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Chi fa i piatti stasera?

Le donne, anche se attive fuori casa, sbrigano i lavori domestici più ripetitivi e noiosi Keystone

L'ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo lancia una campagna per stimolare i padri a riflettere su come conciliare la professione e la famiglia.

Uno studio mostra infatti che i modelli tradizionali improntati ad una ripartizione ineguale del lavoro domestico non retribuito sono duri a morire.

Otto donne su dieci in età lavorativa e circa i due terzi di quelle che hanno figli in età prescolare esercitano un’attività professionale. Gli uomini si fanno invece carico soltanto di un terzo del lavoro domestico non retribuito. Ciò significa che un numero crescente di donne partecipa alla vita professionale, mentre il numero delle ore lavorative rimane immutato. Questa è la principale constatazione che emerge da uno studio realizzato dall’istituto di ricerche BASS su mandato dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU).

Doppio carico per le donne

“La valutazione dei dati conferma che la conciliazione dell’attività professionale con la vita familiare rimane un affare cosiddetto delle donne”, ha affermato Patricia Schulz, direttrice dell’UFU, nel presentare alla stampa lo studio in questione. “Se vogliamo realizzare l’uguaglianza delle opportunità degli uomini e delle donne nella vita professionale, questa situazione deve cambiare”. E quanto sia da cambiare l’ha spiegato Tobias Bauer, coautore dello studio del BASS.

Nel 2000 in Svizzera le donne hanno dedicato al lavoro domestico e familiare in media 34 ore per settimana, gli uomini appena 18. Tuttavia – avverte Bauer – questo dato, tratto dai rilevamenti dell’Ufficio federale di statistica, “sottovaluta il volume effettivo del lavoro domestico e familiare delle donne e sopravvaluta quello degli uomini”, a causa del metodo d’indagine che non ha considerato né il volontariato, né il lavoro non retribuito svolto fuori casa.

Maggiore uguaglianza tra le coppie non sposate

Nel dettaglio, si riscontrano però alcune differenze. Nelle coppie non sposate il lavoro non retribuito è suddiviso in maniera meno ineguale che in quelle sposate. Ciò indica che le coppie consensuali sfruttano maggiormente la possibilità di impostare lo stile di vita in modo più paritario.

Con la presenza dei figli e con l’aumentare del loro numero, le disparità nella ripartizione del lavoro domestico tra i genitori accrescono. Quando sono a casa, i padri preferiscono accudire i figli (in particolare: giocare e fare i compiti) ed effettuare lavori artigianali e ed amministrativi. Le tipiche attività domestiche ripetitive – come fare il bucato, stirare, riordinare, preparare i pasti, rigovernare – continuano a rimanere una prerogativa femminile.

Se dunque un numero crescente di donne partecipano alla vita professionale, per molte di esse questa rappresenta una grandezza residuale. Gli uomini infatti lavorano quasi sempre a tempo pieno, mentre per le madri con figli in età prescolare il tasso occupazionale si riduce al 30 per cento: insufficiente per accedere a compiti interessanti o per assumere una carica con mansioni dirigenziali. Solo così le madri riescono a conciliare famiglia e professione.

Fairplay-at-home

Per rimediare a questa situazione, l’UFU ha pensato di lanciare una campagna chiamata “Fairplay-at-home”. Questo non è soltanto il titolo della campagna, ma anche l’indirizzo Internet (www.fairplay-at-home.ch) attraverso il quale, oltre che con un opuscolo e dei questionari, essa viene attuata. “Il nostro obiettivo consiste nel fare della conciliazione della vita professionale e della vita domestica una questione che concerne gli uomini tanto quanto le donne”, ha detto Patricia Schulz. “Non vogliamo insegnare nulla: vogliamo soltanto dire agli uomini e alle donne di distribuirsi il lavoro domestico in modo più equo”.

Per raggiungere lo scopo, ha aggiunto la signora Schulz, “occorre una collaborazione tra la società civile e la politica. Il momento è favorevole”, viste le discussioni sull’assicurazione maternità e la disponibilità mostrata dalle associazioni dei datori di lavoro ad affrontare questa tematica. Anche l’iniziativa sulla riduzione del tempo di lavoro, se accolta, “crerebbe una condizione favorevole”.

È importante che la campagna “Fairplay-at-home” s’indirizzi “prevalentemente alle coppie giovani, prima che nasca il primo figlio”, ha concluso Patricia Schulz. Una valutazione dei risultati sarà fatta fra tre anni.

Silvano De Pietro

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