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Consiglio sicurezza ONU: Svizzera per riforme

Il diritto di veto dei cinque membri permanenti potrebbe essere limitato Keystone

La Svizzera – unitamente ad altre quattro nazioni – chiede un Consiglio di sicurezza più trasparente e che renda maggiormente conto delle sue decisioni.

Il progetto di risoluzione contiene proposte di riforma per l’organo più importante delle Nazioni unite, tra cui una limitazione del diritto di veto dei cinque membri permanenti.

Firmato dalla Svizzera, da Singapore, dal Liechtenstein, dalla Giordania e dal Costa Rica, il progetto di risoluzione è stato presentato lunedì a New York all’Assemblea generale delle Nazioni unite.

«L’obiettivo è di ridurre il potere del Consiglio di sicurezza e di aumentare la collaborazione tra i membri di quest’ultimo e gli altri paesi aderenti all’ONU», spiega a swissinfo Ruedi Christen, portavoce della Missione svizzera all’ONU di New York.

Secondo alcuni diplomatici, il pacchetto di riforme ha il sostegno di buona parte dei membri delle Nazioni unite, ma potrebbe incorrere nella strenua opposizione di qualcuno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza: Stati uniti, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia.

In novembre, la Russia e gli Stati uniti hanno respinto una prima bozza di risoluzione. Temono che le riforme facciano diminuire l’influenza politica di cui godono attualmente.

La risoluzione chiede al Consiglio di sicurezza – composto di 15 membri – di prendere in considerazione la ventina di misure proposte per aumentare la sua «legittimità ed efficienza».

Informare meglio

I miglioramenti presentati includono una maggior collaborazione con i membri ONU che non siedono nel Consiglio di sicurezza e una maggiore trasparenza per quanto riguarda le sanzioni e le operazioni di pace.

«Il 70% circa del lavoro svolto dal Consiglio riguarda temi inerenti la sicurezza, per la maggior parte si tratta di operazioni per il mantenimento della pace», afferma Christen.

«Tanto le nazioni che mettono a disposizione delle truppe, quanto quelle che offrono un sostegno finanziario hanno il diritto di essere informate in modo più accurato e veloce».

Diritto di veto

La risoluzione chiede tra le altre cose di limitare il diritto di veto ai casi che riguardano serie violazioni dei diritti umani, come i genocidi o gli episodi di pulizia etnica. Ogni volta che uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza fa ricorso al suo diritto di veto dovrebbe spiegarne i motivi.

Il pacchetto di riforme non affronta per contro il tema dell’allargamento del Consiglio. India, Giappone, Brasile e Germania hanno chiesto a più riprese un seggio permanente e i paesi africani, pur non presentando delle candidature precise, ritengono che nel Consiglio di sicurezza ONU dovrebbe esserci almeno un seggio riservato ad un rappresentante dell’Africa. Al momento, però, non sono ancora state prese decisioni in merito.

«Non abbiamo la sensazione che il progetto di allargamento stia progredendo», spiega Ruedi Christen. «Quello che possiamo portare avanti – e per questo abbiamo l’appoggio della maggioranza degli Stati membri – è un cambiamento nello stile di lavoro, nella trasparenza e nella responsabilità del Consiglio di sicurezza».

swissinfo, Adam Beaumont
(traduzione, Doris Lucini)

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU è composto di 5 membri permanenti e 10 membri eletti per un periodo di due anni.
Decide dell’invio di truppe di pace in caso di conflitti.
Può autorizzare misure coercitive, sanzioni economiche o azioni militari collettive.
La Svizzera, membro ONU dal 2002 per decisione popolare – non siede nel Consiglio di sicurezza.

La Svizzera è entrata a far parte delle Nazioni unite nel 2002. Da allora ha fatto della riforma del Consiglio di sicurezza una delle sue priorità.

La Svizzera ritiene che il numero di seggi debba essere aumentato per meglio rappresentare le regioni del globo. Il diritto di veto dei membri permanenti dovrebbe essere esercitato solo in casi eccezionali.

A metà marzo, l’Assemblea generale ha accettato un’altra proposta svizzera. Si tratta della creazione di un Consiglio dei diritti umani in sostituzione dell’omonima Commissione, oggi discreditata.

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