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EPO in capsula contro l’anemia

L'ormone che stimola la produzione di globuli rossi è prodotto in una capsula grande come una monetina. www.snf.ch

La nuova terapia, messa a punto presso il politecnico di Losanna, potrà sostituire le frequenti iniezioni cui devono sottoporsi gli anemici.

Ricercatori del Politecnico federale di Losanna (EPFL) hanno sviluppato una nuova terapia contro l’anemia: l’impianto di una capsula contenente cellule viventi che producono l’ormone EPO, la cui funzione è di stimolare la moltiplicazione dei globuli rossi.

Un piccolo intervento sotto anestesia locale

La capsula, dalle dimensioni di una moneta di cinque centesimi, è inserita nell’avambraccio del paziente. L’intervento dura cinque minuti e richiede un’anestesia locale, spiega in una nota il Fondo nazionale svizzero della ricerca scientifica, che finanzia gli studi degli scienziati losannesi. Attualmente, i pazienti sono costretti a subire fino a tre iniezioni alla settimana.

La capsula impiantata sarà in grado di fornire, sull’arco di mesi o addirittura per anni, l’ormone EPO, che stimola la formazione di globuli rossi nel midollo osseo. Infatti, nella capsula sono contenuti da uno a due milioni di cellule umane viventi, rese geneticamente immortali, che possono secernere una quantità sufficiente di EPO.

Gli ormoni prodotti possono uscire dai pori della capsula, realizzata in materiale sintetico, attraverso i quali entrano l’ossigeno e gli elementi nutritivi per le cellule. I pori non permettono però l’uscita delle cellule stesse, né l’entrata di anticorpi che potrebbero distruggerle.

Per i malati di AIDS o di insufficienza renale

Una terapia di questo tipo potrebbe essere impiegata per curare pazienti affetti da gravi forme di anemia, come i malati di AIDS o coloro che soffrono di insufficienza renale.

I risultati delle esperienze condotte sugli animali sono positivi e i primi test realizzati sui pazienti dimostrano che gli impianti sono ben tollerati. In un secondo tempo, questa terapia potrebbe essere impiegata per altre malattie quali l’emofilia, il nanismo o il diabete.

Un sistema già sperimentato sui malati di cancro

I ricercatori dell’EPFL avevano già sviluppato, nel 1994, un impianto destinato ai malati di cancro in fase terminale. In questo caso le capsule, impiantate nella regione lombare, contenevano cellule animali che producono sostanze analoghe alla morfina, per calmare i dolori.

In seguito, le ricerche si erano orientate verso il trattamento delle malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson, tramite impianti in grado di produrre fattori di sopravvivenza per i neuroni.

swissinfo

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