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2002: La caduta degli “dei”

Brutto scivolone anche per Lukas Mühlemann, ex enfant prodige del Credit Suisse et di Swissair. Keystone

La vicenda Swissair ha scoperchiato il vaso di Pandora. Da allora gli scandali nel dorato mondo dell'economia elvetica si sono moltiplicati.

Sotto accusa manager in passato osannati come guru, le loro competenze e, spesso, pure il loro onore.

“Errori grossolani” e “comportamenti opportunistici al limite della truffa”. “Incompetenza, arroganza e megalomania”. Hans-Jacob Heitz, presidente dell’Associazione di difesa degli investitori svizzeri (SVSA), non va tanto per il sottile.

L’avvocato zurighese si esprime in tali termini ripensando ad episodi che, nel 2002, hanno sporcato gli ovattati saloni dei consigli d’amministrazione di alcune tra le società più esemplari della tradizione imprenditoriale svizzera.

All’inizio fu ABB

Il primo botto a febbraio. L’ABB, il gigante della tecnologia elvetico-svedese in gravi difficoltà finanziarie, è investita dallo scandalo sulle pensioni multimilionarie intascate dagli ex direttori (CEO) Barnevik (148 milioni di franchi) e Lindhal (85 milioni).

Il tutto mentre il titolo ABB rantolava, scendendo in picchiata verso valori ridicoli (minimo ad inizio novembre: fr. 1.41) ed il gruppo annunciava il licenziamento su scala mondiale di decine di migliaia di persone (ora ne sono stati aggiunti altri 50’000…).

Dagli altari alla polvere

Hanno poi tremato la Zurich Financial Services di Rolf Hüppi ed il Credit Suisse di Lukas Mühlemann. Vere e proprie istituzioni condotte da due manager idolatrati fino a poco tempo prima.

Entrambi occupavano la doppia carica di presidente del consiglio d’amministrazione e di CEO. Entrambi avevano adottato strategie espansionistiche rivelatesi errate. Risultato? Entrambi sono stati costretti a dimettersi dalla pressione di opinione pubblica, media e azionisti.

Farfallini e affini

Sullo sfondo di una debole congiuntura, di una disoccupazione in crescita e di mercati finanziari tutt’altro che esaltanti, anche il finanziere d’assalto per eccellenza, alias Martin Ebner, non è uscito indenne dall’ecatombe.

A corto di liquidità, a fine luglio Ebner ha dovuto infatti disfarsi delle sue società di partecipazioni (le “Visioni”), cedendole alla Banca cantonale di Zurigo, un istituto a garanzia statale. Transazione fortemente simbolica visto che ha coinvolto uno dei grandi fautori dell’azionariato selvaggio e del meno Stato.

“La vicenda che più mi ha scioccato è stata comunque quella della finanziaria LTS di Rentenanstalt”, dice a swissinfo Hans-Jacob Heitz. “In pratica i responsabili del gruppo hanno utilizzato soldi degli azionisti per speculare ad unico proprio beneficio. Un vero scandalo”.

L’affare LTS è costato inoltre la carriera politica a Gerold Bührer, membro del Cda di Rentenanstalt e, ormai, ex presidente del partito radicale svizzero.

La sindrome Swissair

Ma cosa è successo? Con il grounding di Swissair, alcuni (eh già, mica tutti: su 300’000 aziende elvetiche, solo una decina si sono distinte in negativo) strateghi dell’economia e della finanza svizzera hanno perso il senno? Hans-Jacob Heitz non la pensa così.

“I nostri problemi di cultura manageriale risalgono a ben prima. Una certa mancanza di trasparenza, una ripartizione delle cariche dirigenziali poco legata alle competenze specifiche e alcune megalomanie sono purtroppo annidate da tempo in certi Cda”, rileva l’avvocato zurighese.

È indubbio tuttavia che l’indegna fine di Swissair ha accresciuto la sensibilità popolare verso gli errori dei manager, ciò che li rende oggi molto più visibili e dibattuti. E l’andamento al ribasso delle borse mondiali ha certamente facilitato il preoccupante susseguirsi di questi flop.

Il ruggito di Couchepin

Ma in alcuni casi non ci sono scusanti. Lo stesso Pascal Couchepin, ministro dell’economia, si è indignato per il comportamento di manager che continuavano ad autoelargirsi compensi milionari pur avendo dissestato aziende (una volta) modello. “Gente senza onore, gente da bandire”, ha tuonato ad inizio novembre dalle colonne del SonntagsBlick.

Pure la borsa svizzera e l’organizzazione padronale Economiesuisse hanno reagito. La prima imponendo alle società quotate la pubblicazione di alcune informazioni concernenti la retribuzione degli amministratori. La seconda proponendo nuove regole di condotta ai propri affiliati.

“Interventi nella giusta direzione, ma ancora insufficienti”, valuta Hans-Jacob Heitz. “Gli azionisti dovrebbero conoscere nel dettaglio gli onorari dei manager. In fondo, come co-proprietari dell’azienda, sono proprio loro ad assumerli”.

Paradossale appare poi che sono gli stessi manager (che restano dei dipendenti) ad autodeterminare la propria remunerazione. Il tutto all’oscuro degli azionisti, i veri proprietari della società. “È assurdo”, s’infiamma il presidente della SVSA.

“Infine, Economiesuisse oltre alle raccomandazioni dovrebbe definire delle sanzioni per chi non le rispetta”, conclude Hans-Jacob Heitz. In sostanza, che paura può fare una pur possente tigre se… di carta e sdentata?

Marzio Pescia, swissinfo

233 milioni di franchi attribuiti (e poi in parte restituiti) a due ex CEO di ABB mentre la società lotta per sopravvivere;
crollo degli utili, della solida fama e dei titoli in borsa di Zürich Financial Services e di Credit Suisse;
Martin Ebner, modello dei finanzieri d’assalto, in ginocchio per mancanza di liquidità a causa anche di un’insufficiente diversificazione degli investimenti;
gli errori contabili di Rentenanstalt (per due volte superiori ai 200 milioni) e il caso LTS, società creata ad hoc per far fruttare i soldi dei manager del gruppo;
Rolf Hüppi, Lukas Mühlemann, Martin Ebner, Roland Chlapowsky: il loro tempo d’oro è finito?

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