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Gaza: la violenza non risolve nulla

Una famiglia palestinese fugge dai bombardamenti israeliani nella striscia di Gaza Keystone

L'offensiva israeliana nella striscia di Gaza, che ha già causato centinaia di morti, è il risultato della politica fallimentare attuata in Medio Oriente da Israele, palestinesi e comunità internazionale. Le armi non serviranno tuttavia a risolvere la crisi, sostiene la stampa elvetica.

Chi provoca permanentemente non deve stupirsi di dover pagare il conto, scrive l’editorialista della Basler Zeitung, per il quale i radicali palestinesi erano consapevoli delle possibili conseguenze dei ripetuti lanci di razzi verso Israele. Sono quindi «corresponsabili» dei drammatici avvenimenti che stanno sconvolgendo la striscia di Gaza.

A più riprese, ribadisce l’Aargauer Zeitung, Israele aveva annunciato una risposta militare decisa: era solo una questione di tempo.

Per La Regione Ticino, le bombe israeliane su Gaza consentiranno al campo palestinese – che oscilla «tra l’impotenza di Abu Mazen e la tracotanza di Hamas» – di nascondere il proprio disastro politico.

Elezioni e bombe

L’escalation della violenza degli ultimi giorni, che tanto ricorda l’offensiva israeliana in Libano del 2006, trova pure spiegazione nella «debole dirigenza israeliana» – sottolinea il quotidiano ticinese – «pervicace nel disattendere gli obblighi della legalità internazionale e colpevole dell’indegno blocco della striscia di Gaza».

Per Le Temps, a Gaza si sta assistendo agli «effetti perversi» di una politica israeliana nella quale il periodo preelettorale (in Israele si voterà nel febbraio 2009) comporta immancabilmente una provocazione, un’intensificazione delle violenze o una guerra.

La questione della sicurezza, praticata con il lancio di bombe, è uno strumento di propaganda elettorale, sostiene anche La Regione Ticino. La campagna elettorale in corso in Israele, spiega il 24 Heures, non è infatti favorevole alle tesi di chi auspica una risposta più moderata agli attacchi di Hamas.

Diplomazia passiva

Probabilmente, prosegue il giornale romando, la reazione sarebbe stata un’altra, se la coalizione al potere si fosse scontrata con un’amministrazione americana preoccupata di gestire le possibilità di un accordo di pace.

A Washington, però, la transizione politica si fa attendere. Per il 24 Heures, erano quindi riunite «tutte le condizioni per assistere ad una nuova prova di forza a Gaza».

Quello a cui si sta assistendo, scrive Le Temps, è il naufragio di una politica americana che non ha lasciato altre soluzioni a questo confronto cruento.

Nemmeno la diplomazia internazionale può vantare grandi meriti, annota il Corriere del Ticino: «Ancora una volta si fa cogliere nel ruolo di spettatrice passiva di fronte ad un’esplosione di violenza dalle conseguenze inimmaginabili».

Israele perdente

I quotidiani elvetici sono concordi nell’affermare che il grande perdente di questa guerra sarà, come fu il caso nel 2006, il governo israeliano.

Hamas approfitta di ogni civile israeliano morto, rammenta Der Bund citando una frase dello scrittore israeliano Amos Oz, ma approfitta ancor di più della morte di civili palestinesi.

La massiccia operazione militare condotta contro Hamas, rileva il Corriere del Ticino, finirà per raccogliere la popolazione locale attorno ai propri leader, proprio in un momento in cui la popolarità di Hamas era in calo nei sondaggi.

Chi lancia un’operazione militare, commenta l’Aargauer Zeitung, deve avere obiettivi non solo strategici ma pure politici. La strategia di Israele è chiara: porre fine al terrore di Hamas. Obiettivi politici invece non ce ne sono: Israele non è interessata ad occupare nuovamente Gaza o a intavolare negoziati con Hamas.

Secondo il foglio svizzero tedesco, l’offensiva di Gaza è quindi «un ulteriore episodio sanguinario della spirale della violenza in Medio Oriente».

L’imponente offensiva militare a Gaza mostrerà probabilmente non la forza, ma la debolezza di Israele, che oggi più che mai necessita dell’aiuto internazionale per risolvere questa crisi, sostiene il Tages Anzeiger.

Per ottenere calma e tranquillità nella striscia di Gaza a lungo termine, conclude la Neue Zürcher Zeitung, ci vuole una politica costruttiva, non razzi e bombe.

swissinfo, Luigi Jorio

Il gruppo Hamas, al potere nella striscia di Gaza, ha recentemente rotto la tregua con Israele ed ha ricominciato a lanciare razzi verso il sud del paese. I missili hanno finora causato la morte di due civili israeliani.

Le Forze di difesa israeliane hanno replicato a partire da sabato scorso con un intenso bombardamento aereo. L’operazione ha provocato la morte di oltre 300 palestinesi (oltre la metà erano membri delle forze di sicurezza di Hamas).

Domenica, Israele ha dispiegato dei mezzi blindati lungo le frontiere e ha richiamato 6500 riservisti, ciò che fa presupporre un’offensiva terrestre.

Amnesty International ha chiesto alle forze israeliane e ai gruppi armati palestinesi «di porre immediatamente fine agli attacchi illegali contro Gaza e il sud d’Israele».

I bombardamenti sulla striscia di Gaza – afferma l’organizzazione umanitaria in una nota – hanno provocato il più alto numero di morti e feriti mai registrato in quattro decenni di occupazione israeliana.

Il blocco israeliano imposto a Gaza ha fatto sì che la tregua di cinque mesi e mezzo tra Israele, Hamas e gli altri gruppi armati palestinesi migliorasse di poco o niente la vita della popolazione di Gaza, scrive Amnesty.

La tregua è di fatto cessata il 4 novembre, quando le forze israeliane hanno ucciso sei militanti palestinesi e una scarica di razzi palestinesi ha colpito le città e i villaggi del sud d’Israele.

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