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Caso Madoff, troppo “bello” per essere vero

Keystone Archive

50 miliardi di dollari volatilizzati, di cui 5 o 10 (o più?) in Svizzera. La bancarotta dell'ex guru di Wall Strett Bernard Madoff sarebbe una delle truffe più grandi della storia. Un imbroglio che ha coinvolto anche le banche private elvetiche, solitamente reputate per la loro prudenza.

«Sono un uomo finito, non ho più nulla, ho perso circa 50 miliardi di dollari», avrebbe detto Bernard Madoff ai suoi dipendenti poco prima di essere arrestato dall’FBI, giovedì scorso. L’uomo, 70 anni, rischia fino a 20 anni di prigione e 5 milioni di dollari di multa.

La stampa americana ha subito visto in questa gigantesca bancarotta il crollo «del più grande schema di Ponzi al mondo». Lo stesso accusato avrebbe fatto riferimento al sistema di truffa piramidale inventato negli anni ruggenti da un immigrato italiano (vedi a fianco).

Dalla finanza all’imbroglio

Franco Foglia, avvocato d’affari ginevrino, segue da vicino il caso Madoff, in particolare attraverso i suoi colleghi del gabinetto newyorkese Rogers & Wells. La vicenda non è così semplice, ritiene, all’immagine delle catene super sofisticate che, nel mondo della finanza, sono diventate la regola.

«L’ingegneria finanziaria può facilmente diventare una truffa», osserva Franco Foglia. «I prodotti sono talmente complicati che spesso chi li compra non li capisce».

E i loro venditori? «Può succedere che il sotterfugio sia così sottile dal punto di vista tecnico che nemmeno il banchiere se ne accorge», rileva l’avvocato. «È un ambito in cui la fiducia è primordiale: se credo in te, ti presto i soldi e se tu hai fiducia in lui, allora ci credo pure io».

Soldi agli intermediari

“Bernie” Madoff aveva tutto per conquistare la fiducia. Nato nei quartieri depressi del Queens, era riuscito con parecchi sforzi ad issarsi ai vertici di Wall Street. Tra i pionieri della borsa elettronica ed ex dirigente del Nasdaq (l’indice dei valori tecnologici), Madoff era conosciuto e rispettato anche come uomo modesto e filantropo.

La sua generosità era rivolta a cause rispettabili: la lotta al cancro, il teatro oppure l’università Yeshiva, la più grande università ebraica degli Stati Uniti.

La sua aura non è però l’unica ragione che ha spinto banchieri di tutto il mondo a diffondere i suoi prodotti. Madoff prometteva pure rendimenti annui del 10% e i suoi intermediari erano ben retribuiti.

«Questo signore [Madoff] praticava una politica di rivendite elevate per banchieri e gestori», conferma Franco Foglia. «Per alcuni di loro, la ragione dell’investimento non era dunque la prestazione del prodotto, ma la rimunerazione prevista per gli intermediari».

Troppo bello per essere vero

Questi guadagni hanno sedotto numerosi broker, ciò che stupisce Stewart Hamilton dell’IMD (Institute for Management Development) di Losanna.

«C’è una regola di base: se sembra troppo bello per essere vero, allora è probabilmente troppo bello per essere vero», rammenta il professore. «Sembra che le banche abbiano dimenticato che rendimenti più elevati comportano rischi più alti».

«Spero che ciò aiuti le persone a rendersi conto che all’origine del problema vi è la terribile mancanza di mezzi da parte delle autorità di regolazione», aggiunge Stewart Hamilton. «Dispongono di persone non sperimentate che si lasciano facilmente intimidire. E appena un sorvegliante si distingue dal gruppo, è subito individuato e ingaggiato nel settore privato».

Anche per Franco Foglia il nocciolo del problema risiede nelle pecche del sistema di controllo. «Sebbene la SEC [Securities and Exchange Commission, il gendarme della borsa americana] costituisca uno strumento fantastico, nessuno è al riparo da inganni. E non sono sicuro che le autorità svizzere farebbero di meglio».

L’avvocato ne è convinto: «Se i controlli fossero più severi, alcune attività non sarebbero più possibili».

Sorprese future

In Svizzera, il gendarme della finanza è la Commissione federale delle banche (CFB). Per il momento non è in grado di stabilire fino a che punto le banche svizzere sono implicate in questa frode.

«Apriremo un’indagine, che non sarà però un’inchiesta giudiziaria, per sapere dalle banche il loro grado di esposizione», afferma il suo portavoce, Alain Bichsel, notevolmente sollecitato dall’inizio dello scandalo.

Gli istituti colpiti si trovano soprattutto a Ginevra. Lunedì, l’Unione bancaire privé (Unione bancaria privata) ha parlato di «un’esposizione indiretta», che rappresenterebbe meno dell’1% dei suoi averi in gestione (circa 850 milioni di dollari)

La banca Bénédict Hentsch ha reagito annullando la fusione prevista con lo specialista di hedge funds Fairfield Greenwich e confermando che il suo coinvolgimento nei prodotti gestiti da Madoff ammonta a 56 milioni di franchi.

La banca lucernese Reichmuth ha dal canto suo reso noto che uno dei suoi fondi aveva investito in diversi hedge funds che collaboravano con Bernard Madoff. La potenziale perdita è stimata a 385 milioni di franchi.

Le due grandi banche del paese, UBS e Credit Suisse, affermano invece di non «essere materialmente esposte». Considerate le perdite riconosciute all’estero e le stime avanzate dalla stampa elvetica (tra i 5 e i 15 miliardi di franchi a dipendenza dei giornali), le sorprese non sono tuttavia da escludere, anzi.

«Tutti lo possono fare»

Certo è che questa nuova vicenda (scoppiata non per caso nel mezzo della crisi finanziaria) contribuirà a sgretolare ulteriormente la fiducia nei mercati finanziari.

Mentre alla CFB Alain Bichsel ammette che «nulla ci può sorprendere», per Andreas Missbach della Dichiarazione di Berna «questa vicenda mostra che la nostra visione del sistema finanziario non è ancora sufficientemente critica».

«La grande sorpresa – aggiunge il portavoce dell’organizzazione non governativa impegnata nello sviluppo sostenibile – è che Bernard Madoff non era un ambiguo personaggio che agiva nell’ombra, ma una personalità ben nota e rispettata. Ciò che ci fa pensare che ce ne potrebbero essere altri».

«Se qualcuno come Madoff può agire in questo modo – conclude Andreas Missbach – allora tutti lo possono fare».

swissinfo, Marc-André Miserez e Matthew Allen
(traduzione: Luigi Jorio)

Il sistema utilizzato da Bernard Madoff è conosciuto con il nome di “schema di Ponzi”, dal nome di Charles Ponzi, un emigrato italiano giunto nel 1903 negli Stati Uniti praticamente senza un soldo e diventato milionario nello spazio di pochi mesi nel 1920.

Ponzi acquista dei buoni di risposta internazionali, che all’epoca servivano ad affrancare la posta dai paesi del mondo intero. A causa dell’inflazione, questi buoni sono meno cari in Italia che negli Stati Uniti. Ponzi rivende quindi questi buoni in tutta legalità negli Stati Uniti ed incassa la differenza.

In seguito, l’italiano crea una società che promette dei profitti del 50% in 45 giorni. Nello spazio di pochi mesi, 17’000 persone gli affidano diversi milioni di dollari. Rapidamente però cominciano ad affiorare i primi sospetti. Ponzi in realtà retribuisce i primi clienti con le somme versate da quelli successivi, senza acquistare praticamente nessun buono di risposta internazionale.

Il sistema – che equivale in sostanza a una Catena di Sant’Antonio – collassa immediatamente e Ponzi è condannato a cinque anni di prigione. Una volta scarcerato, tenta di replicare lo schema acquistando della terra, ma è arrestato per frode. Nel 1934 viene rilasciato e rientra in Italia. Trascorre gli ultimi anni di vita in povertà a Rio de Janeiro, dove muore nel 1949.

Lo schema di Ponzi è stato in seguito spesso utilizzato. Il principio è sempre lo stesso: i profitti non provengono da una vera attività economica, ma dall’arrivo di nuovi clienti. Quando questo afflusso si esaurisce tutto il sistema collassa. Guadagnano solo coloro che hanno abbandonato la nave al momento giusto e, naturalmente, l’organizzatore.

Fairfield Greenwich Group: 7,5 miliardi di dollari

Kingate Management: 3,5 miliardi

Banco Santander: 3,1 miliardi

Access International Advisors: 1,4 miliardi

HSBC Holding: 1 miliardo

Benbassat & Cie.: 935 milioni

Union bancaire privé: 850 milioni

Natixis: fino a 600 milioni

BNP Paribas: fino a 470 milioni

Man Group: 360 milioni

Royal Bank of Scotland: 360 milioni

Banque Benedict Hentsch: 48 milioni

(fonte: Bloomberg)

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