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Vestigia in preda alle fiamme

Venezia: l'edificio di otto piani in preda alle fiamme Keystone

Un incendio, forse doloso, distrugge l'imponente molino Stucky. Costruito in Laguna nel 1895, stava per diventare un albergo di lusso.

Tra le fiamme la memoria della farina macinata e la storia del sangue versato da un imprenditore coraggioso.

Potrebbe essere doloso l’incendio che ha praticamente distrutto il Molino Stucky martedì, sull’isola della Giudecca a Venezia. Per 50 anni una delle industrie più fiorenti della Laguna, l’ex-macina, appartenuta alla famiglia svizzera Stucky, era in fase di ristrutturazione per diventare un grande albergo. Era considerato un monumento dell’archeologia industriale, ora forse irrimediabilmente perso.

L’architettura imponente dell’edificio assomiglia piuttosto a quella di un castello nordico più che ad un classico palazzo veneziano. Infatti, il Molino Stucky venne progettato e realizzato dall’architetto tedesco Ernst Wullenkop nel 1895 su incarico dell’ imprenditore svizzero, Giovanni Stucky junior. «Un mostro dell’architettura», dissero i molti esteti veneziani dell’ epoca.

Una storia d’altri tempi

Giovanni Stucky Junior, imprenditore nato a Venezia il 27 maggio del 1843, uomo di scienza, era figlio d’arte. La sua era una famiglia di armaioli. Il padre, Giovanni Stucky senior era nato a Münsingen, nel Canton Berna. Si era trasferito in Italia a metà Ottocento per dedicarsi all’ «arte molitoria», costruendo un mulino sul Sile, nei pressi di Treviso.

Stucky junior era un uomo raffinato che viaggiava molto, conosceva le lingue e frequentava i salotti della Mitteleuropa. Quando decise di intraprendere la sua carriera nel ramo dei mulini fece le cose con scrupolo.

Dapprima si trasferì a Vienna dove lavorò come meccanico. Poi in Svizzera come montatore e collaudatore di impianti finalizzati alla tecnica dei mulini. Fu all’estero, studiando i modelli di grandi mulini di Hannover, Brema e sul Danubio, che cominciò a coltivare il suo ambizioso progetto.

Tornato in Italia, lasciò presto l’impresa del padre a Treviso per trasferirsi a Venezia. Nel 1884, demoliti il monastero e la chiesa di San Biagio e Cataldo, alla Giudecca, diede inizio alla costruzione del molino. Era convinto che per sviluppare il settore, bisognava posizionarsi sulle grandi vie fluviali e marittime. Intuizione che fu estremamente pagante.

Pioniere della tecnica

Il Molino Stucky divenne presto uno dei più grandi impianti industriali italiani. La tecnologia fece il resto: alle motrici a vapore del mulino venne applicata una dinamo, per fornire di elettricità l’impianto.

Una svolta per il settore. Finiva la stagione pittoresca dei mulini sul fiume, ispiratori di pagine memorabili della letteratura di fine ottocento. L’acqua, come forza motrice venne soppiantata dall’elettricità.

Miglioramenti che in meno di 10 anni fecero levitare la produzione di farina: da 500 a 2000 quintali al giorno. Una vera industria efficiente e moderna che con la costruzione dei nuovi silos e del pastificio diede lavoro – nel momento di massimo splendore – a 1500 persone.

Una morte tragica

Ma l’ingegno di Stucky non si esaurì qui. Molti i suoi progetti avveniristici come quello di un tunnel sotto il bacino di San Marco, mai realizzato. Esuberanza frustrata tragicamente nel 1910. A 67 anni, l’imprenditore svizzero venne accoltellato a morte da un suo dipendente che infortunatosi pretendeva una congrua liquidazione che a suo dire gli venne negata.

L’azienda passò al figlio Giancarlo. Ma il primo conflitto mondiale, la crisi del 1929 e poi ancora la Seconda guerra mondiale, minarono piano piano la solidità dell’industria. Nel 1955 il Molino Stucky, chiuse definitivamente i battenti dopo una lunga occupazione dei 500 operai che ancora vi lavoravano.

Sulle enormi macine, sui silos, scese la polvere e la patina del tempo. Fino al passaggio alla società Acqua Marcia dei Caltagirone e al loro progetto di ristrutturazione del Molino. Progetto che ora rischia però di svanire per sempre.

Sospetto di dolo

A Venezia, nessuno in queste ore nasconde la possibilità che dietro il rogo del Molino Stucky possa celarsi una mano criminale. In Laguna ancora si ricorda con terrore l’incendio doloso che nel 1996 distrusse il Teatro della Fenice o, ancora nel 1999, quello nel Ghetto.

Anche il PM, Michele Maturi, che segue le indagini del Molino, ammette che «ci sono elementi che non fanno escludere questa ipotesi». Ora le speculazioni si sprecano.

C’è chi ha sentito strane voci provenire dal cantiere, prima che divampasse l’incendio. Chi specula sul fatto che il settore alberghiero in Laguna temesse la concorrenza del nuovo grande complesso che stava nascendo alla Giudecca, sostenuto da una grande e potente famiglia di imprenditori.

I sindacati adombrano anche l’ipotesi che la pista da battere potrebbe essere quella degli appalti e dei subappalti. Sicuro è che martedì, su Venezia spirava un forte vento che sicuramente ha alimentato il fuoco (appiccato?) in più punti del cantiere.

A questo va aggiunto il ritardo dei pompieri che hanno dovuto rinunciare anche all’aiuto del loro elicottero, in quel momento fermo per revisioni, in attesa dell’intervento di un altro velivolo, arrivato dalla terra ferma.

swissinfo, Paolo Bertossa, Roma

Costruito nel 1895 nelle forme di un castello neogotico, il Molino Stucky ha dato lavoro negli anni migliori fino a 1’500 persone. Macinava anche 2’500 quintali di grano al giorno.

Nel Dopoguerra è stato abbandonato a sé stesso. Querele e ricorsi hanno anche ritardato più volte i lavori di ristrutturazione che, iniziati nel 1988, dovevano fare dell’imponente edificio un albergo di lusso.

Il progetto prevedeva 380 camere su otto piani, diversi ristoranti, un centro fitness, una beauty farm e una piscina panoramica posta sul terrazzo.

Finanziatore dell’impresa è il gruppo Caltagirone che intendeva affidare la gestione al gruppo internazionale di alberghi Hilton.

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