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Il lavoro domenicale, un rimedio contro la crisi?

Acquisti dell'ultimo minuto: un bisogno o un'opportunità? Keystone

Liberalizzare il commercio in Svizzera per contrastare la crisi e favorire il turismo. È la proposta caldeggiata dagli ambienti economici, che trova però l'opposizione dei sindacati.

Esportazioni in calo e un turismo boccheggiante: le previsioni economiche per i prossimi mesi non sono certo rassicuranti e continuano a dividere il paese tra fautori e contrari a un maggior intervento dello Stato.

Per arginare gli effetti della crisi, il governo svizzero ha finora varato tre pacchetti congiunturali, incentrati sulla lotta alla disoccupazione e la promozione degli investimenti. Ma questo piano non soddisfa né la sinistra, che chiede da tempo provvedimenti più massicci, né la destra, per la quale ulteriori spese pubbliche in questo ambito sono inutili.

Resta il fatto che in questo contesto di crisi, il turismo sembra soffrire più del previsto. Le previsioni esposte dal direttore di Svizzera Turismo Jürg Schmid sono davvero poco rassicuranti: la cifra d’affari degli alberghi svizzeri potrebbe calare del 10% nel 2010 e i pernottamenti del 7% in seguito alla defezione di visitatori stranieri.

Un grido d’allarme destinato a far discutere soprattutto alla luce delle misure di rilancio avanzate sulla stampa domenicale dallo stesso Schmid. «Per salvare il turismo in Svizzera, bisogna liberalizzare il commercio e aprire i negozi anche la domenica, quando c’è un maggior afflusso di visitatori nelle città». Una proposta che viene rilanciata a scadenze regolari, sostenuta dagli ambienti economici, ma contrastata fermamente dalla sinistra e dai sindacati.

«Che senso ha sfruttare gli impiegati, imponendo loro di lavorare la domenica, soltanto perché questa misura potrebbe – ma è un’ipotesi ancora da verificare – contribuire a risollevare l’economia interna?», si chiede Doris Bianchi, segretaria centrale dell’Unione sindacale svizzera (USS).

Una legge nazionale e 26 sistemi cantonali

A creare una certa confusione contribuisce anche il federalismo svizzero e la conseguente libertà dei cantoni di concedere deroghe e permessi straordinari ai singoli comuni. Ma cosa prevede la legge nazionale?

Al momento, soltanto i negozi nelle grandi stazioni e negli aeroporti hanno il diritto di alzare la saracinesca la domenica. Il 27 novembre 2005, il popolo aveva infatti respinto di misura il referendum lanciato dai sindacati contro questa modifica della legge sul lavoro. Due anni più tardi il Parlamento ha poi autorizzato il lavoro domenicale fino a quattro volte l’anno. Finora era necessario stabilire l’esistenza di un bisogno urgente per infrangere temporaneamente il principio del “giorno festivo”.

Al di fuori di questa legge federale, dunque, la regolamentazione a livello cantonale diverge notevolmente non solo per quanto riguarda le aperture domenicali, ma anche per l’orario di chiusura infrasettimanale dei negozi.

Città più vive e competitive

A testimonianza della singolarità svizzera, la SECO ha recentemente imposto un veto ai chioschi e alle stazioni di benzina di vendere alcuni prodotti tra la 1 e le 5 del mattino. Una prassi in vigore però da oltre 10 anni a Zurigo, ma che apparentemente non rispetta la legge federale sul lavoro.

Contro questa decisione, il comitato di centro-destra “Priorità-Libertà” ha raccolto quasi 27’000 firme e un’iniziativa parlamentare difesa dal deputato liberale Christian Lüscher sarà prossimamente discussa alle Camere.

«Questa pratica risponde a una reale necessità dei consumatori e d’altronde, in un’economia di mercato bisogna lasciare che sia la regola della domanda e dell’offerta a decidere cosa è necessario e cosa non lo è», spiega a swissinfo il ginevrino Christian Lüscher. «Si tratta semplicemente di rispettare la libertà dei cittadini di poter acquistare ciò di cui hanno bisogno 24 ore su 24, come già accade in molti altri paesi nel mondo».

Proprio a Zurigo – per un periodo di prova da ottobre a dicembre – i negozi in centro resteranno aperti fino alle 20 al sabato. Un tentativo per contrastare la concorrenza dei centri commerciali e per animare la città. «Nelle regioni turistiche, lo shopping di domenica o in serata, soprattutto d’estate, è un fattore molto importante, che permette di far fronte alla concorrenza internazionale e di creare un’atmosfera più viva», spiega a swissinfo il responsabile della comunicazione di Zurigo Turismo Frank Bumann.

Un “tempo comune” a rischio

Se i vantaggi economici di una liberalizzazione del commercio sono tuttora dubbi, le conseguenze sociali rischiano di essere davvero pesanti per i lavoratori anche perché eventuali abusi salariali non sono sempre facili da appurare.

«La legge precisa che il lavoro domenicale è volontario, ma per il lavoratore spesso la domanda che si pone è se vuole o meno mantenere il suo posto … », denuncia Doris Bianchi dell’USS, la più grande federazione sindacale svizzera. «Inoltre, in questo periodo di vacche magre, se la gente spende i propri soldi la domenica, non li spende più il lunedì. Non sarà di sicuro questa liberalizzazione a incoraggiare i consumi e promuovere l’economia».

Per i sindacati, la domenica senza lavoro è una delle più importanti conquiste sociali, mentre per la comunità cristiana continua ad essere il giorno consacrato alla religione e alla famiglia. Al di là delle credenze, rinunciare a un giorno di riposo domenicale significa di fatto rinunciare a un “tempo comune”, a un’occasione per socializzare e per condividere.

Niente da ridire se fosse il frutto di una libera scelta, ma «in una società dove il tasso di disoccupazione mette il lavoratore in una posizione di dipendenza, conclude Doris Bianchi, è ancora da verificare se questa libera scelta è davvero tale».

Stefania Summermatter, swissinfo.ch

Le regole di apertura domenicale adottate dai diversi paesi dell’Unione Europea sono diverse e sottostanno alle leggi nazionali.

La Svezia è pioniera di questo tipo di liberalizzazione: sin dal 1972 i negozi possono infatti restare aperti tutti i giorni, dalle 5 alle 24.

Una disposizione autorizzata anche nella Repubblica Ceca, in Irlanda e in Ungheria.

In Gran Bretagna e in Spagna, l’autorizzazione dipende dalla superficie dei negozi. Più grandi sono e più severe sono le regole alle quali devono sottostare.

Più restrittiva invece l’Italia, dove i negozi possono aprire soltanto 13 domeniche l’anno, incluse le 8 che precedono il periodo natalizio.

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