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Carcerati in patria

Keystone

In futuro, a determinate condizioni, i condannati stranieri dovranno scontare la pena nel paese d'origine, anche senza il loro consenso. È quanto auspica il Consiglio federale.

Il governo ha chiesto mercoledì al Parlamento di ratificare l’accordo internazionale in materia.

Il trasferimento dei condannati stranieri nel loro paese d’origine per l’espiazione di una pena o di una misura privativa della libertà, è regolato da una Convenzione del Consiglio d’Europa, ratificata da 50 Stati e in vigore dal 1985, alla quale aderisce anche la Svizzera. Tale Convenzione persegue uno scopo umanitario, che è quello di promuovere il reinserimento dei detenuti nella società. Tuttavia, può essere applicata soltanto se il condannato dà il proprio consenso al trasferimento.

Contro chi si sottrae all’espiazione della pena

L’esperienza pluriennale maturata con la Convenzione sul trasferimento ha dimostrato però che nella pratica esistono situazioni che non figurano nel suo campo d’applicazione, Nell’interesse di una collaborazione internazionale più efficace è auspicabile poter rinunciare, in determinati casi, all’accordo del condannato.

Pertanto, è stato elaborato un Protocollo aggiuntivo che, derogando alla Convenzione, dà agli Stati contraenti la possibilità di accordarsi sull’esecuzione della condanna nel Paese d’origine di un condannato straniero anche senza il suo consenso.

Ciò è possibile in due soli casi: quando il condannato si rifugia nel suo paese d’origine, sottraendosi all’espiazione della pena nello Stato che l’ha condannato; e quando il condannato deve lasciare immediatamente lo Stato di condanna, per esempio in seguito a un’espulsione decisa dalla polizia degli stranieri. Il protocollo aggiuntivo deve quindi permettere agli Stati contraenti una collaborazione efficace per far valere il diritto.

Sgravare i penitenziari e dissuadere i “turisti del crimine”

Gli effetti saranno, da un lato, quello di ridurre l’elevata quota di detenuti stranieri; e dall’altro, quello di dissuadere gli stranieri non domiciliati in Svizzera dal delinquere nel nostro Paese (il cosiddetto “turismo del crimine”), se devono aspettarsi di essere trasferiti per scontare la pena nel loro Paese d’origine, o di doverla scontare comunque anche se cercano di sottrarvisi rifugiandosi nel loro Paese d’origine.

Il Protocollo aggiuntivo è entrato in vigore nel giugno del 2000 e la Svizzera l’ha firmato il 9 luglio 2001. Ora, per essere applicato anche da noi, il Parlamento deve ratificarlo ed approvare le opportune modifiche alla legge federale sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale.

Tali modifiche riguardano in particolare il diritto del condannato di essere sentito, nonché di interporre un ricorso di diritto amministrativo presso il Tribunale federale contro la richiesta di trasferimento dell’Ufficio federale di giustizia.

Silvano De Pietro

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