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Italia: in arrivo lo scudo fiscale

Keystone

Il governo italiano ha presentato mercoledì l'emendamento al decreto legge anti-crisi che dovrebbe permettere di far rientrare i capitali detenuti all'estero. La misura avrà inevitabilmente un impatto anche sulla piazza finanziaria elvetica, ed in particolare ticinese.

“Bisogna chiudere la caverna di Alì Babà”, cioè paradisi fiscali e segreto bancario. Così, in conferenza stampa, Giulio Tremonti risponde a chi gli chiede se non vi sia una vistosa contraddizione tra la sua personale campagna di moralizzazione della finanza internazionale (il cosiddetto “Global Standard”) e il varo di uno scudo fiscale (regolarizzazione e rientro dei capitali italiani depositati all’estero per sfuggire al fisco), che per tutta l’opposizione politica equivale a un vergognoso e pericoloso condono. Poi, pensando di non essere sentito, il ministro italiano delle finanze mormora sottovoce un pesante insulto al giornalista che ha ‘osato’ tanto!

È in questo clima politico arroventato che viene annunciato il nuovo “scudo fiscale”, il terzo dell’era Berlusconi in meno di dieci anni.

Una sorta di sanatoria (anche se nella bozza finale è stato escluso qualsiasi tipo di condono per reati di tipo penale), con cui il governo di centro-destra spera di far “riemergere” qualcosa come 100 miliardi di euro dai depositi occultati all’estero, al di fuori dell’Unione Europea.

550 miliardi

Si calcola che in totale siano 550 miliardi, una buona parte in Svizzera. È quindi la piazza finanziaria elvetica, in particolare quella ticinese, che vive principalmente di clientela italiana, a doversi preoccupare e interrogare. Funzionerà il “Tremonti ter”, col quale il governo Berlusconi tenta anche di far cassa, puntando ad un introito di almeno 3 miliardi di euro?

I primi due scudi fiscali (2001-2002) fecero”emergere” circa 75 miliardi di euro. Per il solo Ticino si parlò di 30 miliardi di franchi. Rispetto ad allora, si registrano due differenze di rilievo. Primo: basata su un’aliquota applicata ai rendimenti, la “penale” da pagare per chi si auto-denuncia sarà in sostanza del 5 per cento (fu della metà nel primo provvedimento di otto anni fa, quello che ebbe maggiore successo).

Secondo elemento di novità, ancor più preoccupante per gli istituti svizzeri: stavolta i capitali “riemersi” dai paradisi fiscali dovranno obbligatoriamente rimpatriare, al contrario di quanto avvenne con le sanatorie di inizio decennio.

Stretta creditizia

Due novità che potrebbero scoraggiare i detentori dei capitali “occultati”? Per Isabella Bufacchi, specialista del giornale finanziario “Il Sole 24 ore”, non è detto. Per due principali motivi: “Innanzitutto – ci dice – la crisi finanziaria ha convinto molti che i paradisi fiscali non necessariamente garantiscono contro perdite anche importanti, e, vista la loro comunicazione-gestione spesso opaca, molti potrebbero preferire il rimpatrio di capitali da poter gestire più da vicino e da tenere meglio sotto controllo”.

Ma il secondo motivo potrebbe essere quello decisivo: “Si tratta della stretta creditizia. In Italia, soprattutto medi e piccoli imprenditori ne soffrono pesantemente, le banche erogano poco credito e a tassi elevati: se hai capitali all’estero e devi fronteggiare la crisi e far ripartire l’attività meglio recuperare le proprie disponibilità”. E, per chi si trova in questa necessità, l’aliquota del 5 per cento non sembra un ostacolo disincentivante.
Sul fronte politico della maggioranza, poi, si sottolineano due elementi, che ci vengono così riassunto da Renato Farina, deputato del “Popolo della Libertà”, il partito del premier: “Da una parte abbiamo oggi la forte preoccupazione della disoccupazione crescente, quindi il rientro di capitali, altrimenti destinati a rimanere ‘congelati’, può essere molto utile al rilancio della macchina produttiva. D’altra parte, vista la pressione sui paradisi fiscali, che rischiano di sparire, chi ha esportato capitali può pensare che questa sia davvero l’ultima occasione per farli rientrare senza troppi danni”

“Turarsi il naso”

E l’accusa di uno scudo che sarebbe un ‘condono per i ricchi?”, e cancella i reati di ‘omessa o falsa dichiarazione’? “Per il parlamentare del Pdl è semplice: “Quando c’è di mezzo un interesse più alto bisogna anche sapersi turare il naso. Del resto guardi il giornale l’Unità: in prima pagina titola ‘lo scudo della vergogna’, ma poi nelle pagine interne c’è il commento di un magistrato che ne sottolinea anche l’utilità”.

“Il problema – replica indirettamente un suo collega dell’opposizione, l’UDC Rocco Buttiglione che incontriamo davanti al parlamento – è che anche questo terzo scudo fiscale non è concepito come un provvedimento da cui ripartire per una riforma strutturale e definitiva. Trasmette ai cittadini anche onesti col fisco un unico messaggio: evadere si può, visto che prima o poi un condono arriva”. Del resto, l’Italia è il paese dell’UE che registra il più alto tasso di evasione. Circola in proposito una battuta, e cioè che proprio la Penisola sia ‘il più sicuro dei… paradisi fiscali’.

Ciò non toglie che il segreto bancario sia diventato uno dei principali bersagli del ministro Tremonti. Convinto, appunto, che l’unica vera leva per fermare la grande evasione sia quella di operare per “chiudere la caverna di Alì Babà”.

Aldo Sofia, Roma, swissinfo.ch

Ecco i punti principali del terzo scudo fiscale presentato dal Ministero del tesoro italiano, che dovrà ancora passare dal vaglio del Parlamento e dell’Unione europea.

Norma: istituzione di un’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali, detenute fuori dal territorio dello Stato e a condizione che le stesse vengano rimpatriate in Italia da paesi extra UE, nonché regolarizzate, ovvero rimpatriate, purché in essere in paese dell’Unione europea.

Aliquota del 5%: applicazione sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute almeno al 31 dicembre 2008 o rimpatriate e regolarizzate a partire dal 15 settembre 2009 e fino al 15 aprile 2010.

Anonimato: rimpatrio e regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell’imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente.

Confisca e sanzioni: aumento delle sanzioni per l’omessa dichiarazione di detenzione di investimenti e attività all’estero: potrà variare dal 10 al 50%, (mentre ora varia dal 5 al 25%) ma viene eliminata la possibilità di confisca

Secondo Claudio Generali, dell’Associazione bancaria ticinese (ABT), bisogna rimanere cauti: «C’è una certa preoccupazione, ma le questioni ancora aperte sono troppe per poter stimare l’entità degli effetti del terzo scudo fiscale sulla piazza finanziaria svizzera».

«Dato che l’amnistia entrerà in vigore solo in autunno, c’è tempo a sufficienza per elaborare una strategia», ha aggiunto l’ex consigliere di stato.

Più allarmista, invece, il tono di Marco Bernasconi, esperto in questioni fiscali. «Il Ticino – sottolinea dalle colonne del CdT – potrebbe subire le conseguenze più gravi poiché è il porto naturale dove vengono collocati, da diversi decenni, i capitali che dall’Italia hanno preso la strada per l’estero».

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