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Scudo fiscale svizzero?

Il decreto del ministro italiano delle finanze Giulio Tremonti ha suscitato l'interesse di altri paesi europei e perfino della Svizzera Keystone Archive

Dopo il successo dello "scudo" italiano, altri paesi europei stanno pensando ad un'amnistia fiscale per i patrimoni "fuggiti" all'estero. Ci si pensa perfino in Svizzera.

Anche nella Confederazione, ingenti capitali sono stati sottratti al fisco negli ultimi 30 anni.

Pur sollevando anche scetticismo e critiche, il provvedimento adottato dal governo italiano per rimpatriare i fondi trasferiti all’estero ha riscosso un risultato tutt’altro che indifferente. Il decreto lanciato dal ministro delle finanze, Giulio Tremonti, avrebbe permesso di far ritornare in Italia oltre 50 miliardi di euro.

Il successo di questa operazione ha sollevato la curiosità e l’interesse di altri paesi europei, a cominciare dalla Germania e dalla Gran Bretagna. Il modello italiano potrebbe fare scuola, dal momento che l’evasione fiscale non risparmia nessuno Stato.

Ci si pensa addirittura in Svizzera, il paese più colpito dallo scudo fiscale italiano: circa 30 miliardi di euro avrebbero lasciato le banche svizzere. Una perdita che non ha messo in crisi la piazza finanziaria elvetica, ma ha comunque lasciato il segno, soprattutto nel Canton Ticino.

Centinaia di miliardi di franchi

“Dal momento che in paesi vicini vengono applicate o ipotizzate amnistie fiscali per chi detiene patrimoni all’estero, mi sembra normale che anche la Svizzera debba esaminare se non ha capitali all’estero non tassati” ritiene il consigliere nazionale Fulvio Pelli.

Per sapere se la Svizzera non è confrontata ad un “problema di questa natura”, il nuovo capogruppo del Partito radicale liberale ha chiesto informazioni al Dipartimento delle finanze. Stando all’amministrazione federale, non vi sono dati precisi sui fondi che “riposano” in altri paesi, lontani dagli occhi delle autorità fiscali.

Una risposta che non ha soddisfatto Fulvio Pelli, secondo il quale i patrimoni svizzeri all’estero sarebbero troppo ingenti per chiudere entrambi gli occhi. “Si parla di centinaia di miliardi di franchi”, ricorda il deputato ticinese che sta raccogliendo informazioni per valutare l’opportunità di proporre uno scudo fiscale svizzero.

La Confederazione è conosciuta soprattutto come rifugio fiscale. Ciò non esclude, comunque, che anche dalla Svizzera importanti capitali siano fuggiti all’estero, se non per evadere il fisco, perlomeno per “beneficiare delle ottime condizioni offerte da piazze finanziarie concorrenti”.

In base ai dati forniti dalla Banca nazionale, gli obblighi assunti dalle banche all’estero nei confronti di società e privati svizzeri superano 150 miliardi di franchi. Secondo Robert Flury, vice-direttore della banca centrale svizzera, non è però possibile determinare se questi fondi sono stati dichiarati e quale sia l’importo complessivo dei patrimoni svizzeri che si trovano oltre confine.

33 anni dall’ultima amnistia

“Tenendo conto della mentalità svizzera, un’amnistia fiscale non è facile da realizzare”, ammette Fulvio Pelli. A suo avviso occorre quindi cominciare a rilanciare questa idea già ora.

In Svizzera, l’ultima amnistia fiscale risale infatti al 1969. Nonostante il discreto successo della manovra, da allora i rappresentanti politici hanno preferito rinunciare a sostenere questo “spinoso” provvedimento.

Il tema è comunque ritornato regolarmente in discussione: ancora attualmente il parlamento sta esaminando una proposta di amnistia fiscale sui patrimoni ereditati. Inoltre, all’inizio dell’anno scorso, il governo svizzero ha respinto una nuova richiesta del ministero delle finanze per un’amnistia generale.

Nel frattempo, la situazione è però completamente mutata. L’economia ha ricominciato a sprofondare e le casse statali dovrebbero chiudere l’anno con un nuovo pesantissimo deficit (3 miliardi di franchi), che rompe tutti gli argini fissati dal pacchetto di “freno all’indebitamento”.

Dormire sonni tranquilli

“Un’amnistia ha senso non solo per i capitali all’estero, ma anche per quelli in Svizzera” afferma con convinzione il professor Marco Bernasconi. Anche secondo il docente di diritto tributario all’Università di Lugano, vi sarebbero enormi fondi nascosti attualmente al fisco sia sul territorio nazionale che oltre confine.

“In occasione dell’amnistia fiscale realizzata nel 1987 nel Canton Ticino è emerso che era stato dichiarato solo il 12% dei 7 miliardi di capitali a risparmio. Questa quota può essere considerata indicativa per tutta la Svizzera” sostiene il professor Bernasconi.

A suo avviso un’amnistia sarebbe opportuna non solo per migliorare il gettito fiscale e la situazione finanziaria federale, cantonale e comunale. Anche in campo economico, l’interesse è evidente: “Diventando bianchi, i capitali neri potrebbero venir nuovamente investiti, favorendo il rilancio congiunturale”.

Dall’ultima amnistia sono già passati oltre 30 anni. Un periodo di tempo più che sufficiente per giustificare un simile provvedimento. “Vi sono migliaia di casi di persone costrette a conservare fondi neri, provenienti ad esempio da eredità”, sottolinea Marco Bernasconi.

Un’amnistia permetterebbe quindi di regolarizzare la situazione di molte persone che non aspettano altro. “Le amnistie cantonali realizzate negli ultimi decenni hanno dimostrato che la maggior parte dei cittadini vogliono dormire sonni tranquilli e vivere apertamente con un tenore di vita conforme al loro patrimonio effettivo”.

Armando Mombelli, swissinfo

1969: ultima amnistia fiscale generale in Svizzera.
54 miliardi di euro rimpatriati in Italia con lo scudo fiscale nel 2002.
30 miliardi provenienti dalla Svizzera.

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