Prospettive svizzere in 10 lingue

Il futuro della Posta passa anche dall’estero

"Per la Posta le alternative sono due: o risparmiamo o cresciamo, io propendo per la seconda soluzione", afferma Claude Béglé Keystone

Per poter affrontare le numerose sfide che si profilano all'orizzonte e continuare a garantire un servizio di qualità in Svizzera, la Posta aspira a un maggior sviluppo sul mercato internazionale. Le possibilità sono grandi, afferma il presidente del consiglio d'amministrazione Claude Béglé.

La maggioranza degli svizzeri continua ad accordare grande importanza al servizio di base fornito dalla Posta e non ritiene necessaria la prevista apertura totale del mercato delle lettere, contemplata nel progetto di revisione della Legge sul mercato postale, che il governo ha trasmesso in maggio al parlamento. I risultati emersi dal sondaggio pubblicato lunedì dall’istituto gfs.bern non sono sorprendenti. Vista anche la sua presenza capillare sul territorio, il gigante giallo (così è soprannominata la Posta) continua a godere di una buona immagine di marca.

Attenzione, però, poiché la Posta si trova su una pietraia e rischia di scivolare facilmente in basso, avverte il presidente del consiglio d’amministrazione Claude Béglé, che swissinfo.ch ha incontrato in occasione del Congresso degli svizzeri dell’estero.

swissinfo.ch: Nel suo discorso pronunciato sabato davanti al Congresso degli svizzeri dell’estero, ha definito la Posta un piccolo concentrato della Svizzera. Per quali ragioni?

Claude Béglé: Perché la Svizzera è fatta di compromessi e la Posta anche. Venerdì, durante uno dei suoi primi discorsi d’addio, il ministro degli interni Pascal Couchepin ha detto che a volte per lui era difficile accettare che le cose in Svizzera avanzano un po’ lentamente, poiché bisogna sempre cercare un compromesso. Ma ha sottolineato che il compromesso in fondo è una buona cosa.

Lo stesso vale per la Posta. Bisogna tener conto di un equilibrio tra molti estremi: tra una missione di servizio pubblico e gli imperativi di finanziamento, tra la necessità di essere efficaci e quindi di concentrarsi sulle regioni economicamente più importanti e la responsabilità morale di essere presenti nelle regioni periferiche, tra il fatto che i giovani utilizzano sempre più spesso tecnologie molto moderne mentre gli anziani hanno bisogno degli uffici postali tradizionali…

swissinfo.ch: Ed è difficile trovare questo equilibrio?

C.B.: È difficile perché la Svizzera è un paese piuttosto conservatore, a cui non piacciono molto i cambiamenti. Per contro la Posta opera in un segmento economico che si trova in piena mutazione.

Se non raccogliamo la sfida dell’innovazione, qualcun altro lo farà al posto nostro e perderemo parti di mercato. Se invece prendiamo questa strada, ad esempio puntando sul trasferimento elettronico delle lettere, rischiamo di accelerare ulteriormente la diminuzione di una delle nostre attività tradizionali e di segnare in pratica un autogol. Cosa faremo allora coi centri di smistamento, che ci sono costati 1,4 miliardi di franchi? Cosa faremo col personale, se vogliamo evitare licenziamenti massicci?

swissinfo.ch: Ce lo dica lei…

C.B.: La Posta si trova su un terreno estremamente poco stabile, su una pietraia con dei sassi che continuano a cadere. Da un lato dobbiamo cercare di creare nuovi business che ci permettono di mantenere l’impiego, dall’altro dobbiamo trovare soluzioni un po’ conservatrici. È un po’ come trovare la quadratura del cerchio.

swissinfo.ch: È questa sfida che l’ha spinta a tornare in Svizzera?

C.B.: In parte sì. La Posta svizzera è una delle migliori del mondo. È più interessante lavorare con uno strumento come la nostra azienda che con uno strumento come Royal Mail in Inghilterra, che ha veramente problemi strutturali enormi. Siamo confrontati a vere sfide, ma abbiamo una base molto solida per affrontarle.

Inoltre, a titolo personale avevo promesso a mio padre che un giorno sarei tornato in Svizzera per far qualcosa per il mio paese.

swissinfo.ch: Qual è il suo primo bilancio a ormai quattro mesi dalla sua entrata in funzione?

C.B.: Per essere onesto, un anno fa, quando vedevo la Posta dall’esterno, credevo fosse un’azienda molto più solida. Adesso, vedendola dall’interno, mi sono reso conto che ci troviamo appunto su una pietraia e che potremmo facilmente scivolare in basso. Non posso nascondere una certa inquietudine.

swissinfo.ch: Stando alle previsioni l’utile della Posta dovrebbe passare dagli 825 milioni del 2008 a circa 600 milioni quest’anno. Malgrado il calo, sono pur sempre cifre considerevoli.

C.B.: Credo al servizio pubblico. Per salvaguardarlo, però, è necessario mantenere un equilibrio finanziario. Il rischio è di trovarci in una zona al di sotto dei 500 milioni, una situazione che rischia di mettere in pericolo questo equilibrio. Basti pensare che un aumento della massa salariale del 3% come quella dello scorso anno ci costa più di 100 milioni di franchi.

Per fortuna abbiamo PostFinance. Questa divisione ha contribuito nella misura del 60% al nostro utile, mentre un anno prima la percentuale era del 25%. Può però anche accadere il contrario. Se questa nostra boa di salvataggio dovesse un giorno venire a mancare, ad esempio perché la gente una volta superata la crisi non riterrebbe più necessario versare soldi da noi, potremmo rapidamente incontrare delle difficoltà.

Le possibilità sono due: o risparmiamo o cresciamo. La scuola tradizionale preconizza che è molto più facile risparmiare. Quella a cui appartengo, invece, preferisce la crescita.

swissinfo.ch: La Posta sta comunque valutando la situazione di circa 400 uffici postali. Ritiene inevitabile una ristrutturazione della rete?

C.B.: Da un lato, visto che i nostri volumi scendono, bisogna dar prova di una certa flessibilità. Dall’altro, però, abbiamo una responsabilità morale nei confronti delle regioni periferiche e perciò non bisogna andare troppo in là.

Per questa ragione ritengo sia necessario avviare un dialogo su un piede d’uguaglianza coi comuni. Piuttosto che semplicemente chiudere un ufficio postale dobbiamo dare un avvenire a queste regioni, trovando soluzioni costruttive con gli attori locali.

swissinfo.ch: In maggio il governo svizzero non ha voluto concedere una licenza bancaria ‘light’ (ipoteche e credito alle PMI) a PostFinance. Ritornerete alla carica?

C.B.: Penso che un giorno riusciremo ad ottenerla. Quello che non siamo riusciti a far capire, è che avere una licenza bancaria rappresenta una strategia principalmente difensiva. Il mio timore è che i nostri clienti ritirino i loro fondi. Se possiamo offrire loro altre cose oltre al traffico dei pagamenti e ai conti di deposito, riusciremo a fidelizzarli. È una relazione più equilibrata.

swissinfo.ch: Piuttosto che puntare principalmente sui risparmi, si è detto favorevole soprattutto alla ricerca di nuovi sbocchi. Quali sono le possibilità di sviluppo?

C.B.: Essenzialmente nei settori del business elettronico. Oggi siamo solo agli inizi e forse ci mancano un po’ di coraggio e di appoggi politici per lanciarci in maniera importante. Tuttavia ritengo sia necessario iniziare il più presto possibile, poiché quando ci si lancia in un nuovo settore d’attività l’utile non lo si fa il primo anno, ma bisogna aspettare 4-5 anni prima di avere dei risultati.

swissinfo.ch: E all’estero?

C.B.: All’estero possiamo concentrarci su mercati veramente lucrativi, poiché non abbiamo un obbligo di servizio pubblico. Del resto, tutte le poste che hanno successo operano in questo modo. Quella francese, ad esempio, è molto conservatrice in Francia, ma all’estero agisce in tutt’altro modo. Se i nostri vicini hanno un approccio differenziato, penso che noi dovremmo fare la stessa cosa.

Vi sono sicuramente grandi possibilità. In India, ad esempio, la posta vuole sviluppare i servizi finanziari in zona rurale, servizi finora limitati alle grandi città. La nostra tecnologia potrebbe rappresentare una soluzione interessante per assicurare questi servizi. Riuscire a svilupparci all’estero significa anche poter finanziare la nostra presenza in Svizzera.

Daniele Mariani, swissinfo.ch

La Posta svizzera ha comunicato martedì di aver esteso la sua rete di distribuzione in Italia, rilevando l’operatore logistico Costanzia e i suoi dieci collaboratori attivi nell’area metropolitana di Torino.

Con questa acquisizione Swiss Post international «si assicura un’importante base d’appoggio nell’Italia settentrionale».

Rivolgendosi agli svizzeri dell’estero riuniti a Lucerna, Claude Béglé ha dichiarato che la Posta sta esaminando seriamente la possibilità di proporre agli elvetici che risiedono negli Stati Uniti di aprire un conto in Svizzera presso Postfinance.

La vertenza tra l’UBS e il fisco americano ha infatti spinto molte banche elvetiche a porre fine ai rapporti d’affari coi clienti privati che vivono negli USA, tra cui anche diversi svizzeri, che si sono sentiti discriminati rispetto ai loro concittadini residenti nella Confederazione o in altri paesi.

L’istituto gfs.bern ha reso noti lunedì i risultati di un sondaggio effettuato su mandato della Posta per sapere cosa pensa la popolazione del servizio pubblico postale e come valuta le proposte di ristrutturazione di PostFinance e di liberalizzazione del mercato delle lettere.

Quasi otto persone su 10 hanno dichiarato che il servizio postale di base accessibile a tutti non va toccato e nove su dieci si sono dette convinte che un’economia ben funzionante abbia bisogno di una rete capillare di uffici postali. Il 60% delle 1’206 persone interrogate è del parere che la Posta dispone di una rete di uffici sufficientemente densa.

Il 57% considera invece poco o per nulla sensata la prevista apertura totale del mercato delle lettere. La maggioranza degli intervistati (due terzi) pensa che la liberalizzazione causerà un indebolimento del finanziamento della rete degli uffici postali.

L’estensione dei servizi finanziari di PostFinance al settore ipotecario e creditizio, auspicata dalla Posta ma non avallata dal governo, gode di un sostegno minore. Il 47% degli intervistati si è detto a favore, mentre il 42% contrario.

Claude Béglé, 59 anni, ha iniziato la sua carriera in Nepal, Libano e Zimbabwe, dove ha lavorato per il Dipartimento federale degli affari esteri e la Croce Rossa internazionale.

Successivamente è entrato a far parte del gruppo Nestlé, per il quale ha lavorato 14 anni in diversi paesi.

In seguito, in qualità di managing director Polonia della Philip Morris, si è occupato di una delle maggiori operazioni di privatizzazione mai realizzate nell’Europa orientale.

Nel 1997 è iniziata la sua carriera ‘postale’. Dapprima per TNT Express Worlwide, poi per GeoPost International Management e DBP GmbH. Nel 2005 è entrato alla Deutsche Post. Dall’aprile del 2009 è presidente del consiglio d’amministrazione della Posta.

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR