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Il mistero del lago Maggiore, un eccidio dimenticato

Vista di Meina, sul Lago Maggiore, dove è ambientato l'ultimo libro di Liaty Pisani

L'ultimo libro della scrittrice milanese Liaty Pisani riporta in luce un episodio dimenticato della seconda guerra mondiale consumatosi sulle rive del lago Maggiore.

Nel settembre 1943 a Meina, fiorente località turistica italiana al confine con la Svizzera, ebbe luogo il primo eccidio di ebrei compiuto in Italia dopo l’annuncio dell’armistizio.

Il nuovo libro di Liaty Pisani è intitolato “Soluzione vitale”, ma anche questo, come già gli ultimi suoi romanzi, è uscito prima tradotto in lingua tedesca. “Das Tagebuch der Signora” (Il diario della Signora) è il titolo con cui l’ha pubblicato la casa editrice zurighese Diogenes Verlag.

I due protagonisti del racconto della Pisani sono un anziano scrittore reduce da Auschwitz, disegnato sulla figura di Primo Levi e un giovane artista concettuale che ricorda invece il pittore americano Mark Lombardi, morto nel 2000.

Come spiega a swissinfo la scrittrice, il libro “è la storia dell’amicizia tra questi 2 uomini che vengono a contatto con un mistero della 2a guerra mondiale: il primo eccidio di ebrei in Italia dopo l’8 settembre 1943, quindi dopo l’armistizio. Grazie al diario di una signora i due uomini vengono a scoprire alcune verità e dal momento in cui si trovano nelle mani questo diario cominciano a correre gravi pericoli.”

La strage di Meina

Quella compiuta nel 1943 sulle sponde del lago Maggiore fu la strage di profughi ebrei più grande per numero di vittime, compiuta in Italia dopo quella delle Fosse Ardeatine. 54 persone, tra cui uomini, donne, bambini e anziani di diverse nazionalità furono catturati e barbaramente uccisi.

Tra il 15 settembre e il 22 ottobre un battaglione SS della divisione corazzata Leibstandarte “Adolf Hitler” – i migliori “soldati politici” del Führer – iniziò la caccia a tutti gli ebrei residenti o sfollati nella zona del Lago Maggiore.

All’Hotel Meina i militari andarono a colpo sicuro: qualcuno s’era premurato di consegnare ai nazisti una lista dettagliata con i nomi dei cittadini ebrei sfollati a Meina. L’albergo, di proprietà di Alberto Mehar, un ebreo di origine turca, in quel periodo ospitava un centinaio di persone, tra cui alcune famiglie di ebrei greci appena fuggite da Salonicco che aspettavano di poter entrare in Svizzera.

I 16 profughi insieme ai membri della famiglia Mehar furono tenuti prigionieri nelle stanze dell’ultimo piano dell’albergo. Dopo il 23 settembre i cadaveri tumefatti degli ebrei greci ospitati al Meina riemersero dalle acque del lago.

Il proprietario dell’Hotel e la sua famiglia – tra cui la figlia Becky – scamparono al massacro solo grazie all’intervento di Niebil Hertok, console turco a Milano che era ospite nella villa Novecento di Meina di proprietà della famiglia Behar.

Fedeltà al fatto storico

Il diario attorno al quale ruota il racconto della Pisani è quello, realmente esistito di Becky Behar, figlia dell’albergatore dell’Hotel Meina, che all’epoca dei fatti aveva 14 anni e che è oggi l’ultima superstite di quella strage.

“Mi sono basata sulla testimonianza della signora Becky Behar più che sul suo diario – ci spiega Liaty Pisani – in quanto ho avuto l’onore e l’opportunità di parlare a lungo con lei. Naturalmente siccome la vicenda di Meina ha zone enormemente oscure che nessuno riuscirà mai a svelare, è chiaro che a quel punto io ho fatto una ricostruzione mia, come mi capita quando scrivo i libri di spionaggio.”

“Naturalmente, visto che parlavo anche della sua storia, prima di dare il libro alla Diogenes l’ho fatto leggere alla signora Behar. Lei si è commossa molto e mi ha detto che secondo lei le cose sono andate così. Allora mi sono sentita rinfrancata.”

Tra romanzo storico e spy story

Fedele il più possibile ai fatti, usando in primis la testimonianza di Becky Behar e conducendo parallelamente una ricerca storica capillare, non bisogna dimenticare che Liaty Pisani è comunque una scrittrice.

“Soluzione vitale”, apparentemente, potrebbe sembrare un romanzo storico. Invece, ancora una volta l’autrice non tradisce il suo stile preferito: quello della spy story un genere letterario dal contenuto altamente politico.

“Interessandomi alla vicenda di Meina mi sono resa conto che era una storia terribile di spionaggio – afferma Liaty Pisani – e infatti lo spiego nel mio libro. In effetti, come mi ha detto la signora Behar, c’era questa donna bionda misteriosa, che loro consideravano essere una spia dei nazisti, che invece si spacciava per qualcun altro.”

Una scrittrice che porta avanti l’allerta

Liaty Pisani raccoglie un evento drammatico della nostra storia e cerca di ‘svelarlo’, un po’ come Frank Veronese, il giovane protagonista del suo romanzo.

Consapevole di non poter ricostruire la verità dei fatti, la Pisani sente il dovere di parlare di questo eccidio per tenere sveglia la memoria storica e raccogliere la richiesta di Primo Levi che diceva “c’è bisogno di qualcuno che porti avanti l’allerta”.

“Il libro non si ferma alla strage di Meina – conclude la Pisani – parla anche di una forma di neofascismo sempre vivente che si nasconde, si camuffa, ma alla fine torna sempre fuori. Bisogna sempre stare all’erta. Se dimentichiamo i nostri errori continueremo a rifarli.”

swissinfo, Paola Beltrame, Zurigo

Nata e cresciuta a Milano dove ha frequentato il liceo artistico di Brera, Liaty Pisani da 5 anni vive in Ticino nel Mendrisiotto.
Ha scritto il suo primo libro di poesie a 13 anni e da allora ha sempre continuato a scrivere privilegiando il genere della spy story.
I suoi libri escono prima in lingua tedesca ma fin’ora sono sempre stati pubblicati anche in italiano a parte “La spia e il poeta”, sulla strage di Ustica.

Per i fatti di Meina nel 1968 ad Osnabrück, in Germania, fu celebrato un processo in cui i Behar si costituirono parte civile. I 3 imputati maggiori vennero condannati all’ergastolo, ma nel 1970 la corte d’appello di Berlino annullò la sentenza perché i reati erano caduti in prescrizione.

Dopo il processo di Osnabrück – che per rogatoria passò anche a Milano – venne consegnata al giudice italiano una lista di delatori, ma in Italia non successe nulla. Becky Behar, che vive a Milano, ha pubblicato il suo diario e da 8 anni incontra giovani e adulti per ricordare i morti dimenticati.

Oltre a storici come Mauro Begozzi, della strage di Meina si è occupato con molto rigore anche il giornalista investigativo Marco Nozza il cui libro ha ispirato il film “Hotel Meina” di Carlo Lizzani attualmente in lavorazione. Il film in Italia ha già destato numerose polemiche perché nella sceneggiatura alcuni importanti elementi della storia rischiano di venire distorti.

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