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L’ultimo saluto ai soldati morti in montagna

Il ministro della difesa Samuel Schmid non ha celato la sua commozione Keystone

Con una cerimonia ufficiale celebrata martedì ad Andermatt (Uri), famigliari, amici, politici e membri dell'esercito hanno reso omaggio ai sei giovani soldati morti giovedì sulla Jungfrau.

Il ministro della difesa Samuel Schmid, visibilmente commosso, ha sottolineato l’importanza di fare luce al più presto sulle dinamiche dell’incidente. Intanto dall’inchiesta sono emersi nuovi elementi.

“La Svizzera è sconvolta: noi tutti siamo sconvolti”: con queste parole pronunciate in francese il consigliere federale Samuel Schmid, visibilmente toccato dalla gravità della circostanza, ha aperto il suo intervento nella chiesa di Andermatt, dove martedì si è svolta la cerimonia di commemorazione dei sei militari morti giovedì sulla Jungfrau, nell’Oberland bernese.

I sei giovani – un sergente e cinque reclute che facevano parte della scuola specialisti di montagna stazionata nel canton Uri – erano quattro vallesani, un vodese e un friburghese.

Rivolgendosi ai famigliari il ministro della difesa ha detto di comprendere il loro dolore, tanto più che molte domande rimangono ancora senza risposta. “Non posso che rimanere quindi al vostro fianco”, ha aggiunto.

Il consigliere federale ha poi parlato della necessità di chiarire quanto successo in modo serio e indipendente, ma anche rapidamente. “Occorre fare tutto il possibile per evitare che un simile dramma si ripeta”, ha detto, invitando al contempo a “non giudicare prima di sapere”.

Giustizia sarà fatta

Anche il capo dell’esercito Joseph Keckeis e i rappresentanti di numerose autorità cantonali erano presenti alla cerimonia accanto ai famigliari delle vittime e ai loro camerati della scuola reclute che stavano frequentando nel canton Uri.

Nella sua omelia, il canonico di St-Maurice (in Vallese) Antoine Salina ha a sua volta reso omaggio ai morti. “Faceva bello, quella mattina, ma improvvisamente tutto è stato stravolto”, ha detto.

“I vostri figli non amavano la montagna, ne avevano la passione”, ha detto dal canto suo il divisionario Luc Fellay, comandante delle Forze terrestri. “Cari genitori e parenti, ci avete affidato i vostri figli. Non abbiamo tradito questa fiducia. I superiori dei vostri figli hanno agito secondo coscienza”, ha aggiunto, promettendo alle famiglie delle vittime che la giustizia stabilirà la verità su quanto successo, senza precipitazione e con serenità.

Testimonianze dei sopravvissuti

Intanto, gli otto uomini sopravvissuti alla tragedia sono stati interrogati, ha fatto sapere martedì Martin Immenhauser, portavoce della giustizia militare. Fra loro anche le due guide alpine che accompagnavano il gruppo.

Secondo Immenhauser, alcune testimonianze indicherebbero che non sono solo le sei vittime ad essere rimaste implicate nell’incidente, ma anche gli altri otto partecipanti alla spedizione.

Una tesi corroborata martedì da uno dei soldati sopravvissuti che hanno partecipato alla spedizione. In una conferenza stampa organizzata dall’esercito, il testimone – appuntato capo dell’esercito – ha detto di ricordare la caduta collettiva, ma non una valanga. Ha aggiunto di essere stato investito e trascinato a terra dal compagno che lo precedeva: a suo avviso tutti e 14 i membri del gruppo sono caduti. Pochi metri davanti a lui si trovavano le due cordate che, a causa della loro sfortunata posizione, sono precipitate nel vuoto.

L’appuntato capo ha poi aggiunto che le condizioni erano buone, perché la neve fresca era stata soffiata via. La via è stata scelta in comune dal gruppo, senza ordini o costrizioni, ha affermato.

Molti elementi da chiarire

Gli elementi da chiarire sono ancora molti, ma la questione principale sarà stabilire “se è stato ragionevole intraprendere una spedizione in montagna in simili condizioni”, ha aggiunto Immenhauser.

Sin dal giorno dopo il dramma infatti, la stampa elvetica non ha risparmiato le critiche all’esercito, dando voce a diverse guide alpine civili, le quali sostengono che quel giorno il pericolo era troppo elevato per intraprendere ragionevolmente l’ascesa sulla Jungfrau.

swissinfo e agenzie

L’incidente accaduto giovedì sulla Jungfrau è il più grave che ha coinvolto l’esercito svizzero dal 1992, quando l’esplosione di un deposito di munizioni sul passo del Susten causò la morte di sei persone.

La peggior tragedia provocata da una valanga risale al 1970. Una slavina staccatasi a Reckingen, un villaggio nel canton Vallese, fece 30 vittime, tra cui 19 militari.

Le vittime di giovedì appartenevano al Gruppo di specialisti di montagna 1 (Gr spec mont 1) dell’esercito svizzero.

Per essere integrati nel gruppo basato ad Andermatt, nel canton Uri, le reclute devono soddisfare due condizioni: aver superato un corso per monitori Gioventù e Sport in una delle discipline di montagna (Alpinismo o Sci d’escursionismo) e aver raggiunto un risultato “buono o molto buono” al test fisico effettuato durante il reclutamento.

Il Gr spec mont 1 deve poter essere operativo in 9 ore al massimo , in modo da intervenire in situazioni straordinarie.

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