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“Nei piani dirigenziali qualcosa sta cambiando”

Il direttore di economiesuisse Rudolf Ramsauer Keystone

Dopo lo scoppio della bolla della «new economy» e gli scandali che hanno interessato i piani dirigenziali delle imprese svizzere si sta ora giungendo ad un riorientamento.

Questa almeno è l’opinione di Rudolf Ramsauer, direttore di economiesuisse.

Valori tradizionali come la modestia o la capacità di pensare a lunga scadenza tornano di attualità, afferma Ramsauer in un’intervista concessa all’ats.

Signor Ramsauer, nell’anno che sta per concludersi vi è stato un forte ricambio di manager. I dirigenti che pensavano al loro guadagno personale sono finiti alla gogna. Che insegnamento intende trarre economiesuisse?

“Abbiamo già reagito con un codice per la buona direzione dell’azienda. In Svizzera siamo un po’ indietro: nel nostro mondo imprenditoriale, in particolare fra le società quotate in borsa, non vi è sufficiente trasparenza. In questo campo è stato riconosciuto che qualcosa andava fatto”.

Sono seguite misure concrete?

“Ad esempio i nuovi rapporti annuali delle aziende non sono paragonabili a quelli precedenti. Vi si trovano molte più informazioni di prima. Vi è molta più trasparenza. Una trasparenza necessaria, fra l’altro”.

Il vostro «Code of best practice» non è però altro che una raccomandazione alle aziende. Quali sono le prime esperienze con la sua applicazione?

“Abbiamo condotto i primi sondaggi e l’eco è positiva. Notiamo che molti dei principi illustrati sono già applicati o lo saranno presto. Oggi nessuna impresa può permettersi un’immagine negativa presso il pubblico.

Non bisogna però nemmeno esagerare nei confronti delle piccole e medie imprese o delle ditte a carattere famigliare. Se il legislatore dovesse attivarsi, imponendo nuove regole, potrebbero esservi ripercussioni negative sulle aziende”.

Numerosi commentatori hanno puntato l’attenzione sui flop-manager, giudicati senza spina dorsale. Ma non vi è anche un problema più profondo, quello del modo di funzionamento stesso del capitalismo, secondo cui la realizzazione del massimo interesse perso

“Siamo convinti del modello dell’economia di mercato, che si basa sulla concorrenza fra le imprese. Attraverso questa concorrenza si raggiunge la migliore prestazione economica globale.

È un imperativo morale che i dirigenti si sentano in primo luogo responsabili per la loro impresa, come in generale è il caso. Credo che stiamo assistendo ad un cambiamento di mentalità, magari addirittura di valori. Ci si è resi conto che pensare a corto termine non è pagante. Si è fatta largo la convinzione che un’azienda deve avere successo sul lungo termine, per sopravvivere.

Affinché l’economia e i suoi esponenti riguadagnino la fiducia persa è necessario che valori come la progettualità a lunga scadenza, la solidità e una certa modestia tornino ad avere un peso. Queste sono le conseguenze positive delle crisi aziendali e dei fallimenti degli ultimi tempi”.

La ricetta è quindi la ricerca di utili sul lungo periodo invece che nell’immediato?

“Sì. La ricerca di profitti in breve tempo non è positiva. È invece assolutamente necessario produrre utili sul lungo periodo, perché questi sono gli investimenti di domani, che a loro volta si traducono in posti di lavoro. La crisi ha portato ad un risamento della filosofia aziendale”.

Il punto più basso della crisi dirigenziale in Svizzera è quindi ormai alle spalle?

“Penso di sì, visto che le imprese si stanno riorganizzando, introducendo migliori meccanismi di controllo e rafforzando i diritti degli azionisti. Non si può invece purtroppo dire che è stato superato il punto congiunturale più basso”.

Nella maggior parte delle votazioni popolari del 2002 economiesuisse si è trovata dalla parte dei vincitori. Qual è il suo bilancio politico dell’anno che sta per finire?

“Fondamentalmente positivo. Ci siamo rallegrati in modo particolare per due importanti scrutini: innanzitutto per l’adesione all’ONU, poiché la Svizzera, con la sua economia che dipende dall’estero, non può permettersi una politica isolazionista, e secondariamente per l’approvazione della revisione della legge sull’assicurazione contro la disoccupazione, che ha mostrato come sia possibile portare avanti riforme ragionevoli anche in ambiti socialmente sensibili.

D’altra parte il no alla legge sul mercato dell’energia elettrica ci ha lasciato l’amaro in bocca. Un rifiuto provocato da una proposta molto complicata e dal fatto che, attualmente, le liberalizzazioni non siano molto di moda”.

swissinfo e agenzie

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