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La Svizzera di fronte al debito dei paesi poveri

Bangladesh, uno dei paesi strangolati dal debito estero Keystone Archive

Numerose ONG svizzere e internazionali chiedono l'annullamento del debito dei paesi più poveri del pianeta.

Un appello lanciato alla vigilia della riunione annuale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, a cui partecipano due ministri svizzeri.

Alla testa della delegazione svizzera all’assemblea generale della Banca mondiale (BM) e del Fondo monetario internazionale (FMI), che si tiene questo fine settimana a Washington, c’è Hans-Rudolf Merz, ministro delle finanze.

Lo accompagnano il ministro dell’economia e attuale presidente della Confederazione Joseph Deiss e Jean-Pierre Roth, presidente della Banca nazionale svizzera (BNS).

Insieme difenderanno gli interessi della Svizzera e del gruppo dei paesi che rappresenta in seno alle istituzioni di Bretton Woods (FMI e BM). Ma le organizzazioni governative (ONG) si aspettano qualcosa in più.

«La Svizzera deve continuare a far pressione in favore dell’annullamento del debito dei paesi poveri», dice Christine Eberlein, specialista delle istituzioni di Bretton Woods presso la Dichiarazione di Berna.

L’attivista si riallaccia così ad una vecchia rivendicazione delle ONG internazionali e del movimento altermondialista, rivendicazione che risuonerà nuovamente questo fine settimana nelle strade di Washington.

Proposta inedita

Ma la novità è che questa volta due pesi massimi dell’economia mondiale intendono far eco alla richiesta. In effetti, gli Stati Uniti propongono niente meno che di annullare il debito multilaterale (gestito da BM e FMI) di una quarantina di paesi fra i più poveri del mondo.

La Gran Bretagna, da parte sua, è pronta a pagare il 10% degli interessi del debito dei paesi poveri (più di 180 milioni di dollari l’anno), come annunciato domenica da Gordon Brown.

Il ministro delle finanze britannico intende anche convincere i principali paesi industrializzati a seguire l’esempio del suo governo. Un appello che non mancherà di ripetere domenica, in seno al Comitato monetario e finanziario internazionale (il consiglio dei ministri del FMI), da lui presieduto.

«La Svizzera saluta l’iniziativa britannica. Ma tutte le misure vanno negoziate nel quadro delle istituzioni di Bretton Woods. Non devono essere imposte dall’esterno», osserva però Martin Lanz, specialista del FMI presso il ministero svizzero delle finanze.

Ragion per cui la Svizzera non applaude all’annullamento del debito proposto dagli Stati Uniti. Una misura che significherebbe per la Banca mondiale e il Fondo monetario una perdita di parecchi miliardi di dollari.

«La credibilità e la capacità di queste istituzioni sarebbero danneggiate», ritiene il responsabile svizzero. Che aggiunge: «Il governo svizzero sostiene invece con fermezza il programma di sdebitamento dei paesi più poveri (HIPC) lanciato da BM e FMI nel 1996».

Un programma controverso

Questo programma – che alla vigilia della riunione del FMI i paesi del G7 hanno deciso di prolungare di due anni – mira alla riduzione del debito di una quarantina di paesi (la maggior parte dei quali in Africa), per un ammontare di 100 miliardi di dollari.

«L’iniziativa è un successo», ritiene Martin Lanz. «Prima che esistesse, i paesi poveri destinavano complessivamente il 30% del loro budget al pagamento degli interessi del debito. Oggi questo tasso è sceso all’11%».

Il responsabile elvetico ricorda del resto che la Svizzera è stata uno dei primi paesi ad alleviare il debito dei paesi poveri. E questo fin dal 1991, con un contributo di un mezzo miliardo di franchi.

L’ottimismo non è però condiviso dalla Conferenza dell’ONU sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD): «Tra 1970 e 2002, l’Africa ha ricevuto 540 miliardi di dollari. Nel frattempo, ha pagato quasi 550 miliardi di dollari per onorare gli interessi del suo debito o per amortizzarlo».

L’agenzia constata: «Alla fine del 2002, il debito africano ammontava ancora a quasi 300 miliardi di dollari». In altre parole, l’enorme carico del debito grava ancora sulle spalle dei paesi poveri.

È un’opinione condivisa da Pauline Plagnat, specialista di economia dello sviluppo presso l’Istituto ginevrino di studi sullo sviluppo (IUED). «Questi paesi non possono cavarsela senza nuovi prestiti e quindi nuovi debiti», spiega.

Ragione per cui l’aiuto allo sviluppo svizzero avviene ormai da anni essenzialmente sotto forma di doni e non più di prestiti.

Restrizioni budgetarie

Ora però il governo svizzero, come quello di altri paesi ricchi, subisce gli effetti del proprio debito, con la conseguenza che i fondi destinati all’aiuto allo sviluppo tendono a diminuire.

«La nostra priorità è impedire che questi fondi diminuiscano», dice Bruno Gurtner, uno dei responsabili della Comunità di lavoro delle organizzazioni svizzere di aiuto allo sviluppo.

Ma secondo Gurtner, la Svizzera potrebbe contribuire anche in un altro modo, e senza sforzi finanziari supplementari, a risanare le finanze dei paesi poveri, lottando con l’evasione fiscale che continua a fiaccare buona parte di questi paesi.

swissinfo, Frédéric Burnand
(traduzione: Andrea Tognina)

Nel 1991 la Svizzera ha destinato mezzo miliardo di franchi allo sdebitamento dei paesi poveri
Inoltre ha versato 200 milioni di franchi nel fondo della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale destinato allo riduzione del debito.

La Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale sono stati fondati sessant’anni fa, nel 1944, a Bretton Woods, negli Stati Uniti.

La Svizzera ha aderito alle due istituzioni nel 1992 e presiede un gruppo di sette paesi (Polonia, Serbia-Montenegro, Azerbaigian, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan).

La Svizzera figura tra i 24 membri del consiglio di amministrazione del FMI e della Banca mondiale.

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