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L’Alto Commissariato per i rifugiati festeggia i 50 anni

All'insegna del rispetto per i rifugiati si commemorano a Ginevra i 50 anni dell'Alto Commissariato. http://www.unhcr.org/

In occasione della cerimonia, giovedì a Ginevra, la Svizzera ha presentato in anteprima un documentario sulla politica d'asilo, mentre la direttrice uscente, Sadako Ogata, ha lanciato un appello per un maggior rispetto per i rifugiati.

Il Cinquantesimo anniversario della nascita dell’Alto Commissariato per i rifugiati (Unhcr), commemorato giovedì a Ginevra, è stato anche un’occasione di riflessione sulla politica di accoglienza degli stranieri in Svizzera. L’Ufficio Federale dei Rifugiati ha infatti proiettato, nell’ambito di questa giornata, un documentario di 45 minuti dedicato all’asilo.

Realizzato in collaborazione con la Caritas Svizzera, la Croce Rossa e la Fondazione Elvetica per la formazione audiovisiva, il film racconta la storia autentica di tre stranieri che hanno cercato scampo in Svizzera, chiedendo asilo alle autorità. Quindi descrive il loro arrivo al confine, il lavoro della polizia e delle associazioni di volontariato che gestiscono i centri di accoglienza e il loro rapporto con la popolazione locale.

Il documentario, dal titolo “Loro e noi: La Svizzera terra d’asilo”, è stato finanziato da una serie di cantoni e da sponsor privati ed è destinato in particolare alle scuole.

Accanto all’Alto Commissario Sadako Ogata, che lascia l’incarico alla fine dell’anno, alle manifestazioni ha partecipato anche la ministra svizzera di giustizia e polizia, Ruth Metzler, che ha lanciato un appello per l’organizzazione, a Ginevra il prossimo anno, di una conferenza internazionale per rafforzare la Convenzione sui Rifugiati del 1951.

Come è tradizione, Berna continua a giocare un ruolo di primo piano questo campo. Oltre ad accogliere la sede dell’Unhcr a Ginevra, la Svizzera è nei primi posti della lista dei finanziatori, e nel 1999 ha versato 40 milioni di franchi.

Da dieci anni a questa parte, la Svaizzera contribuisce per il 2 per cento del bilancio totale dell’Unhcr, occupando quindi una posizione di tutto rispetto nella classifica dei donatori, dietro agli Usa che contribuiscono per il 24 per cento, l’Unione Europea con il 12 per cento, il Giappone con il 10 percento, la Svezia con il 6, la Gran Bretagna con il 5 percento e l’Olanda con il 4 per cento.

Si ricorda poi che sulla poltrona che negli ultimi 10 anni è stata della giapponese Ogata – e che è già stata assegnata all’ex premier olandese Ruud Lubbers – si sono seduti in passato ben tre svizzeri: August Lindt (1956-60), Franz Schnyder (1961-65) e, più recentemente, Jean Pierre Hocké (1986-89).

L’Unhcr è diventato uno dei componenti più importanti della grande famiglia dell’Onu. Il suo budget ha raggiunto la cifra vertiginosa di un miliardo di dollari, avendo alle dipendenze 5 mila persone in 120 paesi. D’altronde, il suo lavoro è cresciuto in maniera esponenziale a causa del moltiplicarsi di conflitti locali e anche per il fatto che il concetto di “rifugiato” è stato esteso anche a tutti gli sfollati, anche coloro che non attraversano le frontiere del proprio Paese.

Oggi l’Unhcr assiste 22 milioni di rifugiati nel mondo, un po’ meno rispetto a qualche anno fa. Per due volte ha vinto il Premio Nobel per la Pace. Nella sua storia però ci sono anche delle ombre: il massacro di decine di migliaia di rifugiati ruandesi nella Repubblica Democratica del Congo nel 96-97 e, di recente, il massiccio esodo di 800 mila rifugiati kosovari in Albania e Macedonia durante l’intervento della Nato. In quell’occasione l’organizzazione riconobbe di essere stata impreparata e sorpresa dagli eventi.

Tema centrale delle manifestazioni svoltesi al Batiment des Forces Motrices a Ginevra è stato il “rispetto” verso i rifugiati, sottolineato anche dal lancio di una campagna di sensibilizzazione sui mezzi radiotelevisivi e sui giornali, realizzata da rifugiati “celebri” come Madeleine Albright, la modella Alec Wek, il premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchù, la scrittrice Isabel Allende, la sessuologa Ruth Westheimer e l’uomo d’affari Sieg Van Tran. Sottofondo musicale di questi spot, la canzone di Aretha Franklin, “Respect” , diffusa, tra l’altro, da 49 radio elvetiche su iniziativa dell’Organizzazione Svizzera di Aiuto ai Rifugiati.

Maria Grazia Coggiola, Ginevra

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