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Consiglio dei diritti umani: riforme già necessarie

Il presidente del Consiglio dei diritti umani Doru Costea Keystone

La sesta sessione del Consiglio dei diritti umani dell'ONU si è conclusa venerdì; sullo sfondo, le tensioni in Birmania: è annunciata una sessione straordinaria sulla questione.

Dal canto suo, il presidente del Consiglio Doru Costea – analogamente a George W. Bush – ha auspicato un’ottimizzazione del modo di procedere dell’istituzione.

Una sessione speciale del Consiglio dell’Onu dei diritti umani sulla situazione in Myanmar si svolgerà martedì prossimo a Ginevra, ha annunciato venerdì il presidente del Consiglio Doru Costea.

La domanda di sessione sulla situazione in Birmania ha ottenuto l’appoggio di 53 Stati, di cui 17 sono membri del Consiglio – e tra questi sette Paesi dell’Unione europea – e 36 sono osservatori. Per convocare una sessione speciale, la richiesta deve ottenere l’appoggio di almeno un terzo dei 47 Paesi membri del Consiglio.

Riforma auspicata

Il presidente del Consiglio dei diritti dell’uomo Doru Costea ha affermato, in un’intervista pubblicata dal quotidiano «Le Temps», che a suo parere l’organo non è riuscito a ottenere i risultati voluti per quanto concerne il conflitto israelo-palestinese. Costea ha poi aggiunto di essere favorevole a una riforma dell’istituzione, analogamente a quanto auspicato dal presidente statunitense George W. Bush.

Secondo Costea, l’organo «deve esaminare il comportamento di tutte le parti, non soltanto di un paese». Durante il suo discorso di martedì scorso davanti all’Assemblea generale dell’ONU a New York, George Bush aveva a sua volta criticato l’azione del Consiglio, sottolineando che esso si concentra «in misura eccessiva» su Israele, omettendo di chinarsi su Stati quali Cuba, il Venezuela, la Corea del Nord o l’Iran. Il presidente statunitense aveva quindi affermato la necessità di una riforma dell’istituzione.

Un’opinione condivisa da Costea – «Sono d’accordo con Bush. È necessario migliorare costantemente il funzionamento del Consiglio» –, che ritiene tuttavia inopportuna la creazione di un’altra struttura. A suo parere, «dal momento che il Consiglio dei diritti umani è stato creato, si tratta ora di utilizzarlo e di ottimizzarlo».

In particolare, ha sottolineato Costea, «è giunto il momento di occuparci delle questioni fondamentali, vale a dire delle violazioni dei diritti umani. Quando si verificano queste ultime – per esempio in Medio Oriente, in Birmania o in Sudan –, non è possibile trattarle dal profilo puramente nazionale, settoriale».

swissinfo e agenzie

L’idea di un Consiglio dei diritti umani era stata lanciata nel marzo del 2004 dalla ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey, per sostituire la Commissione dei diritti dell’uomo, creata nel 1946.

Nel settembre del 2005, durante il vertice consacrato agli obiettivi del Millennio, l’ONU aveva adottato il principio di un Consiglio dei diritti dell’uomo; la prima sessione dell’organo ha avuto luogo nel giugno 2006.

Il Consiglio dei diritti dell’uomo ha la sua sede a Ginevra e dipende direttamente dall’Assemblea generale dell’ONU; è costituito da 47 Stati membri eletti alla maggioranza assoluta dai 191 membri dall’Assemblea generale.

Il Consiglio si riunisce almeno tre volte l’anno. Vi è inoltre la possibilità di convocare una riunione speciale in caso di crisi.

La sessione speciale del Consiglio dei diritti umani convocata per martedì a Ginevra dovrebbe segnatamente chiedere al relatore dell’ONU per i diritti dell’uomo in Birmania di recarsi nel Paese e di riferire in merito alla situazione nel quadro della prossima sessione del Consiglio, prevista per il mese di dicembre.

Per poter organizzare una sessione speciale, è necessario l’avallo di un terzo dei 47 Stati membri del Consiglio. Quella dedicata alla situazione in Birmania è la quinta sessione straordinaria decretata dall’organo dopo la sua creazione.

In occasione delle precedenti sessioni straordinarie, si era discusso della situazione a Gaza, della guerra in Libano, dell’attacco israeliano contro Beit Hanoun (Gaza) e infine della situazione del Darfur.

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