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Caso Lagap: troppo tardi per fare giustizia

Hans Zemp, in piedi, insieme ai suoi due avvocati Keystone

Sono tutti caduti in prescrizione i reati imputati a due avvocati di Zugo, che negli anni 80 avrebbero fatto fallire la ditta farmaceutica ticinese.

L’ex direttore, Hans Zemp, ha intanto denunciato l’autorità ticinese, che l’aveva allora ingiustamente incarcerato.

Il processo, apertosi lo scorso 10 febbraio davanti alla corte delle assisi criminali di Lugano, nel caso del gruppo farmaceutico Lagap, è quindi risultato inutile.

Nella tarda serata di lunedì, il giudice Claudio Zali ha messo la parola fine al dibattimento processuale, decretando prescritte tutte le accuse contro i due imputati, avvocati sessantenni del canton Zugo.

Accantonate le accuse più pesanti, tra cui quella di amministrazione infedele, la corte ha stralciato infine anche le accuse di tentata truffa e di denuncia mendace.

Un caso annoso

Il caso Lagap – del nome della ditta farmaceutica di Vezia vicino a Lugano fallita in seguito a malversazioni – si è trascinato per anni ed ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro in Ticino.

Nella prima metà degli anni ’80, la Lagap di Vezia funzionava a gonfie vele. Occupava circa 75 persone.

La storia che è approdata alla corte delle assisi criminali di Lugano iniziò nel 1987. Il proprietario del gruppo – un danese deceduto nel 1991 – e i suoi due avvocati denunciarono il direttore e socio di Lagap, lo zughese Hans Zemp. L’accusa era di amministrazione infedele per un ammanco di cinque milioni di franchi.

Vittima di un complotto

Subito incolpato dall’allora procuratrice pubblica Carla del Ponte, Hans Zemp finì alla Stampa – il penitenziario cantonale di Lugano – e vi rimase cinque mesi e mezzo, senza possibilità di incontrare né i propri legali, né i famigliari. Poi venne scagionato. Ma devono passare altri nove anni fino all’abbandono, nel 1996, del procedimento penale nei suoi confronti.

Nel frattempo, Hans Zemp riesce a scoprire che è stato vittima di un complotto orchestrato dai due avvocati del padrone danese, anch’essi di Zugo. Grazie a astute manipolazioni contabili, i due erano riusciti a trasferire circa 22 milioni di franchi dalle casse della Lagap a quelle di una nuova società. Un buco di 22 milioni di franchi che ha portato la ditta di Vezia al fallimento.

Venuto alla luce il giochetto, ci sono voluti altri sette anni prima che i due avvocati sedessero sul banco degli imputati. Nel 1996, il Ministero pubblico ticinese aveva deciso un non luogo a procedere nei loro confronti.

Ma l’ex-socio di Lagap non si è dato per vinto. Nel 2001, la corte dei ricorsi penali ha accolto il ricorso di Hans Zemp che ha così potuto inoltrare il suo atto d’accusa.

Nulla di fatto

Il processo contro i due si è però concluso in un nulla di fatto. Dopo la decisione della corte, Hans Zemp non ha nascosto la propria delusione, anche se ha ammesso che il vedere i suoi due accusatori al posto degli accusati durante tre settimane è stato un balsamo al cuore: “Se il processo si fosse tenuto dieci anni fa, sarebbero stati condannati”, conclude sconsolato.

Il “pasticciaccio” Lagap non è però ancora archiviato: due procedure sono tuttora pendenti. La prima a Zugo, davanti ad un tribunale civile; l’altra presso il Tribunale federale, che dovrà decidere su un’accusa mossa da Zemp contro il canton Ticino, per ingiusta carcerazione.

swissinfo, Gemma d’Urso

Fino alla metà degli anni 80, la ditta farmaceutica Lagap di Vezia, vicino a Lugano, dava lavoro a 75 dipendenti.
Nel 1987, il proprietario – nel frattempo deceduto – denuncia il suo associato e direttore della ditta, Hans Zemp, che avrebbe sottratto 5 milioni di franchi.
Incarcerato e poi rilasciato, Zemp accusa a sua volta due avvocati, compari dell’ex proprietario, che avrebbero ordito un complotto per trasferire fondi a un’altra ditta, facendo fallire la Lagap.
Ma la lentezza giudiziaria ha fatto cadere in prescrizione i capi d’accusa.

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