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Amnistie fiscali: dopo l’Italia, la Germania

La nuova amnistia fiscale potrebbe giungere dalla Germania del cancelliere Gerhard Schroeder Keystone

Presto una nuova fuga di capitali dalle banche svizzere? La Germania appare intenzionata a confermare i suoi progetti d'amnistia fiscale.

A suo tempo, lo “scudo” italiano del ministro Tremonti aveva causato il deflusso di circa 44 miliardi di franchi.

Il governo rosso-verde di Berlino, alle prese con numerosi problemi budgetari e di credibilità interna, sembra ora essersi deciso. L’amnistia fiscale sulla quale si specula da tempo dovrebbe farsi.

Lo ha comunicato lunedì lo stesso Gerhard Schroeder nel corso di una conferenza stampa. Chi ha evaso il fisco tedesco depositando dei capitali all’estero potrà dunque rimpatriarli in Germania e regolarizzarli.

A che condizioni? Si parla di una penale del 25% per chi dovesse rientrare entro la fine del 2003 o del 35% per chi attendesse il periodo tra gennaio e giugno 2004. I dettagli dell’operazione restano tuttavia ancora da chiarire.

Stando alle prime valutazioni, la misura potrebbe favorire il rientro di più di 100 miliardi di euro, ciò che garantirebbe alle disastrate casse dello Stato un incasso straordinario di circa 25 miliardi di euro.

Il totale dei capitali tedeschi piazzati all’estero dovrebbe superare i 300 miliardi di euro. Circa un terzo si troverebbe in Svizzera.

Nuovo regime per il risparmio

Berlino intende inoltre sgravare almeno in parte l’imposizione dei redditi da capitale. Attualmente, questi ultimi sono tassati in modo progressivo a dei tassi compresi tra il 19.9% e il 48.5%. Aliquote tra le più alte d’Europa.

La conseguenza è che soltanto il 15% dei capitali sono effettivamente dichiarati al fisco. Per combattere un’evasione ormai dilagante, la Germania pensa ora ad un nuovo sistema che preveda un’imposizione preventiva forfetaria del 25%.

Una soluzione concettualmente simile a quella elvetica ma più generosa: l’imposta preventiva svizzera è infatti del 35%.

La scuola Tremonti

Lo scudo voluto dall’Italia di Berlusconi aveva favorito il rientro nella penisola di più di 50 miliardi di euro, il 58% dei quali in provenienza dalla Svizzera.

Benché l’importo non rappresenti che il 5-10% dei capitali italiani nei forzieri elvetici, il colpo, soprattutto per la piazza finanziaria di Lugano, la terza della Confederazione, è stato piuttosto duro.

Per questo motivo, la nuova amnistia tedesca potrebbe anche inquietare le banche e, più in generale, l’intero settore finanziario elvetico. L’entità del nuovo “prelievo” rimane però ancora tutta da valutare.

Troppo presto per giudicare

“Tutto dipenderà dai dettagli dell’amnistia fiscale di Berlino”, ha spiegato Thomas Sutter, portavoce dell’Associazione svizzera dei banchieri. In questo senso, i chiarimenti non dovrebbero tardare: il progetto definitivo potrebbe essere presentato verso la fine di gennaio.

Va segnalato che lo scudo fiscale italiano, pur eccezionalmente generoso (visto che prevedeva soltanto una penale del 2.5%), ha attratto meno di un decimo dei capitali italiani in Svizzera. Fattori quali la stabilità politica del paese o la qualità dei servizi continuano dunque ad avere una certa importanza.

“L’amnistia è una cosa”, sottolinea Michel Dérobert, segretario dell’Associazione dei banchieri privati svizzeri. “Conquistare la fiducia dei cittadini è un’altra. È quindi molto difficile prevedere come reagiranno i cittadini tedeschi. Ma, al di là dell’amnistia, se l’imposta preventiva tedesca sarà del 25% e quella svizzera del 35%, potremmo avere dei problemi” conclude Dérobert.

Vantaggi per i bilaterali-bis?

In Svizzera, l’imposta preventiva esiste da una cinquantina di anni. A difesa del suo segreto bancario nel corso dei negoziati con l’Ue sulla fiscalità dei risparmi, Berna sta offrendo una ritenuta del genere estesa pure ai capitali provenienti dall’Unione.

“Il fatto che i tedeschi vogliano a loro volta adottare un modello simile dimostra la bontà della nostra offerta”, rileva Thomas Sutter. La riforma fiscale che si sta delineando in Germania potrebbe quindi, paradossalmente, fare il gioco degli interessi elvetici nei negoziati con l’Ue, di cui la stessa Germania è uno dei pilastri.

Fino ad oggi infatti il governo Schroeder esigeva una soluzione che contemplasse lo scambio automatico d’informazioni tra le autorità tributarie dei diversi Stati. Ora, uno dei membri più influenti dell’Ue, sembra essersi allineato sulle posizioni elvetiche.

Marzio Pescia, swissinfo

Progetto di amnistia fiscale tedesca:
penale tra il 25 e il 35% (2.5% per il primo decreto Tremonti);
Stima del totale dei capitali tedeschi: 3900 miliardi di euro;
Circa 300 miliardi dovrebbero trovarsi all’estero, un terzo dei quali in Svizzera;
Il 58% dei capitali rientrati in Italia (54 miliardi di euro) provenivano dalla Svizzera;
L’ultima amnistia fiscale elvetica risale a 33 anni fa.

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