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Esperti scettici sulla legge contro il terrorismo

Grattacapi in vista per la ministra svizzera della giustizia Ruth Metzler: il progettato articolo penale anti-terrorismo viene ritenuto superfluo dagli esperti di diritto Keystone

Bocciato dai professori di diritto il progetto del Dipartimento di giustizia e polizia (DFGP) di inserire nel Codice penale (CP) due articoli sul terrorismo.

Inutile, difficile da applicare e, tutt’alpiù, fonte di nuovi costi. Il progetto del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di inserire nel Codice penale svizzero (CP) due articoli specificatamente dedicati al terrorismo viene sonoramente bocciato dai professori di diritto svizzeri.

Le nuove norme – affermano gli esperti in diritto – sono unicamente motivate da ragioni di politica estera e, per qualcuno, il governo elvetico si sta semplicemente inginocchiando davanti agli Stati Uniti. Una tesi, quest’ultima, riferita venerdì dal quotidiano svizzero in lingua tedesca «Neue Zürcher Zeitung» (NZZ).

L’articolo controverso

«La probabilità che la Svizzera diventi un bersaglio diretto per attentati terroristici rimane debole», affermava il Rapporto sulla sicurezza interna 2001, pubblicato il 10 luglio scorso dall’Ufficio federale di polizia.

Ciò nonostante il dipartimento di Ruth Metzler vuole inserire nel CP un nuovo articolo, il 260 quinquies («Terrorismo»), che puninisce con la reclusione chi commette crimini violenti per terrorizzare la popolazione o per costringere uno Stato, o un’organizzazione internazionale, a fare o a tollerare un atto. In casi gravi (quando molte persone muoiono o vengono ferite) seguirebbe l’ergastolo.

Accanto a questa norma verrebbe introdotto il 260 sexies («Finanziamento del terrorismo»), che punirebbe con il carcere fino a cinque anni chi mette a disposizione mezzi finanziari per commettere un reato ai sensi dell’articolo precedente.

Procedura sprint

Il DFGP aveva motivato la riforma con la necessità di far sì che anche in futuro la Svizzera continui ad essere poco attrattiva per il terrorismo internazionale. Una giustificazione che la NZZ trova «soprendente».

Le nuove norme, lungi dal seguire la normale procedura legislativa, stanno inoltre venendo portate avanti a tempo di primato. Nessuna procedura di consultazione, solo un’informazione ai cantoni, una domanda di presa di posizione all’Associazione svizzera dei banchieri e la richiesta di un parere a quattro esperti di diritto penale.

Il Dipartimento vuole inoltre sottoporre la riforma al parlamento già nella sessione autunnale, perché a suo avviso il tempo stringe. Di ben altro parere – sostiene il quotidiano zurighese – sono gli esperti. Stando alle informazioni della «Neue Zürcher Zeitung», ben tre dei quattro professori, chiamati ad esprimersi, ritengono inutili le fattispecie penali ed invitano tutt’alpiù ad apportare correzioni alle norme già esistenti.

Ritorno al Medioevo

Fra loro vi è anche, Mark Pieth, uno dei grandi nomi del diritto penale in Svizzera, professore all’università di Basilea. Il professor Pieth giudica l’operazione del tutto superflua, un «ritorno al Medioevo», quando si pensava che tutto potesse essere risolto con i divieti. Il diritto attuale punisce già tutti gli atti terroristici – dall’omicidio alle lesioni, passando dal danneggiamento, dalla presa d’ostaggi, dall’uso d’esplosivi alla pubblica intimidazione.

L’appartenenza ad un gruppo terroristico è già sanzionata dalla norma sull’organizzazione criminale, in vigore dal 1994 e, per quanto riguarda il finanziamento, è possibile confiscare il denaro a chi sostiene un’organizzazione criminale.

L’ufficio federale di giustizia (UFG) sostiene invece che nell’ordinamento giuridico esistono delle falle, in special modo nel capitolo del finanziamento, punto cruciale per la Svizzera. Inoltre secondo Daniel Frank dell’UFG le pene sono spesso insufficienti: chi fa saltare una diga senza uccidere o ferire nessuno rischia solo cinque anni per danneggiamento.

Legislazione da panico

Frottole, risponde la professoressa ginevrina Ursula Cassani, che fa notare come, in un caso del genere, sarebbero applicati gli articoli relativi all’uso d’esplosivi, con pene fino a venti anni di carcere.

Per la professoressa Cassani quella in esame è una «legislazione da panico», con una funzione simbolica rivolta all’estero. A suo avviso si prospettano inoltre problemi di applicazione non indifferenti: la Svizzera sanzionerà chi presta legittima resistenza ad un regime tirannico?

A detta del professor Pieth il segnale rivolto oltre i confini è addirittura negativo, perché, con l’introduzione di nuove norme, sembrerebbe che finora il Paese non abbia fatto abbastanza. Il modo di procedere del DFGP rappresenta «una genuflessione di Ruth Metzler, davanti al ministro della giustizia statunitense John Ashcroft», afferma il professore basilese, secondo quanto riporta la NZZ.

Aumento di personale

Un altro pericolo viene infine evidenziato da Josef Estermann, docente all’università di Berlino ed autore, per il Fondo nazionale svizzero, di uno studio sulla criminalità organizzata. I nuovi articoli potrebbero legittimare un aumento del personale delle autorità di perseguimento penale, senza risultati pratici di rilievo per la giustizia.

Il docente berlinese traccia paralleli con il reato relativo alla criminalità organizzata, che ha portato le autorità a gonfiarsi di funzionari, senza che in pratica si sia ancora arrivati ad una condanna.

swissinfo e agenzie

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