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I limiti della via bilaterale

Michael Reiterer, l'"ambasciatore europeo" a Berna swissinfo.ch

Da sei mesi Michael Reiterer funge da intermediario fra Berna e Bruxelles. A suo parere nella Confederazione manca un dibattito sostanziale sui rapporti fra Svizzera e Unione europea.

L’«ambasciatore dell’Europa» considera normale che i ministri svizzeri scendano in campo per la campagna elettorale. Intervista swissinfo.

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Questo contenuto è stato pubblicato al Gli accordi bilaterali I e II regolamentano le relazioni tra Svizzera ed Unione Europea in diversi settori. L’UE è il partner economico, culturale e politico più importante della Svizzera. Nel 1992, gli svizzeri avevano rifiutato in una votazione popolare di aderire allo Spazio economico europeo (SEE). Da allora si è scelta la via bilaterale per…

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swissinfo: Come ha vissuto i primi mesi in Svizzera?

Michael Reiterer: Sono rimasto sorpreso dal grande interesse che sin dall’inizio ho suscitato e che tuttora continuo a suscitare. Ciò significa che vi è un certo bisogno di informazioni da colmare.

Ritengo importante discutere non solo con i politici e i burocrati, ma anche con il singolo cittadino incontrato per strada, con i sostenitori dell’Unione europea, così come con i suoi oppositori. Si crea una buona mescolanza di punti di vista, che rende più facile il mio compito di intermediario fra Berna e Bruxelles.

swissinfo: Come vive la Svizzera? La considera noiosa, pignola e troppo seria come spesso la si sente descrivere?

M.R.: Ho avuto modo di sentire determinate battute che celano un gran senso dell’umorismo. Trovo che gli svizzeri siano gente piuttosto normale. Ogni popolo ha le sue persone noiose e altre piene di brio. In questo la Svizzera rientra assolutamente nella norma.

swissinfo: Il suo posto di lavoro dista solo pochi passi da Palazzo federale. Questa vicinanza facilita il flusso di informazioni fra la Svizzera e l’Ue?

M.R.: Sì, facilita molte cose. Dal mio ufficio posso recarmi a piedi da l’uno o l’altro consigliere federale. Quando durante la pausa pranzo passeggio sulla Piazza federale incontro sempre qualcuno che conosco.

Poco tempo fa, passando nel mezzo di una manifestazione di agricoltori, sempre sulla Piazza federale, sono incappato nel ministro della difesa Samuel Schmid.

swissinfo: Dove vede la Svizzera fra dieci anni?

M.R.: A breve termine non vedo un’adesione della Confederazione all’Ue. Trovo che manchi un dibattito sostanziale sul tema Svizzera-Ue: come si pone la Svizzera stessa nel suo rapporto con l’Unione europea fra dieci anni? Quali obiettivi si prefigge in ambito di politica europea? E come intende raggiungerli?

Con i politici e i funzionari posso parlare di problemi tecnici, ma manca una riflessione sulla base di questo rapporto.

Ho già dovuto cimentarmi con numerosi trattati bilaterali: la cosiddetta “via Svizzera”. Si tratta di un modo di procedere chiaramente difficoltoso, perché tali accordi – oltre un centinaio – non sono dinamici. Ognuno di loro va analizzato singolarmente per poi essere adattato al sistema legislativo, il che richiede parecchio tempo. Questo modo di procedere ha determinate conseguenze; optando per il bilateralismo occorre tenere conto sin dall’inizio del fatto che sorgeranno degli inconvenienti.

swissinfo: La via bilaterale è ormai giunta al capolinea?

M.R.: Prima o poi ci si dovrà confrontare con i limiti del bilateralismo, ma non penso che ciò accadrà sul breve termine. Il sistema però funziona unicamente laddove vi sono interessi condivisi.

So che la Svizzera, oltre che a dibattere su temi economici, sarebbe interessata anche ad un dialogo politico sistematico. Ma nel sistema bilaterale ciò non è contemplato.

swissinfo: Come definirebbe l’attuale atmosfera politica nella Confederazione, in piena campagna elettorale?

M.R.: L’Unione europea non è un tema della campagna, ed è un bene. Un partito si è posto come obiettivo di impedire l’adesione. Altri partiti considerano positivo instaurare rapporti con l’Ue. Altri ancora hanno un’opinione ambivalente in merito. Questa situazione riflette a mio parere la diversità di opinini che si ritrovano nel paese.

Da quanto ho potuto valutare esiste una solida maggioranza di persone contrarie all’adesione. Ciò non significa tuttavia che la maggior parte degli svizzeri siano di principio contrari all’Unione europea. Sono convinto che i rapporti instaurati con l’Ue nell’ultimo decennio siano prevalentemente riconosciuti per il loro valore e considerati positivamente.

Lo si può notare anche analizzando le ultime tre votazioni popolari su temi inerenti l’Europa. Hanno tutte avuto un esito positivo, in favore di un’apertura. Nel sistema democratico elvetico gli svizzeri sanno come esercitare il loro diritto di voto. Hanno dimostrato di volere svolgere un ruolo attivo nell’Ue allargata, anche se non ne sono parte integrante.

swissinfo: La campagna elettorale in corso è sopra le righe rispetto a come si è abituati in Svizzera, siccome presenta toni piuttosto violenti. Cosa ne pensa?

M.R.: Effettivamente la campagna in alcuni suoi elementi può creare dei timori. Ma a livello internazionale se ne è già discusso. Va inoltre sottolineato che non solo in Svizzera, ma anche in altri Paesi, capita che il tema degli stranieri diventi il cavallo di battaglia della campagna di un partito.

Ciò che è interessante – ed è una particolarità elvetica – è che i consiglieri federali di norma mantengono il loro riserbo. Ma lo fanno sempre meno. In altri Paesi i capi di partito sono sempre implicati e puntano sul loro ruolo di capi di governo o ministri per ottenere la vittoria.

In passato, nella Confederazione si è chiaramente cercato di mantenere separati i consiglieri federali dai loro partiti. Ora ci si rende conto che il sistema politico sta cambiando. Anche i ministri hanno un ruolo sempre più profilato nella campagna elettorale.

Ritengo che la Svizzera sia sulla via della normalizzazione. Tale modo di procedere dà maggiore vivacità alla campagna elettorale.

swissinfo: Quanto è solida la relazione fra Svizzera e Unione europea? Mi riferisco in particolare all’attuale crisi fiscale…

M.R.: In ambito fiscale non vi è una lite ma piuttosto una “discussione riguardo le sovvenzioni”. Questa situazione dimostra che il bilateralismo ha determinati limiti. Siccome la Svizzera non è membro né dell’Unione europea né dello Spazio economico europeo, viene trattata come uno Stato terzo. Non abbiamo una corte di giustizia in comune, il che significa che dobbiamo incontrarci e intavolare dei dibattiti.

Le relazioni economiche sono un elemento importante, ma non sono le uniche. La Svizzera è anche parte dello spazio culturale europeo. E cerco sempre di ricordarlo, onde evitare di fare valutazioni errate.

Proprio perché intratteniamo contatti molto intensi, quando si presentano dei conflitti dovremmo fare in modo che se ne discuta senza prima dovere sempre guardare il calendario elettorale.

Intervista swissinfo, Gaby Ochsenbein
Traduzione, Anna Passera

Il 53enne “ambasciatore dell’Europa” a Berna è originario di Innsbruck, in Austria.

Ha compiuto parte degli studi in Svizzera.

Prima di guidare la nuova rappresentanza della Commissione europea in Svizzera (inaugurata il 3 aprile del 2007), Reiterer è stato per quattro anni direttore supplente della delegazione dell’Ue a Tokyo.

È pure stato professore universitario di politica internazionale e diplomatico presso la Direzione generale delle relazioni esterne della Commissione Europea a Bruxelles, oltre ad aver lavorato presso la Camera economia austriaca a Vienna e ad avere rappresentato il suo Paese presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a Parigi e presso l’OMC a Ginevra.

Reiterer è autore di due libri sul tema dei rapporti fra l’Asia e l’Europa e sul diritto d’asilo.

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