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Incidente canyoning: secondo i dirigenti una fatalità

8 persone si trovano sotto processo a causa della tragedia dello Saxetbach Keystone

Accompagnato dal forte interesse dei media internazionali si è aperto ad Interlaken (BE) il processo agli organizzatori dell'escursione di canyoning che il 27 luglio 1999 costò la vita a 21 giovani.

I tre dirigenti di “Adventure World”, l’impresa che organizzò la tragica attività hanno affermato di non ritenersi responsabili di alcun errore.

Alla sbarra vi sono otto persone, tutti manager o dipendenti della società, nel frattempo andata in fallimento. Il capo di imputazione è omicidio colposo: il procuratore li accusa di aver contribuito con le loro decisioni alla catastrofe. Il verdetto, atteso per l’11 dicembre, sarà pronunciato da Thomas Zbinden che, quale giudice unico, può infliggere una multa o la detenzione fino ad un anno.

Gli otto imputati sono accusati di aver autorizzato (due managers e il capoguida), effettuato (due guide) o non impedito (tre amministratori) la tragica escursione di canyoning nel Saxetbach, torrente che scende dalla Saxettal verso Wilderswil, presso Interlaken. Quel giorno un improvviso e violento temporale – annunciato dai meteorologi – trasformò il corso d’acqua in una trappola mortale.

Ventun persone tra i 19 e i 32 anni – tre guide locali e 18 turisti stranieri in maggioranza australiani – persero la vita nell’improvvisa piena. Complessivamente la spedizione comprendeva 45 persone. Nonostante un’intensa azione di ricerca il corpo di una delle vittime – una 25enne australiana – non è mai stato recuperato.

Quattordici famigliari delle vittime sono venuti dall’estero, soprattutto dall’Australia, per assistere al processo. Complice il forte interesse mediatico – sono accreditati oltre 200 giornalisti- per questioni di spazio i dibattimenti si tengono nella sala da ballo del Kursaal. Una famiglia australiana si è costituita parte civile in rappresentanza di 50 parenti dei 18 turisti periti nell’incidente: si tratta di stabilire la colpa per poi far valere le domande di risarcimento in sede civile.

Il dibattimento è stato aperto dalla drammatica testimonianza della madre di una ragazza australiana perita fra i flutti, che ha raccontato di aver saputo dell’incidente svegliandosi la mattina del 28 luglio 1999 e ascoltando il notiziario. Il marito aveva poi fatto diverse telefonate per scoprire che la figlia si trovava effettivamente fra le vittime.

Fino ad oggi – ha detto la donna – gli organizzatori dell’escursione sono stati troppo codardi per prendere contatto con i famigliari. Per la figlia si trattava della prima esperienza di canyoning; diverse persone all’interno del suo gruppo pensavano che avrebbero partecipato ad un giro in canoa.

I tre membri del consiglio di amministrazione della «Adventure World» hanno respinto queste accuse: la società aveva offerto di guidare i famigliari al luogo della tragedia, una possibilità accolta solo da pochi. L’ambasciata australiana aveva inoltre fatto sapere che i famigliari non desideravano che la «Adventure World» prendesse contatto con loro. Inoltre ai parenti è stato inviato un CD in cui è incisa la musica che è stata suonata durante la cerimonia funebre.

L’accusa rimprovera agli ex dirigenti di non aver elaborato un dispositivo di sicurezza per le escursioni di torrentismo e di aver sorvegliato in modo insufficiente i loro sottoposti. Tutti e tre i membri del CdA hanno risposto di non ritenersi responsabili di alcun errore: a loro avviso l’incidente era imprevedibile e inevitabile.

«Adventure World» – hanno argomentato – aveva un dispositivo di sicurezza, sebbene non in forma scritta. I responsabili della sicurezza per le singole escursioni erano poi i general managers, pure sul banco degli imputati. Il vicepresidente del CdA ha aggiunto di essere cresciuto sulle rive del Saxetbach, ma di non aver mai visto una piena come quella di quel martedì pomeriggio.

Stando a quanto affermato dal presidente del consiglio di amministrazione – nel frattempo ritiratosi dal turismo e attivo ora quale consulente aziendale – prima dell’incidente la «Adventure World» aveva un fatturato annuo di 2,5 milioni di franchi, e dava lavoro a 60 persone. Nel Saxetbach venivano di regola effettuate tre discese al giorno.

La «Adventure World» è nel frattempo fallita, stroncata da un secondo, incredibile incidente: il 13 maggio 2000 a Stechelberg, pure nell’Oberland bernese, un turista morì saltando con l’elastico perché gli venne data una corda troppo lunga. Le due guide responsabili sono state nel frattempo condannate a cinque mesi di detenzione, sospesi con la condizionale.

Nel processo in corso ad Interlaken martedì saranno interrogati i due responsabili della formazione e il capoguida: i tre sono accusati di aver autorizzato l’escursione.

Mercoledì passeranno alla sbarra due guide che quel giorno salirono con i loro clienti nel torrente e sopravvissero all’avventura. Giovedì e venerdì sono stati riservati all’audizione di testimoni. Seguiranno lunedì le arringhe e martedì la sentenza.

swissinfo e agenzie

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