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L’expo existe!

Expo.02: una festa popolare e una festa per i 5 sensi (arteplage di Yverdon) Keystone

Finita la crisi, l'esposizione nazionale invita 4,8 milioni di visitatori nel mondo immaginario delle sue arteplages.

25 + 13 anni dopo, la Svizzera ha finalmente la sua expo: un’esposizione nazionale da vedere o ammirare, da amare o criticare, da ricordare o dimenticare. 13 anni in più, rispetto alla nascita naturale prevista ogni quarto di secolo, che testimoniano da soli della sofferta concezione del progetto, della rischiosa gestazione dell’impresa e del difficile parto dell’opera.

Ma anche 13 anni in più che, dopo tutto, hanno reso questa esposizione ancora più attesa, hanno rafforzato la nostra curiosità di conoscere finalmente il suo vero volto, hanno stimolato la voglia di sapere se riuscirà a farsi amare, di capire in qualche modo se ne valeva la pena.

Piattaforme verso il futuro

Se appena 10 anni fa una Svizzera piuttosto incerta e insicura preferiva rinviare il progetto di una propria esposizione nazionale e si presentava alla fiera universale di Siviglia con il motto “La Suisse n’existe pas”, nel 2002 la nascita dell’expo sembra dimostrare come prima cosa che la Svizzera esiste, esiste ancora e può anche proseguire in futuro, dando vita appunto ad un progetto comune.

Con le loro impressionanti geometrie architettoniche che si allungano sull’acqua dei laghi, le 4 arteplages di Bienne, Neuchâtel, Yverdon e Morat appaiono come delle piattaforme che permettono di andare più lontano, di solcare un terreno meno stabile e sicuro e di avvicinare nuove rive. La loro imponente dimensione evidenzia, dopo il “grounding” di expo.01, la capacità di realizzare una grande opera in brevissimo tempo, con la quale può decollare nel giro di due mesi un altro simbolo nazionale.

Crisi d’identità

Eppure, per giungere fin qui si è dovuto rinunciare al timido proposito iniziale di definire un’identità nazionale nell’expo. Negli ultimi tempi, il progetto è stato sempre più presentato come una grande festa popolare, dalla quale nascerà la possibilità d’incontro e di conoscenza tra le 4 culture.

In quasi tutti i suoi 38 padiglioni, l’esposizione nazionale sembra dunque non voler rispondere alla domanda “Quale Svizzera esiste?” o, in altre parole, “Quale Svizzera rappresentare?”. Una domanda che lo stesso Consiglio federale non ha voluto espressamente porre nel suo mandato finale affidato ai creatori dell’opera.

In ogni caso, nel nuovo millennio, l’expo non poteva più permettersi di rappresentare – come si è visto da oltre un secolo in quasi tutti i paesi – una celebrazione dei prodotti dell’industrializzazione, una glorificazione della nazione o un’esibizione dei nuovi mezzi di comunicazione. E neppure un’esaltazione delle nuove tecnologie, principale tentazione degli ultimi decenni.

“L’esposizione” – ha sottolineato Nelly Wenger – “non ha nessun messaggio ufficiale da dare”. Secondo la direttrice “expo.02 non vuole essere un salone delle tecnologie più moderne, ma la possibilità di capire cosa si può fare con queste tecnologie”. Oppure ancora, come ha precisato il presidente Franz Steinegger, “di intravvedere o prevedere sviluppi tecnici, sociali e politici che ci aspettano nei prossimi anni”.

Comunicazione difficile

La mancanza di un messaggio ufficiale ha tolto all’ultima generazione di responsabili dell’expo – nuovi e superstiti – il peso di dover sopportare i probabili attacchi degli intellettuali, che avevano già seppellito sotto le critiche e l’indifferenza le celebrazioni per il 700esimo anniversario della Confederazione.

Ha però reso anche molto più difficile il compito di far capire alla popolazione cosa si potrà finalmente visitare sulle rive dei tre laghi, cosa si è realizzato con 1,4 miliardi di franchi. Per almeno tre anni, le vertenze e la crisi finanziaria hanno avvolto in una nuvola quasi impenetrabile i contenuti di tutte le arteplages.

Una festa dei sensi

Sul piano collettivo l’esposizione dovrebbe dunque diventare una grande festa popolare con i suoi 38 padiglioni e con 1’500 spettacoli diversi. A livello individuale dovrebbe trasformarsi soprattutto in una festa dei sensi e delle sensazioni. I contenuti dell’expo sembrano infatti voler in primo luogo risvegliare i 5 sensi, spesso dimenticati o trascurati nella vita quotidiana.

Già la stessa architettura dell’esposizione è destinata a colpire l’occhio umano, così come i mille effetti di luci, colori e forme all’interno dei padiglioni. Folla permettendo, il visitatore è poi invitato continuamente ad abbandonarsi per meglio ascoltare, sentire e percepire il mondo immaginario delle arteplages.

Le esibizioni giocano anche sui sentimenti, tentando di suscitare sorpresa o curiosità, gioia o tristezza, soddisfazione o irritazione. A condire il tutto non mancano alcuni stimoli di riflessione che riportano ogni tanto il visitatore nel mondo reale.

Un avvenimento unico

Con l’amalgama di questi ingredienti, l’expo vuole quindi sedurre quasi 5 milioni di visitatori, far vivere una sua atmosfera particolare, far provare un’esperienza che si ripete, nel migliore dei casi, ogni 25 anni. Un tentativo sicuramente molto più difficile oggi, dal momento che l’alta tecnologia è già diventata in buona parte un prodotto di massa, che la Svizzera e l’Europa sono disseminate di parchi di divertimenti, che i festival e gli spettacoli si alternano ovunque durante l’estate e che le forme architettoniche più strane caratterizzano musei e edifici di ogni genere.

L’expo.02, che riunisce un po’ di tutto questo, potrà essere considerata un successo se riuscirà ad assumere una sua dimensione di avvenimento unico, se saprà trasformarsi anche in un ricordo per un’altra generazione. La dimostrazione forse più grande della forza, del potere magico di un’esposizione nazionale risiede anche nella capacità di suscitare dei ricordi che ne allungano la vita e il fascino, come la scia dei catamarani Iris che trasporteranno migliaia di visitatori da una sponda all’altra.

Armando Mombelli

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