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Il papa in Abruzzo incoraggia e ammonisce

Il papa incontra e incoraggia la popolazione di Onna. Keystone

Papa Benedetto 16esimo si è recato martedì in Abruzzo sui luoghi colpiti dal devastante terremoto del 6 aprile. "Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno", ha dichiarato il pontefice durante l'incontro con la popolazione ad Onna.

“Lei ha perso entrambi i figli”, dice il parroco a Benedetto 16esimo. Al papa mancano quasi le parole. Tiene a lungo la mano della donna tra le sue. E la scena si ripete più volte a Onna, dove il terremoto si è portato via 40 persone su 250 abitanti, facendone il villaggio abruzzese più tragicamente colpito.

Da qui sono già passati molti leader politici, anche più di una volta, e negli scorsi giorni cominciava a crescere tra gli abitanti, accampati a poche centinaia di metri dalle loro abitazioni distrutte, l’insofferenza per quella che a volte è sembrata soprattutto una “passerella”.

Col papa è diverso. Diversa l’intensità del ricordo, del dolore, della commozione. E adesso “che si ricostruiscano case e chiese solide”, dice il pontefice tedesco. Il primo monito della sua giornata abruzzese.

Il contributo di Angela Merkel

L’auto pontificia – con una scorta di sicurezza, a piedi, decisamente surreale – attraversa la devastazione e i cumuli di macerie di Onna. Passata alla storia anche per una strage nazista, che nel 1944 fece sedici morti.

Anche per questo, dopo il terremoto, la Germania della cancelliera Angela Merkel ha fatto sapere di voler partecipare intensamente alla ricostruzione di questo paesino non lontano dall’Aquila, simbolo della tragedia che si è abbattuta sugli Abruzzi.

Pioggia, fango e la terra che continua a tremare. Non sembra esserci tregua per i sessantamila sfollati delle tendopoli. “Siamo così stressati che forse non riusciamo nemmeno a cogliere tutto il significato di questa visita”, ci dice una donna nel principale campo di raccolta, quello di Piazza d’Armi.

Un ragazzo aggiunge che “il papa doveva venire qui, a vedere in quali condizioni ci tocca vivere, andare a pregare sotto le macerie ormai non ha alcun senso”. Ma sono voci isolate. Quasi tutti sono orgogliosi di quello che la stampa nazionale definisce coralmente “l’abbraccio del papa ai terremotati”.

Una terra molto devota

L’Aquila è “la città delle cento chiese”, la devozione popolare è diffusa, e del resto, sotto i contrafforti del Gran Sasso, in molti ricordano ancora i frequenti soggiorni, “anche in segreto”, di Giovanni Paolo II sui rilievi e sulle nevi della montagna.

“È proibito”, devono sussurrare a Benedetto 16esimo quando, più tardi, vorrebbe penetrare nella Basilica di Collemaggio. Troppo pericoloso. Qui il sisma ha avuto effetti devastanti, un enorme squarcio ha letteralmente scoperchiato e “aperto” su un lato l’antica cattedrale, gran parte delle pareti sono pericolanti.

Intatta è invece rimasta la teca in vetro che contiene le spoglie di Celestino V, il “papa-eremita del gran rifiuto”, vittima dei giochi politico-curiali che infuriavano nel tredicesimo secolo: da pontefice non andò mai a Roma e si dimise dopo appena 107 giorni di regno. Per questo Dante lo colloca, impietosamente e anche incomprensibilmente, nel girone dei pavidi.

Una pagina di storia del “potere temporale dei papi” che il teologo Ratzinger sicuramente ricorda, mentre lascia sulla teca del lontanissimo predecessore il suo “pallio”, la stola bianca che indossò all’inizio del pontificato.

La polemica con gli studenti

Ha voluto sostare anche davanti alla Casa dello Studente, un altro simbolo della tragedia, e forse anche delle responsabilità che ne hanno appesantito il drammatico bilancio di vite umane.

Sotto queste macerie, nella notte del 6 aprile, morirono otto giovani. Ma tra i ragazzi scelti per incontrare il papa non c’è nessuno degli studenti sopravvissuti, nessuno di quelli che nella “casa” ci abitavano e che nelle settimane precedenti la grande scossa (i tre mesi dei continui “sciami sismici”) avevano denunciato inutilmente le precarie condizioni di quegli edifici, le crepe già formatesi nei muri, pareti pavimenti soffitti troppo sottili.

“Non averci invitati all’incontro è stato un controsenso”, dice Carmela Tomassetti, la studentessa-testimone che convinse anche alcune amiche a lasciare, cinque giorni prima del terremoto, l’edificio poi sbriciolatosi.

Strana e discutibile, questa preoccupazione di chi ha selezionato i giovani per l’incontro col pontefice. “Comunque – dice uno degli studenti ‘privilegiati’, tutti appartenenti a movimenti religiosi locali – quando ha saputo che studio ingegneria il papa ci ha tenuto a dirmi di diventare un ‘bravo ingegnere’, e credo che facesse riferimento a chi invece qui non è stato affatto un professionista diligente”.

L’Aquila tornerà a volare

Nella cerimonia finale, sulla grande spianata della Scuola della Guardia di Finanza, diventata il centro-operativo di tutte le attività di soccorso, Benedetto 16esimo lancia l’ultimo monito:

“Come comunità civile occorre fare un serio esame di coscienza affinché il livello di responsabilità non venga mai meno”. Condizione affinché “l’Aquila torni a volare”, ammonisce il papa che per pochi, imbarazzati secondi indossa l’elmetto bianco dei vigili del fuoco.

Tra i pochi fedeli che sono arrivati vincendo il maltempo e le rigidissime misure di sicurezza, echeggia ancora il detto locale che Ratzinger ha voluto ricordare come incoraggiamento:

“Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso”.

swissinfo, Aldo Sofia, L’Aquila

Secondo le cifre fornite dall’ambasciata d’Italia a Berna, in Svizzera vivono circa 24mila abruzzesi.

Un decimo (2’860 persone) risiede in Ticino. Circa 150 famiglie provengono dalla provincia dell’Aquila.

Nella zona dell’Aquila sono registrati 104 svizzeri.

Le offerte possono essere effettuate sul conto postale della Catena della solidarietà 10-15000-6 con l’annotazione «Terremoto Italia», oppure direttamente via internet.

La Catena della solidarietà ha comunicato di aver finora raccolto 1 milione e 583’000 franchi per la ricostruzione nella regione (28 aprile). L’organizzazione ha inoltre inviato sul posto un delegato per definire le necessità più urgenti.

La raccolta di fondi, organizzata dalle associazioni di immigrati italiani in Svizzera, è coordinata dall’associazione “Terremoto Abruzzo” (CCP: 69-10314-2). Finora le donazioni hanno raggiunto 25 mila franchi. La raccolta continuerà sino a metà giugno.

Il governo Berlusconi ha annunciato il 23 aprile 2009 il piano della ricostruzione nelle zone terremotate. Sei miliardi e mezzo di euro per dare una nuova casa ad almeno 13 mila persone; 15 aree già individuate attorno all’Aquila su cui edificare i nuovi villaggi.

Chi ha perso irrimediabilmente la casa e vorrà ricostruirsene una riceverà 150 mila euro; per chi è costretto a ristrutturarla il contributo, sempre a fondo perso, sarà di 80 mila euro.

Uno sforzo imponente, soprattutto in tempi di recessione economica. E la promessa di agire rapidamente. Anche perché già questa fase di emergenza ha costi altissimi. Tre milioni di euro al giorno per assistere oltre cinquantamila sfollati.

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