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Il dollaro sprofonda

swissinfo.ch

Il corso del biglietto verde prosegue la sua discesa nei confronti di euro e franco svizzero. Una sorpresa relativa. Ma con quali conseguenze per l'economia elvetica?

Manca davvero poco. Presto, magari a brevissimo termine, dollaro ed euro avranno lo stesso valore. La moneta dell’Unione europea si aggira infatti ormai attorno ai 99 cents. Un’importante barriera psicologica potrebbe essere infranta.

Proprio come è stato il caso per il franco svizzero. Negli scorsi giorni, il biglietto verde è sprofondato sotto 1.50 franchi. Mercoledì, durante le contrattazioni, si è giunti fin verso 1.47 franchi…

E pensare che in aprile l’euro non valeva che 87 cents (+ 13% in tre mesi!) e che, nel luglio del 2001, un dollaro quotava ancora 1.80 franchi svizzeri. La tendenza al ribasso della moneta a stelle e strisce si è ulteriormente accelerata negli ultimi giorni.

Inversione di tendenza

Molti analisti lo dicevano da tempo. Il dollaro era sopravvalutato e prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con i mercati e con la legge della domanda e dell’offerta.

Il dollaro è volato alto finché gli investitori internazionali hanno immesso capitali in modo massiccio sul mercato statunitense. Negli anni del boom delle borse e degli investimenti azionari di massa, il potenziale ed i rendimenti americani facevano gola. Ancora nel 2001, l’apporto netto di capitali stranieri negli USA è stato di 455 miliardi di dollari, più di un miliardo al giorno. Ciò ha contribuito a mantenere artificialmente alto il corso del biglietto verde.

Ora gli investitori si dedicano ad altri mercati. “Una storia d’amore sta per finire”, titolava recentemente il Wall Street Journal. E l’inversione di tendenza è piuttosto preoccupante per un’economia come quella americana, storicamente caratterizzata da una bilancia commerciale passiva. Nei primi tre mesi del 2002 tale deficit ha superato i 110 miliardi di dollari.

Gli USA continuano dunque ad importare più di quello che esportano. In assenza del finanziamento “gratuito” garantito dagli investitori stranieri, ciò si traduce in una pressione sul corso del dollaro.

Enron, WorldCom e il resto

Ma perché l’attrattività del mercato americano è in calo? In primo luogo i miracoli di Wall Street e della new economy sembrano ormai essere dimenticati. Secondariamente, alcuni scandali societari “made in USA” hanno generato una certa sfiducia.

Dopo la vicenda Enron, eccone il degno seguito. Una grave crisi sta infatti coinvolgendo la WorldCom, secondo operatore telefonico americano, colpevole di aver occultato in bilancio oneri per 3.9 miliardi di dollari e che ormai si trova sull’orlo della bancarotta. Sia nel caso Enron che in quello WorldCom, la revisione era affidata alla prestigiosa Arthur Andersen, ora anch’essa nell’occhio del ciclone.

Come se non bastasse circa un migliaio di altre società americane stanno rielaborando i loro risultati dopo anni di “eccessiva” creatività contabile. Risultato? “Molti investitori non credono più alle cifre fornite dalle imprese”, commenta Andreas Höfert, responsabile della ricerca svizzera presso UBS Warbung. E gli investimenti ne risentono.

Preoccupa di più l’euro

La Svizzera è un paese d’esportazione: un franco su due è guadagnato all’estero. Di questo 50%, ben i 2/3 provengono tuttavia dalla zona euro. Il crollo del dollaro, e il conseguente rincaro dei prodotti svizzeri sul mercato USA, non dovrebbe quindi rivelarsi una tragedia per l’insieme degli esportatori elvetici. Ben più delicato in questo senso è il rapporto con la neo moneta comune dell’UE.

“Ma il tutto avviene nel momento sbagliato”, dice Thomas Daum, direttore di Swissmem, organizzazione mantello dei produttori di macchine industriali, tra i principali esportatori elvetici. “Già stiamo soffrendo per il tasso di cambio con un euro che, almeno nei confronti del franco, rimane sottovalutato”. Il tonfo del dollaro non è una bella notizia insomma.

Tranne, ovviamente che per l’industria d’esportazione USA o per gli acquirenti, anche svizzeri, di prodotti americani. E per….i turisti. Eh già, siamo pur sempre in periodo di vacanze. E allora, con un dollaro così basso, perché non interessarsi ad un viaggio oltreoceano?

Marzio Pescia

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