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Swisspeace: evitare le guerre per l’acqua

L'acqua del Nilo è indispensabile per l'agricoltura e per evitare la carestia dovuta alla siccità. thewaterpage.com

La fondazione svizzera per la pace è impegnata in Africa e nell'Asia centrale, per cercare di evitare che le divergenze sfocino in conflitti violenti.

Perché laddove le risorse idriche sono contese, il rischio di guerra aumenta.

«Il problema è che tutti hanno bisogno d’acqua, per cui si tratta di spere come distribuirla», afferma Eva Ludi, coordinatrice del progetto di Swisspeace contro i conflitti ambientali.

È un pezzo che non ci sono più vere guerre per l’acqua. L’ultimo conflitto su vasta scala direttamente legato all’acqua fu quello di 4500 anni or sono, per il controllo della Mesopotamia, l’attuale Iraq, dove scorrono il Tigri e l’Eufrate.

Ora però gli esperti temono che l’acqua sostituirà ben presto il petrolio quale principale fonte di conflitti, anche perché le riserve d’acqua dolce continuano a diminuire.

La valle del Nilo

Una delle regioni dove il rischio è più alto è la valle del Nilo. L’Egitto dipende quasi totalmente dall’acqua del fiume che viene dall’Etiopia, e vorrebbe poter sfruttare l’eccedenza di precipitazioni per l’irrigazione dei campi.

«Il problema, dal punto di vista etiopico, è che le precipitazioni sono molto irregolari. Il paese ha già subito drammatiche carestie a causa della siccità, per cui ora vorrebbe sviluppare le sue proprie risorse idriche», spiega Simon Mason, un ricercatore di Swisspeace.

«Ora, se l’Etiopia sviluppasse le sue risorse idriche impiegando molta acqua, senza tener conto degli interessi dell’Egitto che si trova a valle, ciò potrebbe far nascere un conflitto.»

Promuovere il dialogo

Per evitare questa prospettiva, Mason ha invitato rappresentanti dei due paesi, e pure del Sudan, a partecipare a una serie di convegni.

Per Swisspeace, la comunicazione è di primaria importanza per identificare e risolvere controversie in merito allo sfruttamento delle risorse idriche. In questo contesto, i delegati di Swisspeace fungono da intermediari, per aiutare le parti in causa a capire meglio i reciproci punti di vista.

«Lo scopo è quello di raccogliere risultati, per mostrare dove si è raggiunto il consenso e dove rimangono invece ancora dei punti da risolvere», specifica Mason.

Coinvolgendo più stati nelle discussioni, Swisspeace fa opera di pioniere. «Finora, si sono già tenuti numerosi convegni sui problemi legati alle risorse idriche della valle del Nilo. Ma si trattava per lo più di incontri unilaterali.»

Opera di mediazione

Per Swisspeace, l’intervento nella valle del Nilo rappresenta un grado superiore, nella prevenzione di conflitti legati alle risorse idriche. E l’organizzazione non governativa spera di poter ripetere analoghi interventi diretti anche in altre parti del mondo.

«Cerchiamo di assicurarci un ruolo di mediatore», spiega Eva Ludi.

Le occasioni di intervenire sarebbero parecchie: secondo l’UNESCO, nel mondo ci sono 17 bacini idrici che potrebbero dare adito a conflitti. Tra questi, i territori bagnati dai fiumi Okavango e Limpopo nell’Africa australe e quello del Salween, tra Cina, Myanmar e Tailandia.

Sulla lista figura pure il lago d’Aral, nell’Asia centrale, dove Swisspeace è pure impegnata ad analizzare come le organizzazioni non governative e i governi locali intervengono per risolvere i conflitti.

Il Lago d’Aral

I problemi con il Lago d’Aral sono aumentati soprattutto dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, allorché stati come Uzbekistan, Kirgizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Kazakistan si sono trovati a dover affrontare i problemi ambientali e la ripartizione delle risorse idriche.

L’agricoltura, l’industria e la deviazione di corsi d’acqua hanno parzialmente prosciugato il lago, la cui acqua risulta salata e inquinata.

Grazie ad accordi internazionali si sono però potuti evitare conflitti armati. E Swisspeace ritiene che tali intese possano servire da modello per risolvere futuri conflitti.

«Per il momento, sul piano internazionale c’è ancora la tendenza alla cooperazione», sottolinea la coordinatrice di Swisspeace. «Ma non bisogna per questo credere che le tensioni interne non possano sfociare in violenti conflitti.»

swissinfo, Samantha Tonkin
(adattamento dall’inglese: Fabio Mariani)

Swisspeace è un’organizzazione non governativa, sostenuta dalla Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC).

Dal 1992 collabora con il Centro di studi sulla sicurezza del Politecnico federale di Zurigo.

Swisspeace sta facendo da mediatrice nella contesa tra Egitto, Sudan ed Etiopia per lo sfruttamento delle risorse idriche del bacino del Nilo.

Swisspeace è pure impegnata nel conflitto per le acque del Lago d’Aral, che coinvolge Uzbekistan, Kirgizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Kazakistan.

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