Ovomaltine esiste ancora
Anche se continua ad essere prodotta in Svizzera, nel 2002 Ovomaltine, un simbolo della swissness in ambito alimentare, è finita in mani britanniche.
Il suo giro d’affari in Europa stagna, ma in Asia i tassi di crescita della bevanda a base di malto d’orzo sono a due cifre. Ovomaltine si trova ormai sugli scaffali di oltre 100 Paesi.
Nel 2002, l’economia svizzera ha dovuto fare i conti con le conseguenze dello scoppio della bolla d’inizio millennio. Ad una ristrutturazione ne seguiva un’altra. Dalla triste fine di Swissair decollava Swiss. La Coop prendeva il controllo di Epa e la Coca Cola si offriva l’acqua di Valser.
L’ondata di emozioni fu particolarmente elevata quando un’icona delle marche svizzere, la piccola e tradizionale Ovomaltine, finì in mani straniere.
Per il suo proprietario precedente, il gigante della farmaceutica basilese Novartis, si trattò semplicemente di cedere al miglior offerente un elemento dell’unità «Alimentazione e salute». La vendita fu giustificata spiegando che il «cibo funzionale» non era più considerato parte dell’attività principale del gruppo.
L’acquirente non fu Nestlé, la multinazionale svizzera dell’alimentazione, bensì l’Associated British Foods (ASF). Il gruppo inglese sborsò circa 400 milioni di franchi.
L’Ovomaltine, che in Inghilterra si chiamava Ovaltine, era già prodotta oltre Manica sin dal 1913. Nel 2001, la fabbrica inglese di Ovaltine era tuttavia stata chiusa.
Prima della Seconda guerra mondiale e negli anni ’50, Ovomaltine aveva riscontrato un grande successo in Gran Bretagna. La marca, oggi conosciuta soltanto da una parte dei consumatori inglesi, era famosissima.
Al contrario, la crescita di Ovomaltine è attualmente notevole in alcuni Paesi asiatici. In Thailandia, la bevanda in polvere da sciogliere nel latte gode ad esempio di una percentuale di mercato che si aggira attorno al 70%.
Wander emigra
Per molti svizzeri, la cessione del 2002 equivalse alla svendita economica del Paese. «Wander senza Ovomaltine è come Bircher senza Müesli», si diceva nei pressi della fabbrica di Ovomaltine di Neuenegg, vicino a Berna, dopo la notizia del passaggio del prodotto in mani straniere.
La transazione fu accompagnata da tutta una serie di lettere ai giornali, alcune delle quali chiedevano una sorta di protezione per i «prodotti nazionali». Ovomaltine fu associata ad altri gruppi, quali ad esempio Bally (scarpe) o Feldschlössen (birra), che erano a loro volta stati venduti all’estero.
Le proteste non diminuirono neanche dopo l’annuncio che il sito di produzione di Neuenegg non sarebbe stato intaccato e che la direzione di Ovomaltine sarebbe rimasta in mani svizzere.
L’opinione pubblica digerì a fatica la notizia dell’emigrazione della Wander SA, l’azienda produttrice di Ovomaltine che da 98 anni era una delle marche portabandiera della Svizzera nel mondo.
Le due facce della globalizzazione
In una discussione molto emozionale che si concentrò sulla perdita di un simbolo, si tralasciò tuttavia di segnalare come, proprio grazie alla ripresa da parte di gruppi internazionali, alcune marche svizzere avrebbero potuto continuare ad essere distribuite in tutto il mondo.
Anche nella Confederazione, la tendenza alla concentrazione delle aziende aveva spinto numerose società a focalizzare le proprie attività in alcuni settori strategici. Ciò che, ad esempio, fece Novartis liberandosi senza tante riserve di Ovomaltine.
Nel 1996, la Novartis stessa era nata da una fusione tra Sandoz e Ciba. Le marche di bevande Ovomaltine, Caotina e Isostar erano state portate «in dote» dalla Sandoz, dopo che, nel 1967, la società aveva concluso una fusione con il gruppo Wander.
Nel 2002, durante le manovre per ritirarsi dal settore del cosiddetto cibo funzionale, Novartis si disfò dunque di Ovomaltine. Nel 2005, giunse poi il turno di Isostar, venduta per 340 milioni di franchi.
Toblerone e Rivella
Un altro prodotto alimentare tipicamente svizzero che negli ultimi tempi sta riscontrando un buon successo su scala internazionale è ad esempio il Toblerone, che combina due tra i principali clichés che caratterizzano il Paese: il cioccolato e le montagne.
Nel 1970 Toblerone fu acquistato da Suchard e nel 1990 finì invece nelle mani della multinazionale del tabacco Philipp Morris.
Il fabbricante di caramelle alle erbe Ricola, tuttora indipendente, è invece riuscito a farsi conoscere a livello mondiale grazie ad una riuscita campagna pubblicitaria.
Anche Rivella, la bevanda svizzera per eccellenza, è rimasta indipendente. Ma nonostante alcuni tentativi, l’azienda di Rothrist (Argovia) sembra proprio non riuscire a sfondare all’estero, magari a causa di un peso specifico insufficiente per sopportare il fardello di una massiccia campagna pubblicitaria al di fuori dai confini.
Insomma, la globalizzazione divide le marche dalle aziende. I grandi gruppi tendono a specializzarsi in alcuni ambiti specifici. E così, a livello internazionale, i nomi dei prodotti ed i settori d’attività vendono gestiti in funzione d’indirizzi strategici diversi.
swissinfo, Alexander Kuenzle
(traduzione: Luigi Jorio)
Ovomaltine, chiamata «Ovaltine» in Inghilterra, è parte di un gruppo di tipici marchi elvetici caratterizzati da gradi di successo molto diversi fuori dai confini.
Il prodotto è disponibile in un centinaio di Paesi e, al momento, le sue vendite crescono soprattutto all’estero. L’80% della produzione è esportato.
Al contrario, l’altra tipica bevanda svizzera, Rivella, ha tentato due approcci con il mercato americano e con quello inglese senza riscontrare particolare successo.
Il successo di un prodotto non dipende necessariamente dal fatto che i loro proprietari siano locali oppure no.
Molte marche svizzere di successo sono da lungo tempo in mano a società straniere: ad esempio Toblerone, proprietà di Philipp Morris dal 1990.
La vendita di Ovomaltine ha implicato soltanto il trasferimento di proprietà: la produzione è rimasta a Neuenegg, nei pressi di Berna.
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