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La Svizzera mette la diplomazia al servizio del suo gas

Il gas utilizzato in Svizzera proviene soprattutto dall'Europa del Nord e dall'Algeria Keystone

Micheline Calmy-Rey era in Iran lunedì per una visita di un giorno. La ministra elvetica degli affari esteri ha presenziato alla firma di un contratto di fornitura di gas della Società Elettrica di Laufenburg (EGL).

La Svizzera ufficiale si è recentemente lanciata in una “diplomazia del gas” volta ad aiutare il settore privato negli sforzi di approvvigionamento della Confederazione a lungo termine.

A Teheran, la ministra degli esteri ha anche incontrato l’omologo iraniano Manucher Mottaki. I colloqui erano incentrati sul proseguimento del dialogo sui diritti umani e sul programma nucleare iraniano.

Gli occhi dell’economia svizzera erano però puntati sul contratto che prevede la consegna di 5,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno, a partire dal 2011, da parte della Società iraniana di esportazione alla ditta zurighese EGL.

L’accordo è compatibile con le sanzioni dell’ONU contro la Repubblica islamica, assicura il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Precedenti

Non è la prima volta che si assiste ad un coinvolgimento delle autorità elvetiche nella politica del gas.

Nel 2007, Svizzera e Azerbaigian avevano firmato un contratto per agevolare la cooperazione degli investitori e delle aziende private nei due paesi nei settori del gas e del petrolio.

Berna aveva poi inviato in Turchia, lo scorso mese di febbraio, il capo dell’Ufficio federale dell’energia (UFE) per incontrare il ministro dell’energia. Al centro dei colloqui c’era il progetto di gasdotto transadriatico (TAP, Trans Adriatic Pipeline).

L’interesse risiede nella posizione geografica della Turchia: quale paese di transito, costituisce un anello fondamentale della catena per il gas proveniente dalla regione del Caspio e dal Medio Oriente.

«La EGL ha contattato il governo per sollecitare un sostegno diplomatico in tutti i paesi lungo la rotta del gasdotto, vale a dire in Italia, dove ha costruito delle centrali a gas, l’Albania, la Grecia, la Turchia, l’Iran e l’Azerbaigian», spiega il capo della sezione affari internazionali dell’UFE Christophe Füeg.

«È nell’interesse nazionale sostenere una società con un progetto industriale che contribuirebbe a una diversificazione dell’approvvigionamento di gas dell’Europa e dunque, indirettamente, della Svizzera», aggiunge l’alto funzionario.

Una politica energetica esterna

Finora il gas era lasciato quasi esclusivamente in mano ai privati. D’ora in poi, la Svizzera ufficiale vuole partecipare attivamente. Il governo ha recentemente adottato una politica energetica esterna, che si inserisce in quella globale.

Nel gas, questa strategia è legata alla crescita costante della domanda, alle riserve e alla produzione limitate e alla dipendenza della Svizzera dalle importazioni. Essa interviene nel momento in cui nella Confederazione si esita a costruire centrali a gas per garantire l’approvvigionamento elettrico a medio termine. Un’eventualità che spinge le grandi società elettriche a lanciarsi nel comparto del gas, con conseguenti trasformazioni per il settore (rafforzamento della concorrenza, rilevamenti, fusioni).

«Come qualsiasi Stato oggigiorno – rileva Füeg – la Confederazione si è resa conto che la sicurezza energetica (…) merita un sostegno dello Stato. In particolare assicurando gli investimenti tramite accordi bilaterali fra paesi».

Un nano a livello europeo

In questa grande corsa, la Svizzera è un nano. Pesa meno dell’1% nei bisogni del mercato del Vecchio Continente e lavora nell’ombra dell’Unione europea.

Ma lo specialista dell’UFE mette l’accento su «alcune piccole nicchie, nelle quali il fatto di non essere membro dell’UE può costituire un vantaggio. Ad esempio, di fronte alla Turchia, che gioca la carta energetica nell’ambito dei negoziati di adesione».

L’idea paneuropea di gasdotti attraverso la Turchia e i Balcani per rifornirsi di gas proveniente da Iran, Azerbaigian e Iraq è considerata dagli esperti elvetici il “quarto corridoio”. Quest’ultimo è tuttavia ancora in fase embrionale. Le incognite geostrategiche e politiche sono molteplici. Tutt’altro che irrilevante è il malcontento della Russia e degli Stati Uniti.

Tre canali di approvvigionamento

«Se questo canale un giorno vedrà la luce, potrà essere vantaggioso per la Svizzera. (…) Perciò gode del sostegno della Confederazione», afferma Füeg. Esso potrà infatti consentire alla Svizzera di diversificare e assicurarsi il proprio approvvigionamento.

Tramite la sua industria tradizionale, che ricorre all’intermediazione dei grandi gruppi europei, la Svizzera si rifornisce attraverso tre canali: Europa del Nord (Norvegia, Paesi Bassi, Germania), Algeria tramite la Francia e, marginalmente, Russia.

La grande fortuna della Svizzera in termini di diversificazione delle fonti è di essere situata fra i tre principali mercati del gas europei. Pur vedendo di buon occhio la strategia a lungo termine delle società elettriche, la rete tradizionale del gas non sente il bisogno di investire eccessivamente nel quarto corridoio, precisa Eric Défago, presidente di Gaznat, società per l’approvvigionamento di gas nella Svizzera romanda.

Troppo piccole per agire autonomamente, le aziende del gas elvetiche privilegiano le partecipazioni. E dato che la Confederazione vigila, sono fiduciosi sul futuro.

«In termini di risorse, non avremo problemi prima di tre o quattro generazioni. Gradualmente occorrerà andare a cercare il gas sempre più lontano, poiché i giacimenti del nord sono in declino. Ma non siamo preoccupati», dichiara Défago.

swissinfo, Pierre-François Besson
(Traduzione e adattamento di Sonia Fenazzi)

L’industria svizzera del gas naturale (metano) impiega circa 1700 dipendenti e consegue un fatturato di 1,7 miliardi di franchi all’anno. La sua rete di distribuzione si estende su 16’000 km. Contrariamente a quello dell’Unione europea, il mercato elvetico non è liberalizzato.

La Confederazione è approvvigionata da un centinaio di società, per la maggior parte pubbliche. Queste si riforniscono all’estero tramite quattro società regionali, riunite in una centrale d’acquisto (Swissgaz).

Come nel resto del mondo, in Svizzera il consumo di gas naturale è decisamente aumentato negli ultimi decenni. Il gas rappresenta il 12% dei bisogni energetici elvetici. I nuclei famigliari consumano il 40% del totale, l’industria il 33%, i trasporti e i servizi il 27%.

La Svizzera si rifornisce esclusivamente all’estero. Tramite dodici punti di accesso, è collegata alla rete europea di gasdotti, che si estende su 190’000 km, dal Baltico al Mediterraneo e dall’Atlantico alla Siberia.

L’Ufficio federale dell’energia stima che il 95% del gas consumato nella Confederazione proviene da Paesi Bassi, Norvegia, Germania, Algeria e Russia.

Micheline Calmy-Rey e Manucher Mottaki hanno convenuto lunedì che il dialogo fra Svizzera e Iran sui diritti umani, in corso da cinque anni, deve affrontare questioni concrete. A tal fine, verrà istituita una commissione incaricata di preparare il prossimo incontro bilaterale.

Con l’omologo iraniano, la ministra elvetica degli affari esteri ha evocato la pena di morte, in particolare riguardo ai minorenni, come pure le punizioni corporali, quali ad esempio le amputazioni.

La responsabile della diplomazia svizzera ha ricordato che Berna continua ad impegnarsi in favore di una soluzione diplomatica nella crisi legata al programma nucleare iraniano.

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