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Expo.02 entra nella fase critica

Il successo di pubblico è incoraggiante: ora la direzione artistica chiede un dialogo più vivace con i media e più critiche, ma costruttive!

Un piccolo miracolo

Strana storia quella dell’Expo. Sembrava non dovesse mai vedere la luce, la stampa, la gente comune, i politici, tutti o quasi erano in gran parte scettici se non apertamente ostili. Ma appena debuttata i malumori, riguardanti soprattutto lo sfondamento dei costi, si sono miracolosamente diradati e l’entusiasmo ha travolto un po’ tutti, addetti ai lavori e non. E adesso la direzione artistica vuole più critiche?

La realtà ha superato le speranze più rosee. Il pubblico, almeno finora, è stato numeroso, la stampa per lo più benevola. Proprio per fare un bilancio intermedio di questo “piccolo miracolo”, la direzione artistica di Expo 02, ha convocato i giornalisti lunedì 15 luglio a Bienne. Ma l’idillio con la stampa non è esattamente tale. Critiche nei confronti del contenuto globale dell’Expo ci sono sempre state e continuano ad esserci.

Critiche sì, ma da chi l’Expo l’ha vista

Questo quanto si augura Martin Heller. L’Expo, sostengono i maligni, è un bel pacchetto, attira la gente, ma il contenuto non c’è. Secondo il direttore artistico è evidente che chi muove questo tipo di critica o non ha visitato a fondo tutta la manifestazione o non è famigliare con l’arte moderna, “Nell’estetica contemporanea la forma non è scindibile dal contenuto”.

Un esempio per tutti, il cubo di Morat. Anche solo da fuori, come forma appunto, con la sua mole e il materiale usato, manda un messaggio altamente simbolico. Non per nulla è già diventato insieme alla nuvola di Yverdon una delle icone dell’esposizione nazionale. Fin qui c’eravamo arrivati anche noi.

Altro esempio fornito da Heller, è il padiglione della Banca Nazionale foderato in oro: “La facciata dorata, inclusi i graffiti fa già parte del significato”. Lui, Martin Heller non dice quale: per me personalmente è la volgarità dei soldi. Ma certo in quella pretenziosa e degradata visione del “valore”, si possono leggere altri cento contenuti. Ancora prima di essere entrati nel padiglione.

Poco pedagogica

Altra critica mossa all’Expo di essere troppo poco “istruttiva”, di non spiegare abbastanza le cose. Critica cui il direttore artistico ribatte così: “Fa parte di un atteggiamento artistico non dover spiegare tutto, sarebbe troppo noioso”. E come esempio Martin Heller cita SWish: la presentazione è immediata, di facile comprensione, ma esiste anche un livello più profondo, il valore intrinseco del materiale raccolto intervistando centinaia di persone sui propri desideri più intimi. Materiale che potrà forse un giorno far parte di un archivio consultabile da psicologi o sociologi.

L’Expo dopo la sua morte

Ma sul futuro dei progetti dopo la fine fisiologica di Expo 02, Martin Heller non vuole far nascere speranze illusorie. “È chiaro che la maggioranza delle opere moriranno con l’Expo, ma la loro memoria, sia nelle coscienze delle persone, sia in materiale residuo, in pubblicazioni, film, dvd, sarà conservata”.

A questo proposito citiamo ad esempio i film prodotti da “Atelier Zérodeux”, una trentina al momento, che vanno dagli spot di qualche minuto ai film corti. Questa produzione, che sarà presentata a Locarno, passa già sulle televisioni nazionali e chissà che non possa diventare un giorno un film a lungo metraggio e venir proiettato nelle sale. E poi ci sono le pubblicazioni cartacee, libri su singoli progetti, come Onoma, cataloghi e Dvd che aiuteranno la memoria di questo gigantesco sogno effimero a non disperdersi come le nebbie nella regione dei tre laghi.

Troppo svizzera

Si è anche detto che l’Expo si guarda troppo l’ombelico. “Quando si diventa troppo universali, si perde qualcosa” ribatte Heller. ” E poi da principio abbiamo deciso che questa sarebbe stata un’esposizione su di noi, sul mondo visto attraverso occhiali svizzeri”.

Finora il pubblico ha reagito molto intensamente. Ma che dire di un solo 5% di visitatori stranieri? Le vacanze stanno cominciando solo ora ed è presto per fare dei bilanci, ma certo è che con soli due milioni di franchi di budget per farsi reclame all’estero, Expo 02 non può certo permettersi ad esempio spot pubblicitari.

Oltre alla stampa, hanno parlato (positivamente) di Expo il telegiornale della sera di France 2, le principali televisioni tedesche, i media inglesi, del Benelux e degli Stati Uniti. Meno forte l’interesse dei media italiani. “Un effetto palla di neve si sta creando” conferma Josephine Trebeljahr, responsabile dei media internazionali per l’Expo. E se il tempo tiene, chissà che anche la seconda parte dell’esposizione nazionale non riservi piacevoli sorprese.

Le “forme” di Expo 02, dai progetti architettonici, agli interventi urbanistici, alla valorizzazione paesaggistica, queste parlano un linguaggio universale e comprensibile. Sul contenuto di certe mostre è chiaro che il visitatore straniero resterà più perplesso: ma la Svizzera è un paese molto più complesso della somma dei suoi cliché. E anche questo è un messaggio per il mondo.

Raffaella Rossello

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