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Il governo apre la lotta al lavoro nero

Il lavoro nero penalizza sia lo Stato, sia il lavoratori imagepoint

La ministra dell'economia ha lanciato giovedì una campagna nazionale contro il lavoro nero, che accompagnerà l'entrata in vigore in gennaio di una legge più restrittiva.

Secondo Doris Leuthard, l’economia sommersa rappresenta un volume annuo stimato a 39 miliardi di franchi, pari al 9% del prodotto interno lordo (PIL).

Il primo gennaio prossimo entreranno in vigore la legge contro il lavoro nero (LLN) e la relativa ordinanza. La ministra Doris Leuthard e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno lanciato giovedì a Berna una campagna di sensibilizzazione e di informazione.

Chi lavora in nero inganna se stesso, poiché rinuncia al salario che gli spetta e alla protezione delle assicurazioni sociali, ha affermato la ministra dell’economia davanti ai media. «Il lavoro nero non è un reato trascurabile e la legge è necessaria», ha aggiunto.

Anche se nel confronto a livello europeo la situazione elvetica non è critica, secondo Leuthard ciò non costituisce un motivo per restare inattivi.

«Nell’interesse di tutti»

Posta all’insegna del motto «No al lavoro nero. Nell’interesse di tutti», la campagna – sostenuta da padronato e sindacati – dovrebbe durare due anni e coinvolgerà sia l’opinione pubblica sia gli ambienti economici interessati.

È prevista l’affissione di diversi manifesti. Inoltre un sito internet (www.no-al-lavoro- nero.ch) mette a disposizione fin da ora informazioni e documenti sul tema.

Sulla piattaforma virtuale si mette in evidenza la volontà di mandare messaggi positivi: per questo motivo – si legge – «la SECO non vuole puntare il dito né mettere alla berlina nessuno, bensì motivare a scegliere il lavoro legale».

Tra i manifesti si leggono messaggi quali «Giorno di paga: con la ricevuta siamo pari», «Pagare in nero, è giocare sporco» e «Sul pavimento nero posato illegalmente vengono calpestati i diritti di tutti».

Esclusione dalle commesse pubbliche

La campagna di sensibilizzazione accompagnerà le nuove disposizioni legali che entrano in vigore nel 2008 e che fanno leva su una combinazione di incentivi, informazioni e misure di repressione.

In futuro, le aziende condannate per aver impiegato manodopera in nero potranno essere escluse dalle commesse pubbliche. I contadini che dovessero impiegare braccianti senza notificarli potrebbero invece subire un taglio dei pagamenti diretti. Leuthard si è detta convinta che tali misure avranno un effetto dissuasivo efficace.

Anche i controlli saranno intensificati: i cantoni dovranno istituire un organo di vigilanza con competenze estese che dovrà far rispettare l’obbligo di notifica dei lavoratori.

swissinfo e agenzie

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L’istituto gfs.bern ha pubblicato uno studio di pianificazione sul “Lavoro nero in Svizzera” su mandato della SECO.

Dallo studio risulta che solo una minoranza degli abitanti e dei datori di lavoro percepisce il lavoro nero come un problema di rilievo.

Sia l’interesse che i rischi del lavoro nero sono considerati una questione che attiene soprattutto alla responsabilità individuale.

Circa un quarto delle persone interrogate in Svizzera relativizza i danni che il lavoro nero causa allo Stato, all’economia e alla società.

Un altro terzo è cosciente dei danni causati alla collettività dal lavoro nero ma non considera urgenti strumenti supplementari per lottare contro il fenomeno.

Difficile da quantificare, il lavoro nero è un’attività remunerata legale, il cui esercizio comporta però la violazione di norme legali. In Svizzera rappresenterebbe il 9% del prodotto interno lordo (PIL).

Secondo uno studio dell’Unione europea del 2004, il fenomeno sarebbe diffuso in maniera molto diversa nel continente.

In vari paesi dell’UE, come la Svezia e l’Olanda, la sua incidenza sull’economia si situa al di sotto del 5% del PIL. In Germania e in Francia si avvicina al 6%. Ma va oltre il 16% in Italia, in Grecia raggiunge il 20 e in Bulgaria e Romania la quota è anche superiore.

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