via; la maniera in cui sviluppavamo i prototipi e capivamo come regolare la produzione e adattarci al mercato, sono tutte cose che vedo succedere anche in Meta.

Per dare vita a un’esperienza del genere, servono entrambe le cose: da un lato la maturità e disponibilità delle tecnologie, dall’altro un team dedicato, capace di risolvere anche problemi mai visti prima e di ascoltare con attenzione le esigenze di consumatori e consumatrici.

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