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Giù le mani dall’embrione

La legge permette diagnosi sui feti durante la gravidanza, ma non sugli embrioni fecondati in vitro Keystone Archive

Il consiglio nazionale non vuole togliere il divieto di compiere analisi sugli embrioni concepiti in provetta, prima di una fecondazione artificiale - una pratica che potrebbe sfociare nell'eugenetica.

In Svizzera non si è ancora pronti per l’abolizione del divieto della diagnosi preimpianto in vista di una fecondazione artificiale. Il Consiglio nazionale non ha voluto rilanciare un dibattito già aperto nel 1998. La sinistra, il PPD e gli evangelici hanno pure sottolineato il rischio che questa tecnica possa sfuggire di mano e sfociare nell’eugenetica.

Un argomento già indirettamente approvato dal popolo

L’analisi di un embrione concepito in provetta prima d’essere impiantato nell’utero è vietata dalla legge sulla procreazione artificiale, entrata in vigore nel 2001. Questa disposizione restrittiva ha costituito l’argomento principale di cui ci si è serviti per contrastare l’iniziativa popolare contro la fecondazione in vitro nel marzo del 2000, ha ricordato Marlyse Dormond (PS/VD).

A suo modo di vedere ritornare su questa decisione significa mentire al popolo. La maggioranza dei deputati non ha dunque voluto abolire il divieto per i casi in cui il nascituro rischia d’essere colpito da una malattia ereditaria grave o da un’anomalia cromosomica importante, come chiedeva Barbara Polla (LIB/GE).

Respingendo con 102 voti contro 56 l’iniziativa parlamentare della deputata ginevrina, il Consiglio nazionale non ha voluto legiferare direttamente. Bocciando poi, con 83 voti contro 74, una mozione che andava nella stessa direzione, la Camera del popolo non ha nemmeno voluto affidare questo compito al Consiglio federale. Secondo Vreni Müller-Hemmi (PS/ZH) occorre porre la problematica in un quadro più generale, evitando di prendere una decisione «in fretta e furia».

“Una porta aperta a considerazioni eugenetiche”

Ricordando che ben presto sarà posta in consultazione una legge sulla ricerca sugli embrioni, Müller-Hemmi ha detto che è preferibile attendere un dibattito fondato segnatamente sui lavori della Commissione nazionale d’etica nel campo della medicina umana. Per giustificare il rifiuto di legiferare, gli oratori contrari all’abolizione del divieto hanno in particolare citato considerazioni etiche e i rischi che le cose possano sfuggire di mano. «La diagnosi preimpianto – ha affermato Heiner Studer (PEV/AG) – è una porta aperta a considerazioni eugenetiche».

Anche il Consiglio federale – ha sottolineato la ministra di giustizia Ruth Metzler – preferisce affrontare con la dovuta preparazione «un dibattito in cui è difficile e delicato ponderare gli interessi in gioco». Ruth Metzler ha tuttavia precisato che non è sua intenzione rifiutare il dibattito, ma che desidera concedersi ancora tempo.

Sul feto sì, sull’embrione in vitro no

Radicali, librali e UDC sono stati gli unici a denunciare le contraddizioni del diritto in vigore. La legge autorizza, durante la gravidanza, una diagnosi simile sul feto, diagnosi che può portare a praticare un aborto. Dunque, perché mai – si è chiesta Barbara Polla – non sincerarsi che l’embrione sia sano prima d’essere impiantato? Ciò diminuirebbe la pressione psicologica cui è sottoposta la madre. Non è una questione di ricerca – ha sottolineato – bensì di medicina.

Lo scopo di un’abolizione mirata del divieto – ha proseguito Polla – è di prevenire la morte di bambini dopo la nascita. Sebbene in Svizzera ciò riguardi solo una decina di famiglie, il parlamento non può rispondere loro che non è il momento di discutere di questo problema, ha inutilmente insistito la deputata ginevrina.

swissinfo e agenzie

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